La maggioranza di noi nasce conservatore e muore conservatore. Alcuni nascono radicali e poi muoiono conservatori. Solo in pochi nascono radicali e muoiono radicali.
La ragione è che non c’è niente di bello o di naturale nell’essere radicali. Non è una condizione che si dà per sempre, una volta per tutte. Non rende felici. Al contrario, richiede uno sforzo continuo di comprensione critica della realtà, dunque del suo possibile rovesciamento.
Col tempo, le energie e le speranze se ne vanno e, così, la tentazione di mettersi al riparo, di volgere la critica ai costumi del tempo (e non più, appunto, alle loro radici), si fa sempre più forte.
E’ a quel punto che il fatto di essere stati radicali in gioventù, anziché fungere da argine, diventa una sorta di alibi per dar libero sfogo ai propri desideri di restaurazione, alimentati dal rimpianto dei bei tempi andati, ossia della propria gioventù perduta ad inseguire i sogni di rivoluzione.
Insomma, perché v’ho fatto ‘sto pippone, pure banalotto?
Perché quando toccherà a me, se toccherà a me, dovrete fare come nei film di zombie: versate qualche lacrima a favore di camera. E poi abbattetemi.
* da Facebook
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