In ogni guerra c’è chi prova ad occultare i massacri di civili, le rappresaglie, lo sterminio, ricorrendo a “fosse comuni”.
E le fosse comuni sono entrate nel novero dei crimini di guerra sanzionabili secondo il diritto internazionale.
E’ una delle “linee rosse” con cui si prova a distinguere tra guerra – con il suo immondo corollario di devastazione e “vittime collaterali”, ossia non volute – e genocidio intenzionale.
E’ una distinzione così consolidata che i sostenitori occidentali del genocidio perpetrato da Israele sono costretti a ignobili artifici verbali quando, come a Khan Younis, nel cortile dell’ospedale distrutto (altro crimine di guerra evidente), vengono scoperte “fosse comuni” con civili torturati prima di venire uccisi in massa.
I volenterosi complici del genocidio – eredi degli inventori del famoso ossimoro “guerra umanitaria” – adesso parlano pudicamente di “cimiteri improvvisati”.
Il linguaggio dei criminali veri è sempre più forbito, perché sanno benissimo che quel che fanno è indifendibile…
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