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A Repubblica-L’Espresso piace la censura politica, quando la fanno loro…

Il gruppo Repubblica-L’Espresso, è noto, sostiene disperatamente il Pd di Renzi. Decisione legittima, ci mancherebbe; ognuno sostiene chi fa meglio i propri interessi. E si capisce che De Benedetti (per anni “tessera n. 1” del Pd) considera un vantaggio per i propri affari un governo come quello degli ultimi quattro anni. O magari anche quelli precedenti, targati D’Alema, Prodi, ecc.

Quello che proprio non è accettabile è la censura che il gruppo applica nei confronti dell’esistenza stessa di soggetti politici ed elettorali al di fuori del ristretto range degli “amici utili”. In fondo per un gruppo di media che dice di fare informazione, dare qualche informazione ogni tanto sembra il minimo della pena.

L’antico vascello della critica progressista ben informata – L’Espresso, insomma – ha dedicato il suo ultimo numero alle forze politiche che correranno alle prossime elezioni politiche del 4 gennaio. “Pagina bianca”, occhieggia in copertina; Ai blocchi di partenza, promette un pezzo che vorrebbe essere descrittivo a firma di Lorenzo Pregliasco. Corredato dai sondaggi secondo la supermedia YouTrend-Agi, l’articolo passa in rassegna le forze politiche principali, i loro travagli interni, le percentuali di cui sono accreditati al momento (un po’ esagerata, come sempre, quella attribuita al Pd; ma fa niente…).

Fine. Neanche una parola sulle forze minori, Neppure citata Potere al Popolo, anche se – nel riquadro dedicato alla neoformazione Liberi e uguali – si parla più volte di Prc, Pci, ecc, ma solo per ricordarne le sconfitte. Dunque, viene suggerito al lettore, non esistono più.

E se non esistono più – per L’Espresso – partiti che hanno avuto una storia nella Seconda Repubblica, figuriamoci se può esistere una lista sorta dall’iniziativa di un centro sociale, che ha raccolto le forze anche di quei partiti, della Piattaforma Eurostop, di migliaia di persone che stanno animando oltre 150 assemblee un po’ in tutta Italia.

Ignorando probabilmente che la crisi della carta stampata – dunque anche de L’Espresso – ha come prima causa la subordinazione passiva agli interessi di editori “impuri” (che non fanno dell’editoria il proprio business principale, ma la usano come “manganello politico” per fare altri business), il direttore Marco Damilano – autore tra l’altro di un pensosissimo editoriale incentrato sulla “pericolosità” degli anni che hanno il numero 8 alla fine (1848, 1948, 1968, 1978…) – preferisce che non si parli delle liste elettorali che potrebbero disturbare il sogno di un governo Pd-Leu-M5S.

Crediamo che tutti gli attivisti e simpatizzanti di Potere al Popolo dovrebbero far “sentire” al settimanale (e al quotidiano) che la censura politica produce esattamente il contrario. Produce indignazione, rabbia, incremento delle energie spese in una battaglia. Se tutte le caselle di posta elettronica del gruppo venissero bombardate da migliaia di messaggi, per più giorni, forse comincerebbe persino a intuirlo.

Del resto, come si dice a Roma, uno “prevenuto” certe cose le capisce solo se gli vengono a sbattere sul naso (a Ostia volano le capocciate, ma è un’altra storia…).

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