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Le periferie sono lo spartiacque dell’antifascismo reale

Ieri per le strade e i caseggiati popolari di Casalbruciato, nei giorni precedenti a Torre Nova e Torre Maura (periferia est della Capitale), si è materializzato il senso politico dell’antifascismo nel XXI Secolo. Non solo perché con la necessaria determinazione si è sbarrato concretamente il passo alle incursioni e alle strumentalizzazioni dei gruppi neofascisti, ma anche perché il combinato disposto tra gazzarre fasciste e complicità politiche istituzionali, è stato individuato, denunciato e contrastato apertamente.

E’ un agire difficile ma necessario. Da un lato gli squadristi devono sapere che troveranno resistenza in ogni quartiere, fino in fondo e con ogni mezzo necessario. Dal basso (nei quartieri) e dall’alto (le sistematiche contestazioni che accolgono Salvini in ogni città grande o piccola dove si reca a fare i suoi comizi).

Dall’altro le complicità soggettive e oggettive che hanno determinato una situazione socialmente insopportabile tra gli abitanti delle periferie non può fare sconti a nessuno. E questo spiega perché la presenza di Orfini del Pd a Casalbruciato è stata giustamente contestata. L’essere diventati parte del problema non legittima “l’antifascismo dell’ultimo minuto” con cui il Pd vorrebbe rifarsi una verginità politica dopo i disastri sociali compiuti dalla sua azione di governo. Ieri in piazza Orfini, al telefono con qualcuno, si diceva preoccupato che situazioni come Casalbruciato “potevano essere strumentalizzate dai No Euro” (!?).

A conferma che della situazione sociale reale questi qui non comprendono nulla, ma proprio nulla e ciò spiega perché il rancore sociale sia arrivato ad un punto di rottura. Il nostro problema è che questo rancore sociale diventa facilmente strumentalizzabile indicando come obiettivi non le istituzioni o gli interessi dei gruppi privati ma le famiglie rom e quelle di immigrati a cui vengono assegnate le case popolari, del tutto insufficienti rispetto alla domanda e assegnate con il contagocce.

Anche la contestazione avvenuta, sempre a Casalbruciato in mattinata, alla sindaca Raggi, rivela come gli abitanti delle periferie usino (ma purtroppo vengono anche usati) le occasioni peggiori per mandare un urlo di protesta verso le istituzioni. Dentro e intorno a questa contraddizione agisce poi il format politico/mediatico che lo rappresenta pubblicamente esattamente in questo modo: un disagio sociale che si esprime solo attraverso il razzismo “dal basso” e la rappresentazione che ne fanno i gruppi neofascisti.

E questa rappresentazione diviene poi oggetto di commenti e dibattiti nei talk show televisivi, dove personaggi del tutto estranei a questi contesti sociali stigmatizzano, registrano i problemi, danno fiato all’indignazione dei princìpi, ma sostanzialmente negano la natura del problema, perché riconoscerlo significherebbe ammettere le proprie responsabilità, dei governi e delle amministrazioni locali passate e presenti.

In questa totale ambiguità, incarnata dalla detestabilità conclamata degli Orfini o della comitiva del gruppo La Repubblica/L’Espresso a livello popolare, la destra ha gioco facile, sia dall’alto (Salvini) sia dal basso (i fascisti nei quartieri popolari).

Gli attivisti politici e sociali della sinistra popolare che intervengono quotidianamente nelle periferie si trovano così presi in un tenaglia che agisce dall’alto e dal basso. E’ una tenaglia che va spezzata, esattamente come la gabbia dell’Unione Europea (intesa proprio come immaginario e non solo come dato politico), perché è la resa all’ineluttabilità dei meccanismi coercitivi esistenti che disarma gli attivisti e depotenzia l’antifascismo.

In Italia l’antifascismo è stato vincente non solo quando ha combattuto apertamente i fascisti ma anche quando ha saputo dare alla gente una idea di emancipazione e di cambiamento, e questa oggi è del tutto assente. Quando il Pd dice lottiamo contro i fascisti e i razzisti ma continuiamo a stare dentro la gabbia dell’austerity, a negare le risorse necessarie per dare risposte alle doglianze sociali (sulla casa come sul lavoro o il welfare) perché occorre stare dentro i vincoli imposti dal patto di stabilità europeo, non ha alcuna credibilità, anzi depotenzia completamente il senso dell’antifascismo . In sostanza, mentre combattiamo i fascisti, nella migliore delle ipotesi, ce lo ritroviamo come “fuoco amico” alle spalle.

E’ per questa ragione che, sicuramente a Roma e nelle grandi aree metropolitane, le periferie diventano lo spartiacque per il successo o meno dell’antifascismo nell’Italia del XXI Secolo.

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2 Commenti


  • maurizio

    E’ un’analisi perfetta


  • antonio

    E’ utile e attualissimo riprendere un vecchio – mai dimenticato – slogan del movimento del ’77 e degli anni successivi: “uscire dal ghetto, rompere la gabbia, creare e organizzare la nostra rabbia”!
    L’8 maggio 2019 sarà una giornata da ricordare e, nel caso: emulare.

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