“Minniti, così come le autorità libiche, sono responsabili delle torture che ogni giorno avvengono sulle coste libiche, perché ne sono pienamente consapevoli”. Ad affermarlo senza peli sulla lingua è Padre Mussie Zerai intervenendo ad Agorà Estate su Rai3. “Ho raccontato più volte delle costrizioni che gli scafisti attuano contro i migranti nei capannoni presenti sulle coste libiche. A quelle persone interessa solo incassare i soldi e poi liberarsi di quelle persone per far posto ad altre. Ho il timore di essere stato strumentalizzato, ma non posso far altro che provare a salvare le vite di chi mi chiama”, ha aggiunto il fondatore dell’agenzia Habeshia, finito sotto inchiesta dalla procura di Trapani per la vicenda dei soccorsi in mare ai migranti da parte delle Ong. Le parole di padre Zerai rivelano il senso dell’operazione in corso per bloccare i flussi di profughi e rifugiati nel Mediterraneo: non voler vedere, sapere, parlare di quello che avviene sulle sponde libiche. L’importante è che i flussi vengano bloccati.
In Libia, secondo Flavio Di Giacomo dell’ufficio italiano dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, dipartimento dell’Onu, c’è da tempo una vera e propria caccia al nero. Sono prede di milizie che li rapiscono e li torturano per avere più soldi dai familiari rimasti in patria. Alcuni sono venduti.
Nei centri dove vengono raccolti prima di essere imbarcati, i migranti vengono torturati, le donne sistematicamente violentate. Molti dei migranti soccorsi in questo week end avevano segni di torture sul corpo. E quando vengono portati sulla spiaggia chi non vuole più partire viene ucciso; gli altri obbligati a salire su quei gommoni”.
La maggior parte dei migranti ora arriva dall’Africa occidentale, ma c’è anche un evidente aumento di persone originarie dal Bangladesh, dove sono cresciute e rafforzate le organizzazioni criminali di trafficanti. E – conclude Di Giacomo – “tutti arrivano in Libia, dove li attende un grande buco nero. Il 95% dei migranti uomini donne e bambini, senza distinzione, subisce violenze e abusi in Libia; e non hanno altra possibilità che andare avanti e tentare la traversata. Alcuni cercano anche di tornare indietro attraverso il Niger ma il viaggio è ancora più pericoloso tra predoni e milizie che in tutta la Libia sono a caccia di prede per il traffico di esseri umani”.
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