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Magistratura appesa a politicanti e grembiulini

Diciamo la verità. Affrontare lo scandalo Palamara-Lotti dà la sensazione di infilarsi in un tunnel di scolo per liquidi non proprio beneodoranti.

Lotti, come ricorderete, fu sottosegretario alla presidenza del consiglio con Matteo Renzi e poi ministro dello sport con Gentiloni. AI tempi fu considerato un ministero di ripiego, perché Renzi l’avrebbe voluto insignito della delega ai servizi segreti.

La sua folgorante carriera – sembra un politicante di vecchio corso, ma ha appena 37 anni ora – subisce un colpo nel 2016, quando viene  indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto istruttorio in un’inchiesta su appalti Consip condotta dai PM di Napoli, nell’ambito delle indagini sugli appalti Consip (la “centrale unica degli acqisti” per la pubblica amministrazione).

Viene anche rinviato a giudizio (per il favoreggiamento), ma Renzi non lo accantona mai. Ci deve essere un perché…

Che Lotti compaia ora nell’inchiesta contro Luca Palamara, magistrato ex presidente dell’Anm, accusato di corruzione per aver cercato di far nominare – “conto terzi” – un magistrato “amichevole” a capo della Procura di Roma (quella che l’aveva indagato), è certamente un segnale pesante sulla dissoluzione della credibilità di tutta la magistratura.

Per capirci, la scena descritta dai cronisti che hanno “letto le carte” è la seguente: in una sala d’albergo, quasi di notte, si incontrano Palamara, Lotti, Cosimo Ferri (ex magistrato, ex sottosegretario alla Giustizia con Renzi e Gentiloni, ora “solo” deputato del Pd), Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini, Paolo Criscuoli e Antonio Lepre (tutti membri togati del Csm, “organo di autogoverno della magistratura” presieduto formalmente dal Presidente della Repubblica). Odg: contare i voti a favore di Marcello Viola come Procuratore Capo di Roma, sbarrando così la strada a Giuseppe Creazzo e Francesco Lo Voi.

I conflitti istituzionali, e i possibili reati, sono quasi infiniti. Il più evidente? Un indagato (Lotti) che contribuisce a decidere il capo dei magistrati che lo indagano.

In più: uno dei candidati alternativi, Creazzo, viene da Firenze ed ha come “colpa grave” quella di aver fatto arrestare i genitori di Matteo Renzi. Impossibile, dunque, che si accosti alla scrivania su cui passano – per competenza territoriale – gran parte delle inchieste che coinvolgono uomini politici.

Il “piano” va in porto: al Csm si vota esattamente come deciso dai congiurati.

Ma non basta. La procura di Perugia, istituzionalmente, è chiamata ad indagare su eventuali reati commessi dai magistrati romani. A capo di quell’ufficio i “congiurati” vorrebbero qualcuno disposto ad avallare fino all’indagine «informazioni compromettenti su Paolo Ielo», procuratore aggiunto a Roma, ex membro del pool “mani pulite” di Milano e autore dell’inchiesta su Mafia Capitale. Uno “sfregio” sulla credibilità di quel magistrato, è l’obbiettivo, persuaderà i colleghi a non ficcare il naso in certe faccende…

La marcia infernale attraverso tutti i dettagli riempirà – e già riempe – decine di faldoni. Un guazzabuglio in cui è impossibile addentrarsi, in mancanza delle “carte”.

Ma alcune cose sono chiare fin d’ora.

L’inchiesta è avvenuta grazie all’inserimento nel cellulare di Palamara di un “trojan” che permette di registrare tutto quel che viene detto, in qualsiasi momento della giornata. Come avere una miscospia in tasca, insomma. Un marchingegno in genere usato contro “terroristi”, narcotrafficanti, oppositori politici e sociali, ma che ormai sembra diventato in più semplice e micidiale strumento di indagine, al punto da essere impiegato senza problemi anche nelle faide interne ai gruppi di potere.

Soprattutto, risulta evidente che il “terzo potere” dello Stato, in questo paese, è assolutamente interconnesso con gli altri due, per molte vie e altrettanti legami. “Chi conta” si riconosce nei propri pari, sa che deve muoversi per collegamenti, favori da scambiare a seconda dell’incarico ricoperto o della funzione svolta.

In questo caso vengono allo scoperto le trame vicine al Pd, ma non c’è dubbio – e la storia recente lo dimostra ad abundantiam – che identici “cenacoli” avvengano in nome e per conto della destra politica, vecchia e nuova.

Non c’è insomma alcuna separazione “formale” che tenga. Politici, magistrati, imprenditori (veder spuntare il nome del presidente della Lazio, Lotito, non stupisce nessuno), giornalisti, faccendieri di ogni ordine e grado, vanno a costituire un milieu che dall’esterno appare totalmente omogeneo e nemico di “sta fuori dal giro”, perché “non conta”.

Viene quasi da rimpiangere i tempi bui della P2, quando la massoneria congiurava da autentico centro di comando reazionario, in stretto collegamento con la Cia e la Nato. Criminali, e dei peggiori, ma almeno con qualche motivazione geopolitica di alto livello. “Complotti seri”, insomma, in guerra per impedire la rivoluzione in Occidente, mica quacquaraquà in cerca di qualche spicciolo…

Anche i grembiulini, insomma, non sono più quelli di una volta…

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