Riportiamo qui di segito il resoconto dell’accaduto.
Lo scorso lunedi, 8 maggio, sono partita da Amman per il confine di Sheikh Hussein che si trova a nord della Giordania. Era mia intenzione varcare li’ il confine per prendere poi un treno nella citta’ vicina che mi avrebbe portato a Tel Aviv.
Non appena ho esibito il mio passaporto mi è stato subito chiesto come mai viaggiavo da sola e non in gruppo. Sono seguite domande sempre piu’ pressanti che riguardavano le mie prenotazioni alberghiere, il percorso del mio viaggio, ecc. Ad un certo punto l’addetta si è rivolta al suo superiore il quale voleva che gli dicessi il nome ed il cognome nonche’ il numero di telefono delle persone che conoscevo in Israele. Poiche’ ripetevo di non conoscere nessuno mi hanno fatto aspettare nella sala d’arrivo. L’attesa e’ durata 7 ore. Nella prima parte dell’attesa mi hanno piu’ volte chiesto – in modo sempre piu’ perentorio – i nomi di persone che conoscevo in Israele, poi mi hanno semplicemente informata che aspettavano la risposta dell’ufficio della Homeland Security. Arrivata la risposta mi hanno informato che non potevo entrare in Israele e che avrei dovuto aspettare di essere accompagnata all’autobus che mi avrebbe riportate al confine con la Giordania. Mi e’ stato consegnato un foglio sul quale erano annotati i miei dati e la dichiarazione di divieto d’ingresso. La causa specificata era: l’immigrazione illegale. Quando ho chiesto loro quale fosse la ragione del divieto mi hanno detto che questo era dovuto alle mie attivita’ contro lo stato d’Israele ed alle attivita’ di boicottaggio contro Israele e l’esercito israeliano. Sul foglio, inoltre, si specificava che nel caso volessi rientrare in Israele avrei dovuto presentare in anticipo una domanda d’ingresso che verrebbe vagliata a seconda della situazione del momento.
Poco dopo mi hanno scortato all’autobus, una volta salita mi hanno riconsegnato il passaporto.
Nada Pretnar – Trieste
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