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Genova. “Il pompiere paura non ne ha”, neanche nelle urne

Intervista a Stefano Giordano, vigile del fuoco, dirigente Usb e candidato in consiglio comunale a Genova per il M5S. Stefano Giordano è un vigile del fuoco noto per il suo ruolo di attivista sindacale combattivo all’interno dell’Unione Sindacale di Base, oltre che per la sua militanza politica nel Movimento 5 Stelle. È tra le fila dei candidati per il consiglio comunale del Movimento che alle amministrative precedenti ha sfiorato il ballottaggio. Ora si presenta alle elezioni amministrative genovesi forte di un cospicuo consenso a livello nazionale, secondo le proiezioni dei sondaggi, ma in che parte sembrerebbe indebolito dalle vicende interne al movimento stesso proprio a Genova.

Sei un Vigile del Fuoco e un dirigente dell’Unione Sindacale di Base, puoi descrivere brevemente la tua esperienza sindacale all’interno del tuo comparto e le ragioni della militanza all’interno di questo sindacato di base alla luce anche delle recenti mobilitazioni della categoria, e di quelle più generali?

Ritengo che USB rappresenti un Sindacato libero, di massa, conflittuale. Nel 1998 mi sono tesserato iniziando un percorso da militante dove le piazze e la strada mi hanno portato alla scelta di espormi come delegato provinciale, successivamente regionale per terminare come coordinatore nazionale VVF e Pubblico Impiego. Un’esperienza unica che introduce concetti di libertà di pensiero applicata alla piazza, unica soluzione per rovesciare il tavolo consolidato dalla concertazione. Abbiamo perseguito una idea vincente nella lotta del nostro territorio nata da circa sei anni, che consiste nel coinvolgimento dei cittadini nella difesa del diritto di uno stato sociale efficiente. Essere alternativi e non complici nel percorso concertativo delle dittature imposte dal sistema monetario Europeo oggi significa avere libertà di pensiero. I Pompieri sono uno degli esempi della politica di tagli indiscriminati. Un’ esperienza che mi ha dato la possibilità di lavorare con persone eccezionali, libere e pronte alla lotta. Abbiamo avuto risultati sorprendenti con una serie di scioperi e manifestazioni che ricordavano i tempi di una classe operaia unita nella lotta del diritto.

Molti lavoratori attivi nelle lotte sindacali, al di là delle sigle di appartenenza, ed in generale una buona porzione della classe lavoratrice della Superba hanno visto nel Movimento 5 Stelle una possibile alternativa al quadro politico dato. Rimane però, almeno all’apparenza, una distanza tra questo dato e la centralità che il Movimento sembra dare, nella sua rappresentazione pubblica, alle istanze del movimento dei lavoratori?

Il Movimento ha una particolarità che mi ha sempre attratto: la cancellazione di delega e introduzione della partecipazione politica cittadina. Proprio per questa sua peculiarità estremamente pericolosa per gli equilibri economici i mass media cercano di distogliere l’attenzione mettendo in risalto contraddizioni interne inesistenti. Ritengo che la rivoluzione culturale è partita e nessuno la potrà arrestare. Il Movimento rinnega chi ha contribuito nella costruzione del sistema politico attuale dove i Sindacati confederali hanno avuto un ruolo strategico, questo non significa che la tutela del diritto al lavoro non sia nelle priorità, anzi rivoluziona proprio quegli equilibri che hanno sottratto la dignità di ogni lavoratore. A Genova esiste l’alternativa alla “mala politica” spetta ai genovesi non perdere l’occasione unica che gli si propone.

Puoi spiegare il senso della battaglia che il Movimento ha condotto in regione per l’introduzione del reddito di cittadinanza, e come (e se) pensi che questa proposta possa divenire un obiettivo di lotta su cui imbastire una battaglia sociale che vada al di là degli stretti ambiti istituzionali della politica?

Il reddito di cittadinanza è un diritto fondamentale che dovrebbe essere inserito nella nostra Costituzione. Un vero percorso di ricollocamento al lavoro con un reddito che risolve la sopravvivenza transitoria della disoccupazione. La vecchia politica investe cifre astronomiche nelle banche, nel gioco d’azzardo, nella guerra e per finalità lontane dalla democrazia, anziché nel reddito di cittadinanza.

Due dei nodi principali su cui si gioca la sfida di una possibile discontinuità rispetto alle giunte che si sono fino ad ora susseguite sono: il mantenimento del residuale apparato produttivo nei suoi poli fondamentali (Fincantieri, Ilva, Ansaldo e Riparazioni Navali) e il futuro del porto. Quali pensi possano essere “le ricette” che riserva il Movimento su questi due macro-temi, vista l’importanza che rivestono in termini di attività strategiche per il nostro Paese e il numero di persone impiegate, e le garanzie residuali di cui godono?

E’ intenzione del Movimento tutelare e incentivare l’indotto esistente a partire dal porto principale dell’Europa, a aziende strategiche come Fincantieri, Ilva, Ansaldo e Riparazioni Navali, proteggendo i diritti dei lavoratori, sorvegliando la politica economica del ribasso che va a ricadere sulla sicurezza e sui lavoratori, stimolando investimenti che creano occupazione con un percorso di condivisione con industria e cittadini. Ripartiamo dallo sviluppo delle energie rinnovabili, abbandonando progressivamente le fonti non rinnovabili, verso cui questi governi fossili stanno investendo oltre 13 miliardi di euro all’anno. Per quanto riguarda l’industria “bellica”, non è concepibile avere una spesa militare di circa 100 milioni al giorno a fronte di 1,5 dei vigili del fuoco. Il paese necessita di investimenti nello stato sociale, la guerra è nel nostro paese e si chiama povertà e disoccupazione, abbiamo bisogno di ospedali e infermieri al posto di soldati addestrati e armi di distruzione di massa.

La lotta contro le privatizzazioni ha attraversato, prima con i lavoratori dell’azienda di trasporto pubblico AMT e poi con quelli dell’azienda di gestione dei rifiuti Amiu due momenti importanti di resistenza operaia in città, per ora vittoriosa. Il Movimento si è espresso sempre contro le privatizzazioni, ma il programma sembra leggermente più sfumato rispetto alle istanze di lotta reali e ai contenuti fin qui espressi. Puoi chiarire meglio questo aspetto, considerando il fatto che la “disobbedienza” al Decreto Madia sembra una strada obbligata se si vuole invertire la rotta delle amministrazioni precedenti?

Pubblico è meglio, lo capiscono i bambini, solo se amministrati da persone libere e capaci. Solo una parola “No alle privatizzazioni false”, dove aziende pagate dai nostri vecchi vengono regalate a spa che producono profitti sulla schiena dei cittadini, precarizzando i lavoratori. AMT e AMIU sono un bene sociale e devono essere protette da investimenti rivolti al servizio pubblico efficiente.

Penso che una dei motivi principali per cui un lavoratore militante sindacale combattivo si candida sia riuscire a capitalizzare dal punto di vista politico il lavoro che fino ad un dato momento ha svolto a livello vertenziale: quali sono secondo te i limiti e le prospettive di questo tipo di scelta secondo te, quali le ragioni di un possibile successo?

Il motivo principale che mi ha spinto alla candidatura è nel lavoro che il Movimento in regione ha svolto con grande coraggio e determinazione nella difesa del welfare e dello stato sociale. La loro vicinanza ai lavoratori e cittadini ha prodotto un grande lavoro stimolato dalle nostre istanze nei tavoli regionali, ottenendo risultati notevoli nella salvaguardia e nella prevenzione dove i vvf sono un anello fondamentale. Il successo è dettato dalla possibilità che ho di trasmettere le sofferenze che ho toccato con mano nelle strade, creando cosi le basi per lavorare nella direzione del diritto e non della precarietà

Una serie di misure imposte dall’Unione Europea incidono in profondità nel limitare i margini di azione politica a livello locale, oltre che a livello nazionale, come il “patto di stabilità” e la messa sul mercato dei residuali beni comuni non ancora privatizzati. Qual è il dibattito del Movimento su questi punti, e secondo te quali sono le strade percorribili a livello comunale per delineale una exit strategy da questa gabbia che limita fortemente l’azioni delle istituzioni locali?

L’indipendenza da regole imposte che stritolano il mercato per ingrassare multinazionali colluse con le banche europee è la soluzione. La rivoluzione è iniziata e il percorso non sarà semplice ma bisogna ripartire dalla protezione della volontà popolare, come l’acqua pubblica, il resto verrà di conseguenza.

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