L’incontro di Zelenskij con Trump a Mar-a-lago, ieri, ha fatto registrare qualche passaggio in avanti verso un “accordo di pace”. Questo, per lo meno, è stato affermato dai due presidenti.
E’ importante però capire che “l’accordo” riguarda per ora loro due, mentre “la pace” va fatta da tutto l’Occidente euro-atlantico con la Russia. E non è proprio la stessa cosa.
Se si deve dar retta alle dichiarazioni fatte in conferenza stampa – l’avanzamento della discussione tra Usa e Ucraina si vede anche da questo: l’ultima volta non c’era stata – tra i due è stata raggiunta un’intesa sulle questioni territoriali e le “garanzie di sicurezza”. Al 95% sulle prime, mentre sulle seconde – secondo Zelenskij – si sarebbe al 100%, solo al 95% secondo Trump. Segno che qualche problema c’è ancora, e presentarsi poi al tavolo con Putin con questa incertezza non sarebbe “produttivo”.
Sui territori i contorni della questione sono abbastanza chiari, grazie alla situazione sul campo di battaglia. Kiev rinuncia a pretendere la restituzione del Donbass e degli altri territori occupati (“liberati”, secondo la dizione russa), ma è riluttante a cedere le residue parti che ancora controlla (meno del 30% degli oblast di Donetsk, Kherson e Zhaporizha).
Sul punto Trump è stato quasi ironico: “Alcune di quelle terre sono forse in gioco, ma potrebbero essere prese nei prossimi mesi. E faresti meglio a fare un accordo ora.” Le notizie dal fronte non sono affatto buone per Kiev, e in diversi punti ci si attende un tracollo nelle prossime settimane…
Più vaga ancora la questione delle “garanzie di sicurezza”, che coinvolgerebbero anche gli europei – peraltro ascoltati solo per telefono – che hanno fin qui rappresentato un freno pericoloso per tutta la trattativa.
Zelenskij insiste ancora nel chiedere che l’accordo finale sia sottoposto a referendum popolare. Il che appare “giusto” dal punto di vista astratto, ma complicato da quello pratico. Anche perché per svolgerlo Kiev chiederebbe 60 giorni di tregua nei combattimenti, ma i “volenterosi” europei (Francia, Germania, Gran Bretagna e Polonia) non fanno mistero di voler sfruttare qualsiasi pausa per mandare proprie truppe in Ucraina.
Una mossa del genere sarebbe un fatale allargamento del conflitto, non certo la sua soluzione.
Conoscendo i suoi polli, il tycoon aveva sentito Putin prima dell’incontro con l’ex attore ucraino. Su quello che si sono detti l’unica fonte disponbile è Yuri Ushakov, assistente per la politica estera di Putin, La telefonata è stata un’iniziativa di Trump ed è durata un’ora e 15 minuti, si è svolta “intono amichevole” e sia Putin che Trump pensano che l’Ucraina “debba prendere una decisione sul Donbass senza indugi.“
In particolare Ushakov ha insistito sul comune giudizio dei due presidenti sul fatto che una tregua temporanea per tenere il referendum “prolungherà solo il conflitto.”
Tutto è ancora molto in aria, come si vede, ma se non altro sembra che Kiev stia pian piano facendo il necessario bagno di realtà. Sono stati abbandonati i toni bellicosi, le pretese impossibili (la “vittoria” e il recupero di tutti i territori persi, peraltro abitati da russi fin dalla notte dei tempi), le smargiassate varie. Il mantra più battuto resta “Putin non vuole la pace” ogni volta che un’ondata di droni e missili riduce ancor più la capacità energetica del suo Paese, mentre si lanciano grida di giubilo quando si ottiene un pur piccolo successo.
Di sicuro sono molto più avventurosi Merz, Macron, Starmer e Tusk, che preparano tra loro un vertice dopo l’altro come se fossero loro a decidere quando e come si dovrà fare eventualmente la pace e quanto la Russia dovrà “pagare” per la ricostruzione. “Leaderini” senza altro peso che passate “glorie” coloniali e responsabilità – come paesi – di aver portato due volte l’Europa ad innescare una guerra mondiale. Ma così poco intelligenti da seguire una strada che può portare solo alla Terza. E ultima, probabilmente…
Malgrado loro, Zelensky e Trump hanno chiuso la conferenza stampa dicendo che altre negoziazioni si terranno a gennaio a Washington tra gli Stati Uniti e l’Ucraina per finalizzare i dettagli. Potrebbero esserci altri invitati, ma non certo per dettare altre condizioni.
Fermare questo contorto cammino ha del resto un solo esito possibile. Non proprio auspicabile…
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Maria Rosa Pellegrini
Dopo il colloquio con Zelenski in Florida, il presidente americano ha avuti colloqui anche con i sostenitori di Zelenski, definendoli produttivi.
La strategia di Trump di dare ragione a tutti e di far accettare un cessate il fuoco come proposto dell’Ucraina e dai suoi sostenitori non è un comportamento genuino nei confronti della Russia. Non c’è alcuna volontà di rimuovere le vere cause del conflitto americano contro la Russia attraverso l’Ucraina. Pertanto non c’è alcun effettivo risultato che porti ad una pace stabile e duratura
Redazione Contropiano
nessuna fiducia in nessuno… ma non crediamo che ci siano degli ingenui, al lavoro…