Dentro l’Usb, il più consolidato dei sindacati di base e di classe del nostro paese, alcuni dirigenti e delegati delle federazioni di Bologna e della Lombardia hanno provocato una “scissione” e costituito un nuovo sindacato. Ne parliamo con Pierpaolo Leonardi, coordinatore storico prima delle RdB e poi dell’Usb.
Allora Paolo che cosa è accaduto effettivamente?
Da oltre un anno è aperta una discussione in USB sui compiti e la funzione strategica del sindacato dentro la nuova fase determinata principalmente dalla crisi del capitale e dall’internità al polo imperialista europeo. Questa situazione si supera, secondo noi, accentuando la capacità dell’organizzazione di dare risposte generali e confederali. Chi oggi ha abbandonato USB ha in testa invece un sindacato autoreferenziale, che fa dell’azione sindacale locale e aziendale il massimo del respiro di azione possibile. Non è un caso che la scissione ha interessato di fatto le federazioni “ricche” che da tempo chiedono autonomia politica e organizzativa. Chiamarsi sindacato generale partendo dalla ridotta di due mezze federazioni francamente lascia quantomeno perplessi. Al Congresso e nelle nostre tesi politiche abbiamo dichiarato esaurita l’esperienza del sindacalismo di base e la necessità di sviluppare il sindacato di classe e generale. La prospettiva degli scissionisti sembra invece, al di la dei proclami roboanti, essere proprio il mantenimento in vita di quelle esperienze ormai decotte ed ininfluenti nel panorama sindacale italiano.
Gli autori della scissione ovviamente invocano un deficit democratico. Come si prendono le decisioni dentro l’Usb? Ad esempio su una questione rognosa e importante come la sottoscrizione del Testo Unico del gennaio del 2014 come è stato deciso?
La democrazia è sempre uno strumento e come tale lo si esercita nelle condizioni date. La USB ha per Statuto una struttura che partendo dai congressi di ogni singolo luogo di lavoro in cui è presente elegge un consiglio nazionale, che a sua volta elegge il coordinamento nazionale, il quale a sua volta è quello che elegge l’esecutivo. Questo vale sia per il livello confederale che per le categorie. La decisione di aderire obtorto collo e senza modificare il giudizio politico di assoluta e netta contrarietà al Testo Unico, è stata assunta dal Consiglio Nazionale Confederale, cioè il massimo organo di USB dopo il congresso, al termine di un anno e mezzo di iniziative di ogni tipo (dai ricorsi legali respinti in tribunale alla resistenza nei luoghi di lavoro) per contrastarlo. Chi oggi è uscito da USB era, tra l’altro, tra i più fervidi sostenitori della firma ad ogni costo. Ma come si sa la democrazia può anche essere interpretata come lo strumento che consente in un batter d’occhio di cambiare idea.
Gli autori della scissione denunciano l’ingerenza di movimenti come “Ross@” o di organizzazioni come la Rete dei Comunisti sulle scelte del sindacato. Anche altri partiti, sia in passato che adesso, cercano di pesare nelle scelte prima delle RdB e poi della Usb. E’ così?
Le organizzazioni politiche da sempre hanno una propria visione del mondo del lavoro e si dotano di una propria strategia di intervento nelle questioni sindacali, anche i militanti della Rete dei Comunisti operano in tal senso ed essendo da sempre interni alla USB, è all’interno di questa organizzazione che esprimono il proprio parere sulle questioni. Del resto il nucleo fondante della RdB, una delle organizzazioni che ha dato vita ad USB era composto da compagne e compagni della Rete e ci sembra che abbia dato un contributo rilevante alla sua crescita.
Gli scissionisti si sono messi di traverso contro una ipotesi – a mio parere tra le più interessanti e innovative – sul sindacato capace di fare anche confederalità sociale cioè di intervenire anche all’esterno dei luoghi di lavoro, voi lo avete definito come “sindacato metropolitano”. Puoi spiegarci meglio dove sbagliano loro o che cosa significa per voi?
Il Congresso di Montesilvano, conclusosi all’unanimità, ha condiviso la proposta di avviare una sperimentazione sul terreno della avvenuta frammentazione sociale e quindi della nuova composizione sociale. La consapevolezza che un pezzo ormai consistente del nostro blocco sociale di riferimento non incontra più il sindacato nei luoghi di lavoro, ci ha fatto interrogare su come organizzarci per intervenire anche su quei settori sociali , individuando in particolare tre segmenti principali, i migranti e gli immigrati, cioè quella parte di migranti che oggi lavorano e producono nel nostro Paese ma che vivono comunque una condizione sociale di marginalità; chi vive il problema drammatico del diritto all’abitare, che oggi coinvolge trasversalmente anche pezzi di vecchio ceto medio impoverito e che da anni già organizziamo; chi vive il dramma di essere senza lavoro o soggetto alla totale precarietà, e sono ormai una parte consistente di popolazione e soprattutto di giovani soprattutto al meridione, sia sulla questione dell’occupazione che del diritto al reddito. La scelta è stata quella di definire su questi primi tre segmenti di sperimentazione una linea di azione nazionale articolata ovviamente sui territori. Chi se ne è andato ha interpretato la confederalità sociale invece come una sorta di strumento territoriale di assistenza e di intervento sui temi della relazione tra utenti e lavoratori dei servizi, una specie di associazione dei consumatori, cosa che ovviamente è legittima, ma non è quello che intendiamo noi. L’altro corno della contestazione è che la confederalità sociale si sostituirebbe alla confederalità sindacale e ci accusano di volgere verso una deriva movimentista. Ovviamente USB è e rimane una organizzazione sindacale che opera e agisce principalmente nei luoghi di lavoro, nelle aziende, nelle fabbriche, negli uffici pubblici e lì organizza le lavoratrici e i lavoratori, ma la frammentazione e l’indebolimento del mondo del lavoro che abbiamo conosciuto è sotto gli occhi di tutti. O il sindacato ci fa i conti e si dota di una strategia per ricomporre quello che i padroni hanno diviso, oppure finisce solo a fare i 730 e qualche vertenza aziendale.
Abbiamo raccolto notizie su prove di forza nelle sedi Usb a Bologna (dove gli scissionisti hanno addirittura chiamato la polizia) e in alcune città della Lombardia, su conti correnti bloccati, su lettere inviate alle aziende. Insomma cosa succede adesso e cosa succederà?
Voglio segnalare un fatto curioso. Chi è uscito da USB propaganda questa scelta come una scissione che ha dato vita ad un nuovo soggetto sindacale. Andando però a leggere le carte che hanno prodotto scopriamo che: hanno riunito alcuni degli organismi locali, solo quelli in cui avevano una qualche maggioranza e hanno deciso il cambio di nome dell’organizzazione, hanno poi deciso che mantengono lo Statuto USB e grazie a questo artificio assolutamente in contrasto con lo Statuto USB hanno scritto alle aziende che gli iscritti a USB passavano automaticamente al nuovo soggetto e l’hanno fatto inviando alle aziende una nota con i due simboli, USB e SGB. Un fulgido esempio di trasparenza e democrazia. Hanno occupato le sedi che sono intestate a USB e hanno cercato di impedire l’accesso ai compagni di AS.I.A. nella sede di Bologna e hanno addirittura chiamato la polizia per sgomberare una giovane compagna che era in sede per un appuntamento con una inquilina. Sono metodi che in USB non avrebbero mai avuto cittadinanza.
Infine un dubbio. Provocare una scissione in uno dei pochi sindacati conflittuali in questa fase di fortissimo attacco ai diritti sindacali non pare proprio una buona idea. E’ la “sindrome di Sansone” di alcuni dirigenti locali o c’è qualcos’altro? Se me lo permetti a me il dubbio è venuto. Che ne pensi?
La contraddizione è esattamente questa, chiamarsi Sindacato Generale e provocare una scissione dell’unica esperienza vera e attiva di sindacato antagonista, di classe e generale sta nelle pratiche antiche di una certa sinistra incapace di guardare oltre i propri interessi di bottega. Fanno proclami di solidarietà internazionalista sapendo perfettamente che USB è membro della Federazione Sindacale Mondiale e che esprime anche il Segretario generale del Sindacato Internazionale dei Servizi Pubblici. Insomma ci sembra che sulla politica abbiano prevalso interessi localistici di mantenimento di un qualche piccolo potere economico costruito con un utilizzo distorto delle quote dei lavoratori. Comunque la scissione riguarda una quota infinitesimale di strutture e il corpo complessivo dell’organizzazione sta reagendo molto bene rilanciando le lotte e la presenza di USB in tutto il paese, compreso in quelle città in cui alcuni hanno deciso di infilarsi in questa avventura.
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