Menu

La disuguaglianza sociale fa male alla salute, in tutti i campi

Poter contare solo su uno stipendio molto basso può rivelarsi letale alla salute quanto il fumo, il diabete o condurre una vita sedentaria. Perché? Perché non permette di scegliere davvero il proprio stile di vita. A rivelarlo è il rapporto annuale dell’Istituto Superiore di Sanità noto come rapporto “Passi” che ha preso in esame diversi parametri per misurare lo stato della salute tra la popolazione nel nostro paese. Inevitabile la conclusione che tra condizione economica/sociale e salute il rapporto sia strettissimo, e che l’aumento dell’impoverimento e dell’insicurezza economica produca effetti sulla salute, in alcuni casi fino alla morte.

La rivista scientifica The Lancet, nel 2017 aveva pubblicato una documentatissima ricerca sul nesso tra crollo delle condizioni generali della salute della popolazione e misure di austerità economica imposte dai governi e dall’Unione Europea. Il nostro giornale ne ha parlato ampiamente.

Il Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità torna sull’argomento declinando alcuni capitoli anche sulla base di indicatori socio/economici.

Partiamo ad esempio dall’ipertensione- Questa colpisce il 43% delle persone che non hanno alcun titolo di studio oltre la licenza elementare, mentre scende al 25% fra chi ha la licenza media, al 15% fra i diplomati e al 12% fra i laureati, praticamente un terzo delle persone più deboli dal punto di vista socio/economico. Inoltre risulta soffrire di ipertensione una persona su quattro fra chi dichiara di avere molte difficoltà economiche, contro una persona su sei fra chi non ha alcun problema economico.

L’altro parametro preso in considerazione è il colesterolo alto, di cui è nota la correlazione con un’alimentazione sbagliata. Su questo il gap sociale è ancora più accentuato: il problema riguarda il 37% di chi non ha alcun titolo di studio, praticamente il doppio rispetto ai laureati. Fra chi ha la licenza media la percentuale è del 26% e del 18% fra i diplomati.

Per quanto concerne invece l’obesità, riguarda il 41% di chi non ha titoli di studio, il 36% di chi ha la licenza media, il 29% dei diplomati e il 24% dei laureati. Una laurea, solo in questo caso, riduce a solo la metà il divario tra chi ha “ciccia” in eccesso.

Molto più marcata è la differenziazione sociale per il diabete. Solo il 2,3% tra i laureti e il 15% di chi non è andato oltre le scuole elementari. Si scende al 6,4% di chi ha la licenza media, al 3,2 dei diplomati.

Ma la condizione economico/sociale non produce o incentiva solo malattie o peggioramento delle condizioni generali di salute. In alcuni casi, più numerosi di quanto balzi alle cronache, sono coloro che “non ce la fanno più” e si tolgono la vita.

In Italia, tra il 2012 e il 2017 (gli anni dell’austerity imposta dalla lettera della Bce), ci sono stati 878 casi di suicidio legati a motivazioni economiche, mentre i tentati suicidi sono stati 608. A rilevarlo è l’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche” che pubblica i dati aggiornati al 2° semestre del 2017, che ha visto 56 vittime contro le 47 dei primi 6 mesi dell’anno, per un totale di 103 casi solo lo scorso anno.

Dall’analisi complessiva dei 6 anni presi in esame, emerge come, nonostante la categoria professionale più colpita resti quella degli imprenditori, sia  cresciuto prepotentemente il numero di vittime sia tra i disoccupati che tra coloro che, pur possedendo un lavoro, faticano a trovare una stabilità economica, e in molti casi anche solo per far fronte alle comuni spese quotidiane. Se dal 2012 al 2017, infatti, gli imprenditori rappresentano il 42% del totale dei suicidi, ben il 40,5% sono disoccupati e l’11,6% lavoratori dipendenti. Questi ultimi, in modo particolare, sono balzati dal 7,9% del 2012 al 13,6% del 2017. Ma tra per i suicidi per motivi economici agisce un parametro di disuguaglianza sociale ma fortemente territorializzato. Rapportando i dati sulla disoccupazione nel Sud Italia, dal rapporto emerge con evidenza come il numero più elevato di vittime tra i disoccupati si rilevi proprio nelle regioni meridionali con il 27,5% dei suicidi, mentre al Nord, caratterizzata dalle piccole e medie imprese, crescono i casi di suicidi tra gli imprenditori con il 31,2%.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *