(In ricordo di Karl Marx)
Sei morto immerso tra pensieri di Lotta. Disteso tra immagini di Rivoluzioni passate. Sorridendo a quelle che vennero gridando il tuo nome. Sognando la pace della società senza classi.
In silenzio…
Ma di fracasso, quel tuo pensare ne ha fatto tanto. E tanto rumore continua a fare, quel tuo incessante pensare.
Il tuo spettro, ancora si aggira per le strade e i vicoli dei Sud del mondo. Tra le catene di montaggio delle fabbriche 4.0. Tra i cunicoli delle miniere. Tra le baraccopoli degli immensi agglomerati urbani. Appare sulle rive dei mari africani, dove barche di pescatori negri tirano su il pane per la famiglia. Cammina incazzato tra i barrios Venezuelani, le favelas brasiliane, le bidonville di Buenos Aires. Si arrampica ferito sulle Ande della Latinoamerica. Corre, tra gli alberi uccisi della foresta Amazzonica. Sulle sponde dell’Oceano Indiano osserva religioni e caste. Ricchezze da Mille e una Notte e ancestrali povertà. Tra Tokyo e Bangkok piange nei postriboli d’Asia. Armato di Kalashnikov bacia sulla bocca le donne di Kobane.
Sulle scrivanie di mogano, siede alla destra dei presidenti dei consigli di amministrazione. Puntandogli una pistola alla tempia. Furente, varca la soglia della City incendiando il Capitale. Armato d’ascia, abbatte i grattacieli di New York. Con un fazzoletto rosso lo vediamo urlare tra gli affamati cortei dei compagni. Danza tra operai e studenti. Vomita sui marciapiedi sudici della Vecchia Europa classista. E bestemmia alle porte del Vaticano.
I pochi denti dei poveri si aprono fieri al suo passaggio. E vuoti, gli occhi borghesi ne temono la parola ed il volto.
Karl il suo nome. Rosso il colore.
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