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Il bombardiere Hamon affossa Diem25

Nulla come la guerra seleziona chiaramente progresso e reazione. Quando vengono fatti decollare i bombardieri, ogni chiacchiera roboante sulle “magnifiche sorti e progressive” viene tacitata. Perché la faglia tra chi recita una parte e chi fa sul serio passa dai fatti, non più dalle parole consegnate agli ampollosi documenti. Chiunque, insomma, può buttar giù un “programma progressista”, pieno di buone intenzioni su lavoro-pensioni-reddito-scuola-diritti; la prova del budino non sta nella lista della spesa e nella parola più azzeccata, ma in quel che fai quando il gioco si fa tetro. E mai come in questo periodo, le questioni internazionali (Nato e scelte dell’Unione Europea) determinano le vicende economiche e politiche dentro i diversi paesi. Chi sei si vede da come ti schieri su quest’ordine di problemi.

In questo senso, dovremmo addirittura ringraziare Benoit Hamon, divenuto leader dei socialisti francesi – 8% alle presidenziali, poco più del 2% alle recenti elezioni per sostituire due deputati – dopo la tragicomica stagione di François Hollande, per aver rotto il velo dell’ambiguità su questo punto essenziale. Sul sito di Generation-S è apparsa infatti questa dichiarazione decisamente bellicosa sulla Siria, in cui l’unica critica rivolta a Emmanuel Macron è di… aver fatto troppo poco per coinvolgere tutta l’Unione Europea!

Dovremmo ringraziarlo perché in un colpo solo Hamon ha messo in fila tutti i problemi chiave di questa fase storica, chiarendo oltre ogni ragionevole dubbio che la parola “sinistra” non significa letteralmente più nulla, visto che è stata usata per coprire – come un manto di nebbia – visioni e pratiche completamente opposte.

Leggiamolo:

L’uomo che è stato punito stanotte per aver violato, usando le armi chimiche contro il suo popolo, una norma universale dell’ordine internazionale, non è solo il nemico dei siriani. È anche nostro.

Siamo lieti che Emmanuel Macron finalmente lo riconosca. Anche unilaterale, un colpo mirato, proporzionato, chiaro nelle sue intenzioni pone un limite salutare. In effetti, l’impunità incoraggia i criminali. Il limite posto all’utilizzo di armi chimiche porterà un minimo di tregua ai civili e preserverà la credibilità della Francia. Ricordiamo che Emmanuel Macron aveva tracciato una linea rossa che ha impegnato il nostro paese, è essenziale che sia rispettato.

Il vero problema è che la logica delle linee rosse non è una politica internazionale, anzi rivela l’assenza e persino peggio: indica al destinatario l’intero spazio dei crimini che può commettere senza paura e i limiti che inevitabilmente testerà …

Da questo punto di vista siamo preoccupati per la mancanza di visione del Presidente della Repubblica. Mentre questa situazione richiede un’azione europea concertata in cui la Francia avrebbe una legittimità innegabile e darebbe un senso alla politica estera dell’Unione, scopriamo che il suo approccio a breve termine ci coinvolge in alleanze che confondono il messaggio che noi desideriamo inviare.

È tempo di ricordare che la vera lotta per la Siria, contro la riabilitazione internazionale del regime siriano da parte della Russia, è quella della paziente costruzione di un’alternativa insieme agli stessi siriani, è una lotta che si svolgerà anche a Bruxelles, con il supporto dei nostri partner europei.

Un concentrato di aggressività neocoloniale che cancella decenni di discussioni intorno al “diritto internazionale”, brutalmente sostituito dalla volontà arbitraria di pochi paesi militarmente disponibili (“Anche unilaterale, un colpo mirato, proporzionato, chiaro nelle sue intenzioni pone un limite salutare”).

Qui non è in questione se la Siria sia o no governata da una dittatura, né se sia vero o no che siano state usate armi chimiche a Douma (Robert Fisk, storico corrispondente di guerra dell’Indipendent, inviato sul posto, distrugge questa tesi). Qui Hamon teorizza che si possa attaccare un qualsiasi paese, anche sulla base di accuse false, per imporre il proprio “limite” a un altro governo.

E’ semplicemente l’opposto del diritto internazionale elaborato nel secondo dopoguerra, che infatti condannava ogni “ingerenza” esplicita (brutalmente: militare) negli affari di un altro paese. Basterebbe guardare a quante dittature esistono nella stessa area, che gasano popolazioni altrui (l’Arabia Saudita sta massacrando da anni la popolazione Houti dello Wemen) senza che l’Occidente abbia un fremito di empatia. Anzi, rifornisce generosamente di armi l’aggressore.

Ma tutto questo è fin troppo noto per tornarci ancora. Semplicemente Hamon ha voluto ricordare ai vecchi padroni della Nato che, nonostante sia sull’orlo della scomparsa, il Partito Socialista francese resta “sempre fedele nei secoli”. Al contrario di Di Maio, insomma, non ha neanche avuto bisogno di fare “svolte” sostituendo un programma votato dagli iscritti con un altro più “potabile” per l’establishment internazionale…

Il problema specificamente politico che la sortita di Hamon solleva riguarda invece il progetto Diem25, di cui fino a qualche giorno fa Hamon era parte costitutiva insieme al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, e all’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis.

La posizione di De Magistris ci sembra in qualche misura intuibile, vista la recentissima protesta con la presenza di un sommergibile nella rada di Napoli. Ma di certo Hamon smentisce in modo assoluto che Diem25 possa diventare “un’alleanza europea anti-sistema” – titolo dell’intervento firmato pochi giorni fa dal sindaco, Varoufakis e Lorenzo Marsili su Il Fatto – perché nulla come la guerra è un “affare del sistema”.

Ai nostri lettori dovrebbe esser noto che non avevamo mai vissuto il progetto Diem25 come un “disturbo” per la prospettiva di Potere al Popolo. Di certo, però, il “chiarimento” operato da Hamon inficia alla base molti dei ragionamenti che sembravano sorreggere quel progetto.

E’ del resto il destino dei “contenitori” politici disegnati intorno a qualche personalità abbastanza nota, che dovrebbero – per virtù della divinità “comunicazione” – risultare appetibili per un elettorato immaginario, genericamente “di sinistra”. Da oltre due decenni questo tipo di tentativi fallisce il giorno dopo il turno elettorale per cui erano stati pensati. E immancabilmente si ripropone la stessa, mortifera, logica per la tornata successiva. La scomparsa della “sinistra” si è consumata tutta seguendo questa logica, nell’illusione che i “nomi mediatici” (Ingroia, Tsipras, Maltese, Spinelli, ecc) potessero surrogare un radicamento sociale che non veniva più neanche cercato.

Questa logica è quello che in genere viene chiamata “il morto che afferra il vivo”, soffocandolo nella culla. Grazie ancora, Benoit Hamon, per averci fornito una prova così potente, una vera “pistola fumante”. 

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