La Corte Costituzionale ha bocciato per illegittimità costituzionale l’articolo 4 comma 1 della legge sull’edilizia popolare della Regione Liguria amministrata dal centro-destra, che prevedeva per i cittadini stranieri il requisito della residenza da almeno 10 anni consecutivi nel territorio nazionale per poter partecipare all’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica. La Consulta ha così accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio, stabilendo l’incostituzionalità dell’articolo per “irragionevolezza e mancanza di proporzionalità”.
Nella sentenza è scritto che: “Con riguardo ad una legge della Regione Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste», hanno scritto i magistrati nella sentenza, «questa Corte ha già avuto modo di affermare che «la previsione dell’obbligo di residenza da almeno otto anni nel territorio regionale, quale presupposto necessario per la stessa ammissione al beneficio dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica (e non, quindi, come mera regola di preferenza), determina un’irragionevole discriminazione sia nei confronti dei cittadini dell’Unione, ai quali deve essere garantita la parità di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati membri (art. 24, par. 1, della direttiva 2004/38/CE), sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, i quali, in virtù dell’art. 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda anche l’accesso alla procedura per l’ottenimento di un alloggio» (sentenza n. 168 del 2014). «Una tale valutazione di irragionevolezza e di mancanza di proporzionalità (risolventesi in una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari) è tanto più riferibile alla disposizione in esame, la quale – ai fini del diritto sociale all’abitazione che è diritto attinente alla dignità e alla vita di ogni persona e, quindi, anche dello straniero presente nel territorio dello Stato – richiede, per questi ultimi, un periodo di residenza ancor più elevato (dieci anni consecutivi). E ciò (diversamente dalla legge valdostana) senza neppure prevedere che tale decennale residenza sia trascorsa nel territorio della Regione Liguria, facendo non coerentemente riferimento alla residenza nell’intero territorio nazionale, ancorché sia poi la stessa legge impugnata, per quanto riguarda la prova del “radicamento” con il «bacino di utenza a cui appartiene il Comune che emana il bando», a fissare un requisito di residenza di «almeno cinque anni» (art. 5, comma 1, lettera b, della legge reg. Liguria n. 10 del 2004, come, a sua volta, modificato dalla legge reg. Liguria n. 13 del 2017)”.
La sentenza della Corte Costituzionale, tra l’altra non la prima sulla materia, provocherà parecchi mal di pancia agli amministratori locali ansiosi di recuperare consensi sulla base della “primazìa” degli italiani. Un vezzo non solo della Lega ma anche dei Renzi boys del Pd come il sindaco di Firenze Nardella.
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