Menu

Bring the war home! Esercitazioni in Sardegna, la guerra in casa nostra

Dal 14 al 28 ottobre avrà luogo in Sardegna la seconda parte dell’esercitazione militare “Joint Stars 2017” organizzata dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COI), ovvero il coordinamento di tutte le Forze Armate alle dirette dipendenze del Ministero della Difesa. La prima parte della JS17, la “Virtual Flag 2017”, si è svolta in giugno a Poggio Renatico (Ferrara), ed è stata organizzata dall’Aeronautica Militare con la partecipazione del COI, dell’Esercito Italiano e della Marina Militare. L’obiettivo è quello di “consolidare la capacità nazionale, già certificata a livello NATO, di esprimere un Comando di componente aerea capace di pianificare, coordinare e controllare tutti gli aspetti di una campagna militare1”, avvalendosi di sistemi ad alta tecnologia e della creazione di scenari fittizi (una “Sardegna totalitaria e una Sicilia democratica ma instabile”) entro cui operare.

Le esercitazioni di ottobre vedranno invece le Forze Armate schierate nelle varie aree sarde di addestramento (il poligono terrestre di Capo Teulada, la base aerea NATO di Decimomannu e i porti di Cagliari e Sant’Antioco), anch’esse volte a testare la capacità effettiva di controllo e pianificazione delle operazioni attraverso l’interoperabilità dei diversi corpi armati italiani. Inoltre, all’interno della JS17, dal 16 al 27 ottobre si svolgerà l’esercitazione “Mare Aperto” il cui fine è la ricomposizione delle fila, dato il fallimento dell’operazione “Mare Nostrum2”.

L’ingente dispiegamento di forze messe in campo dalla Joint Stars non sembra casuale alla luce della riapertura dello scenario libico, all’interno del quale l’Italia sta tentando di ritagliarsi il suo “posto al sole” in chiave di mediatore tra le forze in campo, e più in generale nel contesto mediterraneo. Un messaggio, però, che sembra rivolto soprattutto nei confronti della NATO, per la quale negli ultimi anni il “fronte sud” è diventato di secondaria importanza, fatta eccezione per l’onnipresente “emergenza terrorismo”. Infatti, negli ultimi tempi l’Alleanza Atlantica è tornata a concentrarsi sul fronte orientale: la “minaccia russa” si è nuovamente concretizzata con la guerra nel Donbass. E, sempre a tal proposito, non va trascurato il fatto che Polonia e Paesi Baltici oggi rappresentino delle lobbies molto potenti in grado di esercitare forti pressioni in seno alla NATO per implementare l’accerchiamento ad est in chiave anti-russa.

In tutto ciò l’Italia ha continuato ad assumere un importante ruolo nel Mediterraneo come alleato, se non più affidabile, sicuramente più stabile rispetto ad altri paesi, quali ad esempio la Grecia. Quest’ultima, tra l’altro, ha avuto per lungo tempo problemi con la Turchia, la quale ha, invece, appoggiato il progetto italiano di realizzazione del nuovo centro operativo e di coordinamento delle operazioni dell’Alleanza Atlantica nel Mediterraneo a Napoli3.

In questo contesto, sabato 14 ottobre si terrà il primo appuntamento lanciato da A Foras al porto di Cagliari4, per inaugurare le due settimane di mobilitazione contro le esercitazioni JS17 e Mare Aperto. L’assemblea di A Foras nasce nel 2016 con l’intento di raccogliere l’eredità dei movimenti antimilitaristi sardi e di rilanciare una nuova stagione di lotte contro la guerra. La battaglia dell’assemblea si svolge in un territorio devastato dall’indotto bellico. In Sardegna sono presenti oltre il 60% delle servitù militari dell’intero Stato italiano. Tra queste un ruolo di rilievo viene occupato dai tre più grandi poligoni d’Europa. In queste zone gli eserciti NATO, i loro alleati e le grandi imprese dell’industria bellica made in Italy e mondiale sperimentano i nuovi strumenti di devastazione e preparano le future guerre. A riprova di ciò, è di questi giorni la notizia della confessione di un ex caporalmaggiore dell’esercito italiano sull’utilizzo di ordigni al fosforo bianco nel poligono di Capo Teulada negli anni Novanta5, proprio mentre si preparava l’intervento nei Balcani. Tra gli obiettivi di A Foras vi sono la chiusura di tutte le basi e i poligoni militari, la conquista di risarcimenti e indennizzi per la popolazione locale, l’ottenimento di bonifiche e la restituzione delle terre, ma soprattutto il contrasto alla guerra in tutte le sue forme. Negli ultimi anni, l’isola ha conosciuto numerose giornate di mobilitazione tra cui la manifestazione popolare al poligono di Capo Frasca il 13 settembre 2014, che culminò con l’invasione del poligono, e le iniziative del 2015 contro l’esercitazione NATO Trident Juncture nel poligono di Capo Teulada. Proprio durante tali iniziative, il 3 novembre gli attivisti riuscirono ad interrompere per una giornata intera, attraverso all’occupazione del poligono, “la più grande esercitazione dell’Alleanza atlantica dalla fine della Guerra fredda ad oggi”.

Il caso sardo, pur nella sua unicità per dimensioni e contesto, non è isolato. Da nord a sud dello stivale esistono numerosi luoghi in cui i futuri conflitti vengono simulati e preparati. L’esempio di A Foras, da questo punto di vista, offre uno spunto importante: la spinta per un nuovo movimento contro la guerra che metta in discussione il ruolo imperialista dello Stato italiano, della NATO e dell’Europa nei conflitti mondiali, non può basarsi unicamente su un sostegno a distanza alle resistenze territoriali più o meno vicine a noi. Nel XXI secolo il principio internazionalista deve fondarsi anche sulla pratica quotidiana di opposizione al sistema bellico che ci circonda, dalle scuole alle università, dai porti alle fabbriche.

5 http://www.lanuovasardegna.it/regione/2017/10/12/news/abbiamo-usato-armi-al-fosforo-bianco-nel-poligono-di-capo-teulada-1.15978599

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *