Quasi tutto come nelle previsioni, ma la destra fascioleghista segna una battuta d’arresto piuttosto forte. …
I primi exit poll dopo la chiusura delle urne consegnano la vittoria del “sì” al referendum sulla riduzione dei parlamentari, ma con una maggioranza leggermente più risicata rispetto a quanto lumeggiato dai sondaggi (70 a 30), e comunque infinitamente meno rispetto alla percentuale di parlamentari che aveva votato la riforma costituzionale (97%).
Il tutto in presenza di una affluenza sicuramente superiore alle attese (oltre il 54%) e probabilmente dovuta soprattutto al “traino” delle regionali, che in genere motivano di più le reti di consenso e clientelari.
Il risultato del referendum, come scritto in precedenza, congela la legislatura fino alla scadenza naturale (primavera del 2023), visto che il ridisegno dei seggi elettorali sui territori poterà la tempistica dentro il “semestre bianco”, in cui non si possono sciogliere la Camere.
La situazione in alcune regioni chiave sembrava molto incerta, ma si è rivelato un abbaglio; probabilmente gonfiato dalla ricerca del “voto utile”.
In Toscana il renziano del Pd, Giani, dopo la seconda proiezione su dati reali (scrutinati) èin netto vantaggio rispetto alla leghista Ceccardi (quasi il 48% contro il 41).
In Puglia invece il presidente uscente Emiliano (Pd) sembra aver stracciato – 47% contro 39 – il solito Fitto (ex berlusconiano della prima ora ora in quota Meloni). Per i patiti del “voto utile”, qui si può misurare l’impatto destrorso di Matteo Renzi, che ha fatto presentare Scalfarotto solo per togliere voti al Pd ed esporlo a una possibile sconfitta, che poi avrebbe provato a giocare in chiave anti-Zingaretti. Il gioco non gli è riuscito.
Nessuna incertezza invece sulla Campania (De Luca senza avversari), Veneto (Zaia confermatissimo nonostante le gaffe a ripetizione, dai “topi vivi” in giù) e Liguria (l’ex berlusconiano Toti nettamente in testa).
Di fatto, rispetto al temuto “7 a 0” della vigilia, il Pd perde solo le Marche, chiudendo “3 a 3” nelle regioni più grandi (in Valle d’Aosta c’è un altro sistema elettorale regionale).
Mentre i CinqueStelle accentuano la tendenza verso la dissoluzione, e possono vantare solo il risultato del referendum.
Tra le poche buone notizie in questi primi “sondaggioni” la percentuale attribuita a Potere al Popolo in Campania (tra l’1 e il 3%), che non tutti credevano – sbagliando – possibile. Ma la giornata sarà lunga.
I risultati veri, per regionali e comunali, arriveranno entro domani…
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marco
evvabhè… frenerà pure ma tanto col taglio dei parlamentari e il germanicum in canna ovviamente il palazzo è blindato.
da oggi in italia è diventato inutile votare.
anche solo aper avere un’opposizione
Walter
Era scontato che vincesse il si in un referendum che propagandisticamente faceva leva su di un (falso) argomento di facile e sicura presa nella società… social. Il 37% degli aventi diritto ha permesso che d’ora in avanti un parlamentino super scelto ed allineato possa, con ben maggiore facilità, sconvolgere la costituzione secondo i desiderata del mondo finanziario e dell’ “europa”. Quando quei 37 votanti su 100 dovranno pagare per i servizi essenziali e non avranno più alcuna garanzia (delle poche rimaste) troveranno il modo di accusare della cosa gli altri 63, ovviamente.
Rimane la tristezza di una classe politica che abusa di uno strumento forte e fondamentale come il referendum (per di più costituzionale, questa volta!), e addirittura lo abbina ad elezioni locali. A quando l’abbinamento con la lotteria italia?
Francesco Buffoli
Sempre più sbalordito dalla difesa a spada tratta di quel comitato d’affari che chiamiamo Parlamento per convenzione, e di numeri che erano e restano pura convenzione.
Poi certo che gli argomenti populisti fanno ridere (il berciare sui “ladri che rubano!!, la casta etc..), ma io mi chiedo anche perché l’impressione collettiva sia quella di avere a che fare con dei “ladri”, e soprattutto mi chiedo perché una persona che si definisce materialista e conosce le funzioni di queste assemblee (o anche solo le abbia analizzate negli ultimi decenni) si perda poi nel bicchiere d’acqua del cretinismo parlamentare (di questo stiamo parlando). Oh, sia chiaro, è in buona compagnia (Corriere, Repubblica, La Stampa etc..), ma almeno non parli più di materialismo, conflitto di classe e simili; difendere i numeri di queste assemblee e pensare che il Parlamento negli ultimi decenni abbia rappresentato qualcosa che non siano specifici interessi industriali e finanziari significa aver completamente rinunciato a un’analisi materialista della società; significa credere che ci sono condomini che fanno la fame perché l’assemblea di condominio ha visto meno partecipanti. e non perché sono ammessi a partecipare solo quelli che la fame non la fanno.
Redazione Contropiano
Il conflitto di classe reale, non quello solo ideale, si fa in condizioni determinate. Che nel nostro spicchio di mondo sono ancora – ma sempre meno – quelle del “libero mercato” e della “democrazia parlamentare borghese”.
Questo significa che, per ora, il conflitto di classe è “mediato”, nascosto, stravolto dalle forme politiche tipiche di questo “ambiente”.
“Cretinismo parlamentare” è una definizione che ben si attaglia a quelle formazioni che ritengono “l’ingresso nelle istituzioni” come autorealizzazione e/o “possibilità di cambiare le cose standoci dentro”.
Altra cosa è denunciare la restrizioni progressive al regime parlamentare, che significa far vedere – nei limiti del possibile, ovvio – che il potere capitalistico in questa fase sta distruggendo la stessa “narrazione di sé” (come “regime democratico”) sui cui peraltro basa il proprio “diritto di ingerenza” negli affari interni di altri paesi (dalla guerra alla Jugoslavia in poi, fino alla Bielorussia).
Secondo il tuo ragionamento, il partito bolscevico del febbraio 1917 era affetto da “cretinismo parlamentare”…