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Sbirri

Quando vai in piazza a fare il culo ai ragazzini delle superiori, lo stai facendo per un ente morale superiore.

Quando durante un arresto dai un paio di calci nelle costole a un tossico di merda, lo fai perché è un momento necessario della sua rieducazione.

Quando minacci le ragazze di stuprarle con il manganello d’ordinanza, lo fai perché deve essere chiaro chi è che comanda.

Quando fai finta di non guardare il collega che riempie di botte il poverocristo in cella, lo fai perché non sei un infame.

Quando sputi in faccia al negro di merda che hai preso con due canne in tasca, lo fai per lavarlo.

Quando strappi il piercing dalle orecchie della zecca che hai di fronte, lo fai per dargli un contegno.

Quando ti mettono di fronte all’evidenza di essere parte di un manipolo di frustrati che piuttosto che scegliere la divisa da postino hanno optato per quella con manganello e pistola in dotazione, tu risponderai che «non bisogna generalizzare».

Quando troverai decine di tuoi colleghi in divisa che applaudono gli assassini di un ragazzino, tu starai zitto, perché qualcuno chiederà scusa al posto tuo. Poi tanto la tempesta passa. E un altro ragazzino arriverà.

E allora tu dovrai ricominciare da capo. Ma devi stare tranquillo, troveranno sempre il modo per assolverti.

Perché tu non sei tu, tu sei il simbolo di qualcosa che non può cambiare, che non deve cambiare per nessun motivo al mondo.

Qualcosa che va oltre te, che ti trascende, come Dio se non fosse Dio ma qualcosa che puoi indossare ogni giorno.

Qualcosa che ti ritrovi appiccicato addosso.

Qualcosa di cui poi non puoi più fare a meno.

Chiamalo come ti pare, questo qualcosa, io continuerò a chiamarlo merda.

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