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Giorgio Bocca e la pistola del gioielliere Torregiani

Altri tempi, altri giornalisti. Tempi in cui si poteva persino essere “nemici” – di sicuro Giorgio Bocca non aveva alcuna simpatia per la lotta armata degli anni ’70 – senza alcun bisogno di ricorrere alla demonizzazione, inventarsi “dietrologie”, fabbricare “narrazioni” infamanti tanto quanto false, mantenendo uno sguardo attento anche sulle infinite pecche di chi diventava poi “vittima” e dunque non più “criticabile pubblicamente”.

L’iniziativa del sito Insorgenze.net fornisce un ottimo esempio relativo ad un episodio “minore” di quegli anni (“minore” per portata politica, non certo per gravità). Rispetto a quanto si è detto e scritto recentemente, in merito all’arresto di Cesare Battisti, la distanza è abissale. Vi invitiamo a leggere con attenzione le pagine fotografate, più ancora che la nostra introduzione e quella di Insorgenze.

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In occasione del centenario dalla sua nascita (28 agosto 1920), Giorgio Bocca, tra i principali protagonisti del giornalismo italiano, è stato ricordato sui media con articoli e iniziative editoriali. Inviato dell‘Europeo, il Giorno (quotidiano finanziato dall’Eni di Enrico Mattei), poi di Repubblica, mentre su L’Espresso per anni curò una rubrica, “L’antitaliano”, che faceva il verso a l’arcitaliano di Curzio Malaparte, Bocca è stato un «Interprete», per dirla con Oreste Scalzone, della religione civile negli anni della prima Repubblica.

Esponente della borghesia laica e azionista, anche se era stato fascista prima di passare alla Resistenza, col suo stile ruvido ha narrato le trasformazioni dell’Italia dal dopoguerra, gli anni del boom economico, delle lotte operaie  e della lotta armata negli anni 70, fino all’avvento della Lega e poi del berlusconismo a cavallo tra i due secoli.

Fu anche un saggista brillante, biografo di Togliatti, si occupò della Resistenza e della Lotta armata (Storia dell’Italia partigiana, 1966; Il terrorismo italiano 1970-1978, 1978).

Insorgenze lo ricorda riproponendo un suo articolo apparso su la Repubblica del 24 gennaio 1979: la cronaca a caldo delle gesta del gioielliere Pierluigi Torreggiani che in una pizzeria di Porta Venezia a Milano fu il protagonista di una furibonda sparatoria.

Per questo episodio che vide la morte di un rapinatore (Orazio Daidone) alquanto sprovveduto e il ferimento di tre clienti del locale, Torreggiani fu ucciso per rappresaglia nemmeno un mese dopo (il 16 febbraio 1979) da un gruppo di militanti di estrema sinistra – i Pac, Proletari armati per il comunismo – formazione sui generis della galassia armata di sinistra dedita ad una sorta di legge del “contrappasso giustizialista”.

Nel corso dell’attentato che gli costò la vita, Torreggiani non smentì la sua fama di pistolero poco accorto: nel tentativo di rispondere al fuoco degli attentatori i suoi proiettili colpirono gravemente il figlio Alberto, da allora costretto su una sedia a rotelle.

La cronaca di Bocca colpisce a distanza di oltre 40 anni dai fatti e consente di misurare il mutamento d’epoca e di paradigmi intervenuti, la diversa percezione degli eventi scevra da vittimismi e legalitarismi, la sottile ironia sociologica che accumuna le due sponde dell’economia, legale e illegale legate da inconfessabili transazioni monetarie in nero.

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