Con quel cognome lì, sembrava una scorciatoia troppo facile dargli del fascista. E in effetti non sappiamo se Francesco Starace, attuale amministratore delegato dell’Enel, abbia qualche parentela con il più famoso Achille, per otto anni segretario nazionale del partito fascista, dirigente del Coni e di altri enti durante il ventennio. Famoso davvero, nella sua generazione, al punto che Enzo Biagi qualificò come un “refuso” l’apparire sulla scena politica anni ’80 dell’altrettanto fascista Storace.
Ma il discorso da lui tenuto qualche settimana fa agli studenti alla Luiss, l’università privata di Confindustria, non si distacca in nulla da quelli dell’omonimo dirigente fucilato il 28 aprile del 1945 e finito a testa in giù insieme all’amato Benito, in quel di Piazzale Loreto.
“Bisogna distruggere fisicamente i centri di potere che si vuole cambiare”. “Creare malessere all’interno di questi”, “Colpire le persone opposte al cambiamento, nella maniera più plateale possibile, sicché da ispirare paura”.
Il “potere” che si vuole cambiare, restando all’interno di un discorso da management aziendale, è la capacità dei lavoratori di rappresentarsi collettivamente e dunque contrattare salario e modalità della prestazione lavorativa in una posizione decisamente più favorevole che non sul piano individuale.
E dire che lo Starace elettrico si era fatta una fama da ambientalista, visto che si era dichiarato pronto ad investire soprattutto sulle energie rinnovabili e – soprattutto – mostrando a Matteo Renzi gli impianti appena costruiti in Nevada dalla sua azienda (incidentalmente controllata dallo Stato, dunque neanche “privata”, a rigor di azionariato).
Alla domanda di uno studente sulle migliori metodologie per guidare un’azienda, Starace ha risposto senza troppi giri di parole.
“Per cambiare un’organizzazione ci vuole un gruppo sufficiente di persone convinte di questo cambiamento, non è necessario sia la maggioranza, basta un manipolo di cambiatori. Poi vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare e bisogna distruggere fisicamente questi centri di potere. Per farlo, ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando ad essi una visibilità sproporzionata rispetto al loro status aziendale, creando quindi malessere all’interno dell’organizzazione dei gangli che si vuole distruggere. Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si colpiscono le persone opposte al cambiamento, e la cosa va fatta nella maniera più plateale e manifesta possibile, sicché da ispirare paura o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta in fretta, con decisione e senza nessuna requie, e dopo pochi mesi l’organizzazione capisce perchè alla gente non piace soffrire. Quando capiscono che la strada è un’altra, tutto sommato si convincono miracolosamente e vanno tutti lì. È facile”.
Queste lezioni di governance possono essere applicate a qualsiasi organizzazione (somiglia abbastanza bene all’irruzione del manipolo renziano nelle istituzioni e nel dispositivo costituzionale) e certo costituiscono da sempre l’abc del bravo capitalista tutto d’un pezzo (oltre 130 anni fa il costruttore di ferrovie Jay Gould diceva, più brutalmente, “Posso assumere metà dei lavoratori perché uccidano l’altra metà”). Ma sentirle pronunciare così, senza alcun imbarazzo, davanti a una platea di studenti – per quanto “predestinati” a eseguire quegli insegnamenti – in una università, fa abbastanza senso.
Soprattutto svela senza ipocrisie la sostanza del modo di pensare e di agire del “bravo capitalista”, sia che si parli di diritti del lavoro, sia che si occupi di risanamento ambientale o di sofisticazioni alimentari (o farmaceutiche!).
Mettere paura è il primo comandamento di qualsiasi manuale di strategia militare, almeno a far data da Sun Tsu. Ma è anche il primo comandamento dell’impresa, in qualsiasi parte del mondo. Se e quando il sistema delle imprese ha accettato qualche livello di mediazione, di contrattazione sistematica, è avvenuto solo in presenza di un movimento operaio altrettanto forte, coeso, pronto alla battaglia in modo organizzato e compatto.
Se questa soggettività non esiste, o comunque se è limitata ad alcuni settori (magari anche grandi, ma non maggioritari) del mondo dei lavoratori dipendenti di ogni ordine, età e contratto, allora l’impresa scatena i suoi peggiori istinti animali conducendo una lotta di classe dall’alto, come farebbe un pugile professionista di 100 kg a confronto di un bambino al primo giorno di scuola.
La governance aziendale è insomma costitutivamente violenta, bellica e senza regole (se non si è costretti a subirne). Non ha bisogno di ricorrere sistematicamente alle bastonate fisiche, se le è possibile raggiungere l’obiettivo manovrando esclusivamente sul fronte contrattuale, magari con la complicità di qualche sindacato di regime, o col mobbing e le minacce di licenziamento. Ma – come si è visto in alcuni casi, specie nella logistica o nella grande distribuzione – l’impresa non si tira certo indietro anche dal ricorso alla violenza fisica (guardioni e crumiri con le mazze, se non interviene prima la polizia; gomme delle auto squarciate, minacce anonime o palesi, ecc).
Questo avviene oggi. Nel 2016, in pieno regime cosiddetto democratico.
È il regime della paura e del terrorismo. E quello aziendale è molto più diffuso, prossimo e pervasivo di quello dell’Isis…
Fonti: Fanpage e http://quifinanza.it/
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stefano
Effettivamente a guardarlo ben bene in faccia c’è da restarne terrorizzati; mettere paura doveva essere la cosa che gli riusciva meglio fin da bambino. Vien da credere che i rettiliani esistano davvero: qualcuno l’ha mai visto ingoiarsi un topo vivo?
Gianni Landi
“Colpiscine uno per educarne dieci ” ! è stato provato, ma non è servito…anzi si sono moltiplicati in una reazione a catena ed il risultato è quello di trovarsi pieni di “terroristi di Stato” Bi sogna riprendere la “educazione” di queste teste d’uovo!
Maurizio Girani
Meno visibilità viene data a questi idioti meglio è.
Incredibile il ruolo che gli è stato affidato
Mic
È lo stesso signor Starace a indicarci la via per distruggere lui e quelli come lui.
Graziano
Certo, il cognone non da certo grandi garanzie… Si vuole mantenere il terrore, la sottomissione, il grande Capo!! Siamo sicuri che questi signori siano veramente felici? I gangli di potere?? I cambiatori?? Ma la gente cosa pensa di fare? Di accettare condizioni di lavoro retribuite male a fronte di ore di lavoro a condizioni ridicole… Mah! Starace fatti un giro in paglietta!!
Laura Matelda Puppini
Ormai non vi sono più limiti agli uomini del potere! Andrà a finire che qualcuno dei super pagati anche da noi dirà che bisogna sodomizzare i dipendenti o che ne so.
Lorenzo
Questo starace ha una faccia che non lo porterà certo ad amare ” madre natura”,. Per personaggi come questo un bel posto da operatore ecologico in qualche municipalizzata non sarebbe male
Mauro
Lo dice lui stesso… eliminazione fisica.Questo è il panorama che la globalizzazione ci mostra in tutta la sua protervia… Robot malefici ed idioti che eseguono passivamente ma con determinazione il volere distruttivo dei poteri economici… la nuova guerra globale è quella del denaro, sfruttando la paura della fame e del bisogno dei popoli.
Gente senz’anima… bestie.Anzi, le bestie sono molto meglio.
Un’altro Piazzale Loreto si affaccia all’orizzonte… la misura è quasi colma.E non parlatemi di moderazione o di pietà…. questa è LEGITTIMA DIFESA.
Amedeo
È evidente che ciò che ha detto l’ingegner Starace è stato da molti frainteso e confuso. Il cambiamento non è per forza un evento negativo, anzi: è molte volte, come nel caso in oggetto (per chi non avesse voglia o tempo di guardare l’intero intervento, ci si riferiva al passaggio alle energie rinnovabili in Enel), cosa buona e necessaria. Va da sè che ogni cambiamento, per quanto auspicabile, è accompagnato da una più o meno forte opposizione. Tale opposizione è spesso generata dalla protezione di interessi personali (ad esempio, continuare a produrre energia non rinnovabile per non perdere il posto di lavoro o per non dover faticare nell’apprendimento di nuove tecnologie) che mal si conciliano con obiettivi di ben più alto spessore. Nonostante la scelta del linguaggio utilizzato, forse discutibile, il concetto di fondo non ha nulla a che vedere con le tesi riportate nell’articolo. Molte volte il cambiamento è distruttivo ed è naturale che alcuni soggetti coinvolti non ne escano illesi, ma esso è al contempo necessario per la crescita e lo sviluppo. Pensate a cosa sarebbe successo se, per non fare torti ai dipendenti delle poste, fosse stato impedito lo sviluppo delle email: forse ora non potremmo commentare con così tanta indignazione questo articolo!
Marisa Di Bartolo
Grazie Stefano, ho riso da sola.
Marisa Di Bartolo
anche a me quel cognome sembra di malaugurio
MAURIZIO
questo e’ il tipico esempio di manager co…one !!! che non capisce che specie nelle aziende private , dipendenti piu’ motivati rendono meglio…..
Roberto
Già il cognome dice da dove viene….evidentemente è stato influenzato dalla ndrangheta…..mettere paura alle persone che in questo caso sono i dipendenti….finchè chi non ha niente da perdere non si ribella…
concettina
e’ gravissimo che manager di livello così basso tengano discorsi a studenti! che spero però sappiano ragionare con la loro testa!
Manlio
Concordo con Amedeo. Forse alcune parole andavano evitate nel discorso di Starace, ma e’ persona che sa che senza il cambiamento vero non si innova e so rimane al passo. E in effetti vi sono poi sacche dicresistenza passiva all’interno dela azienda che remano contro tutto e tutti pur di paralizzare la azienda. Non facile in queste condizioni cambiare e stare al passo con i tempi. Ognuno poi ha il congnome che si trova, e rapportare i contenuti del proprio agire al proprio cognome e’ misera propaganda scorretta. Starace ha innovato e, credetemi, rispetta e premia i contenuti costruttivi e le persone che si adoperano per il bene della azienda. E ha cambiato gia’ moltissimo portando l’Enel verso nuovi obiettivi green conosciuti e apprezzato in tutto il mondo, nazioni unite comprese. Luo crede in cio’ che fa e nel bene della azienda, non siate per favore cosi’ banalmente ammucchiati su concetti troppo semplici e non corrispondenti alla realta’. La prossima volta stara’ piu’ attento di sicuro alla forma, ma nella spstanza sta traghettando con grande fatica personale una societa’ come Enel verso il futuro. E rispettando chi ci lavora. Credetemi per esperienza diretta…
ewer
stile di leadership becero, volgare e antiquato