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Germania europea, o Europa tedesca?

Il Sole 24 Ore e il manifesto ospitano Guido Rossi e Gabriele Pastrello, diversi per fama e incarichi ricoperti, ma accomunati dalla fiducia keynesiana nelle capacità autoriformatrici del capitalismo.

Noi pensiamo che siano illusioni, ma la pars destruens – la critica della politica eprseguita fin qui dalla Germania di Merkel e Bundesbank (neppure uguali tra loro) – è estremamente interessante.

La Germania europea, non l’Europa tedesca

Guido Rossi

Mai come in questi giorni suona inquietante l’incubo che Thomas Mann agitò in una Conferenza nel 1953 agli studenti dell’Università di Amburgo, spingendoli a lottare «non per un’Europa tedesca, ma per una Germania europea». L’incubo fu ripetutamente ripreso ai tempi della riunificazione tedesca e fino a qualche giorno fa l’Europa tedesca sembrava ben disegnata dalla cancelliera Angela Merkel, indiscussa protagonista di tutti i summit europei.

Essa aveva il vantaggio di aver forse ricreato una vera classe media tedesca, classe media che è ritenuta fin dai tempi di Aristotele la base per la costruzione di una vera democrazia. L’ideologia sottostante era quella dell’Ordoliberalismo che, con un deciso intervento dello Stato, ha allontanato dalla Germania le più nefaste influenze della globalizzata speculazione finanziaria e quindi del liberalismo della scuola di Chicago e di quella a cavallo dell’altra grande crisi di origine austriaca.

È per questo che finora Angela Merkel è riuscita a imporre la sua dottrina su tutta l’Eurozona: austerità con rigide regole, al di là di ogni decisione democratica, che hanno portato all’attuale disastrosa situazione la disperata Grecia, che potrebbe trascinare con sé nel suo fallimento non solo l’Europa, ma via via gli interi mercati finanziari. Inutile sottolineare ancora una volta come, in maniera diversa, il dettato tedesco sia stato imposto a tutti gli altri Paesi dell’Eurozona creando disuguaglianze e rivolte dalla Spagna al Portogallo, dalla Francia all’Italia e riuscendo a provocare disordini economici persino in Inghilterra. Ma non sembrava finita.

Le ragioni per cui è stato trovato l’accordo dai 25 Stati europei sul Trattato “fiscal compact” è perché l’ha voluto Berlino, che continua a ripetere ai Greci che devono fare i loro compiti a casa mentre la Cancelliera tedesca sta ora indicando anche ai francesi per chi votare alle prossime elezioni presidenziali. La facile battuta che sta ora girando per l’Europa è che questa è governata non tanto da “Merkozy”, ma in realtà da “Merkelzy”.
Fors’anche sotto la spinta di un gruppo autorevole di intellettuali tedeschi, fra i quali principalmente Jürgen Habermas, che da tempo lotta per la creazione di una Costituzione europea, primo passo verso una società mondiale, che opponga il diritto alla forza bruta, e che spinga i cittadini europei a essere gli autori di una nuova Costituzione democratica, anche la signora Merkel sembra ora essere costretta ad abbracciare l’idea di una Germania europea più che di un’Europa tedesca.

Una democrazia liberale europea che ponesse corrette regole contro le inuguaglianze e le devianze del capitalismo finanziario, sarebbe forse la potente idea che potrebbe modellare una nuova società al di fuori dei modelli, triti e ritriti, ma già superati; una classe media europea il cui popolo non è né tra l’1% che attualmente si divide nel mondo la maggior parte della ricchezza, né nella parte più bassa che vive in termini di povertà, sprovvista di educazione, di proprietà e di lavoro.

Più che alle politiche di austerità, che rischiano di far parlare a vuoto di ripresa e di sviluppo, per anni e anni, l’ideologia e l’impegno dei Paesi europei dovrebbe essere proprio quello di ricostruire una classe media con quella prospettiva ideologica tracciata da Habermas e da altri, nell’ambito di quel progetto di sviluppo anche eco – sostenibile che era la base del messaggio politico del grande missionario intellettuale italiano, Altiero Spinelli.

Tutto ciò non può peraltro avvenire senza una mobilitazione di massa che, non affogata nella miseria, eviti, come altre volte è accaduto nella storia, di essere affascinata e cadere nelle trappole delle dominazioni oligarchiche o delle rivoluzioni populiste. L’impatto dei nuovi sviluppi tecnologici dovrebbe essere anche patrimonio dell’educazione di massa alla quale la nuova Europa dovrebbe affidarsi. Non parrà un caso che a questa nuova ideologia ciascun cittadino europeo debba contribuire, tenendo conto non solo di quel che è avvenuto recentemente nelle ideologie populiste, e religiose, alla base della cosiddetta Primavera araba e di molti movimenti dei cosiddetti indignati, ma ricordando anche che la stessa democrazia europea ha avuto nell’immediato dopoguerra il suo risveglio e la sua costruzione attraverso la partecipazione fondamentale di tre statisti democratici cristiani: De Gasperi, Adenauer e Schuman, ispirati dal pensiero del filosofo cattolico Jacques Maritain.

I recenti sussulti e le inquietudini che si verificano nel Vaticano pongono anche la Chiesa cattolica, per quel che possa essere una sua funzione, al centro del palcoscenico europeo. Non certo nella riproposizione dell’Europa cristiana, voluta da Carl Schmitt nel suo Ius Publicum Europaeum, bensì di una forte ideologia laica e democratica dell’Europa dell’Illuminismo, aliena da rovinosi tentativi totalitari. Per un’Europa multietnica, multireligiosa e quindi multiculturale, che abbia come priorità assoluta la giustizia sociale.

Ed ecco Pastrello, da “il manifesto”

Il delirio di onnipotenza tedesco
Gabriele Pastrello

Ma chi comanda in Germania: il ministro delle Finanze Schaüble, o il primo ministro Angela Merkel? Più volte – sui debiti sovrani e sulla sregolatezza fiscale – Schaüble ha preso posizioni più dure rispetto alla Merkel, che si affrettava poi a minimizzare le sue dichiarazioni. Ma la direzione di marcia alla lunga è sempre stata quella di Schaüble e della Bundesbank, la banca centrale tedesca.
L’atteggiamento di Berlino ha dell’incredibile. Prima si presentano alla Grecia una serie di condizioni ineludibili per evitare il default. Tra governo greco e partiti politici si apre una trattativa durissima: se, dove e come tagliare, mentre il paese sta esplodendo. Alla fine i partiti maggiori accettano, sottoposti a pressioni esorbitanti. Dopo di che Schaüble dichiara l’impegno greco «poco credibile». Perché mai? Eppure gli impegni precedenti a questo, durissimi, erano stati accolti senza riserve. Inoltre, la crisi del governo greco ha seguito il rifiuto europeo, non preceduto.
Non si capisce perché il governo tedesco abbia imposto quest’ultimo pacchetto se, per bocca di Schaüble, non credeva che la Grecia potesse rispettare l’impegno. A questo punto viene il ragionevole sospetto che la durezza del pacchetto fosse mirata a farlo rifiutare. Una volta che i politici greci non sono caduti nella trappola, allora si rovescia il tavolo. Ma la questione maggiore resta il perché.
Vengono in mente certe esternazioni estemporanee dei giorni scorsi: la proposta di commissariare il governo greco, la dichiarazione del Commissario olandese Kroess che un default greco non sarebbe poi una catastrofe. E se si volesse davvero il default? Ancora più strano è che Schaüble sembra aver detto invece ai portoghesi che li sosterrà. E poi, perché si sussurra in giro che il caso della Grecia rimarrebbe «unico e irripetibile»? Il risultato delle sue dichiarazioni non si è fatto attendere: venerdì gli spread di Italia e Spagna sono cresciuti, mentre quello del Portogallo è calato. Sembrerebbe quasi che la Germania voglia far capire indirettamente che la salvezza per i paesi europei in difficoltà viene dalla copertura statale tedesca, e non dalla politica della Banca centrale europea decisa dal Governatore Draghi.
In effetti, l’iniziativa – presa a dicembre – di concedere prestiti illimitati triennali alle banche, con l’implicito accordo che avrebbero sostenuto i debiti sovrani europei, era riuscita a creare una finestra di tranquillità; rimessa in discussione dall’atteggiamento tedesco. Draghi aveva messo in atto la sua misura dopo un’intensa pressione dell’amministrazione americana. L’obiettivo di Obama era ovviamente di evitare una crisi finanziaria europea per poter rilanciare l’economia americana, in vista della rielezione. Obiettivo raggiungibile, grazie anche al massiccio intervento della Federal Reserve che è riuscita a innescare una ripresa negli Usa.
Si sa che ci sono stati, e ci sono, malumori nella Bundesbank e in ambienti della Bce sulla misura Draghi. Ma sembrava fosse stato raggiunto un compromesso tra la linea tedesca e quella americana. Draghi accettava di condizionare l’emissione di moneta all’irrigidimento della politica fiscale in Europa; come è avvenuto con l’accordo per l’inserimento del vincolo di pareggio del bilancio nelle Costituzioni europee. D’altra parte, la mossa Draghi poteva servire anche alla Merkel, spezzando un possibile pericoloso legame tra crisi dei debiti e recessione conseguente ai tagli di bilancio generalizzati in Europa. Il compromesso pareva essere: la politica monetaria agli Usa e la politica fiscale alla Germania.
La mossa di Schaüble, di rifiutare l’impegno del governo greco, riapre la questione, riavvicinando quel default che le intense contrattazioni tra governo, partiti greci, creditori e Ue sembravano aver allontanato; e rimettendo in questione il raggiunto equilibrio transatlantico. Sullo sfondo pare esserci una scommessa tedesca: o che i tagli fiscali generalizzati non porteranno alcuna grave recessione, o che – se anche ci fosse – comunque non toccherà la Germania, grazie alla sostituzione (per le esportazioni tedesche) del mercato europeo con quelli emergenti. Al più, renderà i paesi della periferia ancor più malleabili alle intenzioni egemoniche tedesche.
C’è però una novità. Pare che qualcuno sia veramente intenzionato anche a correre il rischio di una crisi finanziaria per raggiungere l’obiettivo. Ma quale obiettivo non si sa. La creazione di un’area a euro forte, nonostante che danneggi le esportazioni tedesche? O qualcuno pensa che una crisi monetaria che portasse a un euro del Nord fortissimo potrebbe danneggiare il dollaro, e essere quindi una premessa per sostituirlo come moneta perno mondiale?
Nulla è chiaro in questi scenari, tranne che la dirigenza tedesca si sta muovendo animata da un irrefrenabile delirio di onnipotenza.

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