Mancherebbero quasi ventimila vittime del coronavirus nel conteggio “ufficioso” redatto in base ai numeri forniti dalla Protezione Civile.
La segnalazione arriva dall’analisi della mortalità nel periodo di epidemia da Covid-19 redatta dall’Inps, che spiega: “La quantificazione dei decessi per coronavirus, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal dipartimento della Protezione Civile, è considerata poco attendibile, in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus”.
Inoltre, “anche il luogo in cui avviene il decesso è rilevante poiché, mentre è molto probabile che il test venga effettuato in ambito ospedaliero, è molto difficile che questo venga effettuato se il decesso avviene in casa”.
L’Inps fa ‘parlare’ i numeri secondo cui nel periodo dal 1° marzo al 30 aprile 2020 si è registrato un aumento di 46.909 decessi rispetto ai 109.520 attesi. Il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo è stato però di 27.938.
Sorge dunque la legittima domanda su quali siano i motivi di un ulteriore aumento di decessi nel nostro paese per una cifra di 18.971 persone, di cui ben 18.412 tutti al Nord.
Nelle previsioni le stime erano che nel 2020, tra gennaio e febbraio, avrebbe dovuto essere un anno con una mortalità inferiore a quella attesa, considerando la media tracciata dalla ‘baseline’ statistica: -8% in media, -7% per gli uomini e -9% per le donne, di cui -9% al Nord, -9% al Centro e -7% al Sud.
Quanto alle classi d’età, la diminuzione più forte si era registrata fra 0 e 49 anni (-13%), poi 60-69 anni (-12%), 70-79 anni (-10%), 80-89 anni (-9%), 50-59 anni e da 90 anni in su (-4%). Per quanto riguarda i territori, la diminuzione della mortalità era segnalata in tutte le oltre cento province italiane, tranne tre :Teramo, Matera e Vibo Valentia; mentre si indicava come ancora più accentuata la discesa in Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Molise, Sicilia.
“L’andamento dei decessi, nel periodo considerato, è stato condizionato sia dall’epidemia che dalle conseguenze del lockdown – sottolinea l’Inps – sia in negativo, ad esempio per le persone morte per altre malattie perché non sono riuscite a trovare un letto d’ospedale o perché non vi si sono recate per paura del contagio; sia in positivo, pensando alla riduzione delle vittime della strada o degli infortuni sul lavoro per lo smartworking e il blocco dell’Italia”.
In ogni caso, “per comprendere al meglio le vere conseguenze dell’epidemia – avverte l’Inps – si dovrà aspettare di debellare completamente il virus, il che avverrà presumibilmente tramite un vaccino o una terapia antivirale efficace”. Infine si esprime anche un giudizio di merito sul come le Regioni hanno gestito l’emergenza coronavirus: “Il Veneto, nonostante abbia avuto a febbraio un focolaio di epidemia da coronavirus come in Lombardia, ha saputo contenere la propagazione grazie a un approccio sanitario diverso rispetto a quello lombardo”, sottolinea la nota dell’Inps.
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