Lettera di un condannato a Silvio Berlusconi
Caro Silvio non è la prima volta che ti scrivo. Sono un “Condannato”. Esatto, un condannato proprio come te. No, tranquillo, non sto dicendo che siamo uguali. La mia è una condanna senza appello. È la condanna di un precario, è la condanna di un disoccupato, di uno studente, di un pensionato. Condannati, lo siamo tutti o almeno in buona parte.
Come te, grido all’ingiustizia ma non ho microfoni che amplificano la mia voce. Sono quello che muore in silenzio. Sono quello che muore solo, nell’indifferenza più totale. Sono il numero di una statistica. Sono quello con la corda al collo. Sono quello che spende gli ultimi 10 euro per comprare la benzina e darsi fuoco.
Posso guardarti ridere anche da dietro queste maledette sbarre. Stringo i pugni, digrigno i denti e penso che dovresti esserci tu al mio posto. Non che m’interessi essere te, perché c’è più dignità in quest’angusta cella di quanto potrebbe contenerne la tua reggia. Alle tue cene eleganti preferisco quelle in refettorio senza puttane a osannarmi, ma dietro alle sbarre devi finirci tu!
Vincenzo Borriello Scrittore
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