Dopo il referendum greco del luglio scorso la maschera della governance neoliberale europea è definitivamente calata, mostrando il cinico volto delle aggressive politiche austeritarie antipopolari che il nuovo sistema di regole targate UE sta imponendo in tutta Europa. Sventola vittoriosa la bandiera del fondamentalismo monetarista, che assume competitività e mercato come principi fondanti. In questo nuovo scenario l’astratta retorica dell’unione paritaria e solidale dei paesi membri, uniti nella diversità e foriera di pace fra i popoli, non è che una favola. L’Europa è, ed è sempre stata, un pluralità conflittuale in cui alcuni stati contano più di altri e oggi l’egemone è la Germania. Lo è da un punto di vista geopolitico ed economico, quando instaura protettorati attraverso un neo-mercantilismo che permette di guadagnare interessi dai prestiti erogati dalle proprie banche ai paesi del sud e che crea surplus commerciali grazie ad un euro che avvantaggia artificialmente la propria produzione nazionale. Lo è da un punto di vista ideologico, quando impone l’ordoliberalismo e la cosiddetta economia sociale di mercato come dottrina dominante che assegna valore costituente alla concorrenza, a scapito del lavoro, principio fondante della Carta costituzionale italiana.
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