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Siria. Botta e risposta tra Saad Kiwan e un giovane siriano

Chi sono gli Assad

di Saad Kiwan*

I siriani vivono da oltre quarant’anni sotto una dittatura del partito unico e del potere assoluto di un militare Hafez Assad che organizzò nel 1971 un colpo di stato, contro i suoi compagni del partito “Baath” (nazional-social-sciovinista) già al potere dal 1963 in seguito a un primo golpe attuato dagli stessi ufficiali del Baath rovesciando l’ultimo governo civile di coalizione in Siria.

Assad padre ha governato per la prima metà del suo regno col suo braccio destro il fratello Refa’at (anche egli militare, cacciato poi nel ’84 in seguito al tentativo di rovesciare Hafez), arrestando la troika “baathista” (civile) al potere: il leader del partito, il presidente della repubblica e il primo ministro, morti poi in carcere.

Assad ha governato praticamente da solo mettendo in piedi un “perfetto regime” poliziesco basandosi sui servizi, azzerando la vita politica, annullando partiti (dai comunisti ai nasseriani, dai socialisti ai liberali e agli stessi baathisti) e parlamento e sostituendo le elezioni con il plebiscito al capo-candidato unico.

Per 30 anni (1971-2000) ha riempito le carceri siriani da oppositori, militanti e attivisti per reati di opinione, praticato ogni tipo di tortura a brutalità, fatto scomparire centinaia di prigionieri, siriani e arabi. Il dittatore siriano ha imbavagliato stampa e mezzi di informazione, ha vietato qualsiasi tipo di associazione sindacale o attività di carattere culturale o sociale. Con il famoso articolo 8 della costituzione che sentenzia: “il “Baath” e’ il partito guida dello stato e della società”!

Il primo orribile crimine il dittatore baathista l’ha compiuto bombardando con l’aviazione la città di Hama nel lontano ’82, massacrando oltre 20mila persone, per mettere a tacere i “Fratelli musulmani”. Un massacro passato quasi sotto silenzio in Occidente, ma anche in Oriente, per la assoluta mancanza di “testimoni”, cioè dei mezzi di informazione tradizionali di allora. Anche perché Assad era considerato un “laico” (ma alawita) che si opponeva ai musulmani fanatici e reazionari, quindi conta poco se vengono massacrati famiglie e figli. E sconta di meno se dopo quel massacro il “laico” Assad introduce nella costituzione l’islam come religione del presidente della Siria, cosa che ha confermato in questi giorni il suo figlio Bashar (anche egli laico!) con la sua “nuova costituzione”, aggiungendo addirittura a quell’articolo che l’islam “è la fonte principale di legislazione”.

Nel ’76 Assad padre aveva anche mandato le sue truppe (30mila soldati) in Libano “per mettere pace” tra i libanesi, con il beneplacito degli Stati uniti e la benedizione dello stesso Israele. Risultato: i soldati di Assad sono rimasti 30 anni in Libano, comportandosi da esercito di occupazione, distruggendo lo stato e le sue istituzioni, inventando una classe politica servile e irrispettosa di ogni regola o codice di comportamento civile e etico. Inoltre gli uomini dell’apparato di Assad e i suoi ufficiali hanno saccheggiato le ricchezze economico-commerciali del paese. Il saccheggio si è sposato al “dividi et impera”, aizzando forze e partiti gli uni contro gli altri, e le comunità l’una contro l’altra.

Sul piano palestinese, l’ex dittatore siriano che si era eretto a “difensore della causa del popolo arabo palestinese”, ha usato tutti i mezzi possibili e immaginabili per addomesticare l’Olp alla sua politica e mettere il leader palestinese Yasser Arafat sotto la tutela del regime siriano. Per Assad, il Libano e la Palestina erano “carte” da giocare e usare a piacere, sullo scacchiere regionale, sia per riscaldare la situazione sia per alzare il “prezzo” delle sue trattative con americani o israeliani, fin dai primi anni ‘Settanta. Successivamente l’Iraq diventò anche un altra “carta” che l’erede Bashar ha usato per trattare con gli Usa, o per ricattarli, mandando “volontari” di gruppi integralisti e “jihadisti” per compiere atti di terrorismo o di sabotaggio in Iraq, o dare rifugio a elementi di “al-Qaeda”.

Nella terza metà del suo regno (1990-2000), Assad padre iniziò a preparare il figlio primogenito Bassel per la sua eredità, passando da un regime dispotico a un regime dispotico-familiare. Nel 1994, l’erede però muore in un “incidente stradale” che venne attribuito a delle faide all’interno della stessa famiglia degli Assad. Allora, fu messo in pista il giovane oftalmologo, plebiscitato nel 2000 in seguito alla morte del padre. Parecchi in Siria e nel mondo arabo avevano sperato che il giovane presidente potesse avviare una nuova stagione di riforme del regime. La cosiddetta “Primavera di Damasco” – durata poco più di un anno – si rivelò un “fumo negli occhi”. Il figlio si scoprì più spietato dal padre. La campagna di arresti e repressione sferrata dal regime, già dal 2002, sorprese un po’ tutti. Le carceri sono riempite di attivisti per la difesa dei diritti dell’uomo e della libertà di espressione, e che sono rimasti a languire nelle prigioni per anni, senza processi.

Il loro decano, l’avvocato Haytham al-Maleh, oggi figura di spicco dell’opposizione, e’ stato rilasciato all’inizio della rivolta, nel marzo 2011, avendo compiuto 80 anni in carcere, arrestato più volte e mai processato. Tra le carceri del regime spiccano quello di Mazze, nella capitale Damasco, dove vengono detenuti e torturati palestinesi e libanesi, che poi vengono fatti scomparire (il Libano aspetta ancora di sapere il destino di centinaia di libanesi rapiti dalle truppe siriane in Libano), e quello di Saidnaya riservato agli oppositori e attivisti siriani, dove uno dei massacri commessi contro i detenuti l’ha compiuto proprio Maher il fratello di Bashar.

Intellettuali, scrittori e artisti sono stati quasi tutti esiliati in Europa e in alcuni paesi arabi. Dei giornalisti non ne parliamo perché non esistono giornali liberi o privati, solo giornali del regime dove campeggia quotidianamente la foto del presidente-dittatore Bashar. Come anche la tv di stato che apre il tg con i detti del presidente-dittatore. Una liceale di 19 anni, Tol al-Mallouhi, e’ stata arrestata nel 2010 e condannata a 5 anni di carcere per aver espresso nel suo blogg i suoi pensieri riguardo la causa palestinese. L’accusa: “complotto contro il regime” e “contatti con il nemico americano”!

Oggi, la Siria e’ governata da ben 17 servizi segreti, sotto il comando di una stretta cerchia della famiglia Assad: Bashar, il fratello Maher, la madre e il cognato. Poi ci sono i cugini Makhlouf che tengono la cassa. In questo “regno del terrore” scoppia la rivolta e si trasforma rapidamente in una sollevazione popolare generalizzata. Nasce quindi una opposizione “tricefala” tra l’interno e l’estero: I Comitati di coordinamento locali, il Coordinamento per il cambiamento democratico e il Consiglio nazionale.

1 – I Comitati locali sono i veri artefici della rivolta, organizzati rapidamente su tutto il territorio da giovani volontari che non appartengono a nessun partito; sono quelli della nuova generazione, nata sotto il regno degli Assad e che ha conosciuto soltanto l’operato e le pratiche del regime del Baath, ma che conosce anche tutto il repertorio delle nuove tecnologie nonostante il tentativo del regime di ritardarne l’accesso e controllarne la diffusione nel paese. Questi comitati nascono e si organizzano via internet (facebook, twitter e youtube), e organizzano la protesta su tutto il territorio. Così la rivolta si estende nei primi mesi a macchia d’olio riuscendo a sfuggire a ogni tentativo di controllo o di intervento diretto da parte delle forze speciali di Bashar. Ma l’aspetto ancora più importante e significativo e’ che tutti i giovani attivisti dei comitati che guidano la rivolta si muovono nella clandestinità. Chi esce allo scoperto sono i portavoce dei comitati, che tengono i contatti con i media, e quanti all’inizio della rivolta hanno trovato rifugio a Beirut, a Istanbul e poi al Cairo per motivi logistici e di coordinamento tra i comitati e l’estero. E per maggior sicurezza, i comitati hanno inoltre creato dei “comitati-ombra”, che sostituiranno i “titolari” in caso questi vengano scoperti o arrestati.

2 – Il Coordinamento per il cambiamento. Lo scoppio della rivolta ha praticamente sorpreso anche la vecchia generazione di militanti politici, scrittori e artisti, comunisti e nazionalisti, che si battevano già dai primi anni ’70 contro il regime del Baath. Gran parte di questi hanno allora creato il “Coordinamento per il cambiamento democratico”, il suo portavoce e’ Hassan Abdel-Azim, e raggruppa anche spezzoni di vecchie formazioni politiche tra ex comunisti e ex nazional-socialisti e nasseriani, oltre a personalità indipendenti come Michel Kilo e Fayez Sara. Il Coordinamento e’ una formazione che nasce sostanzialmente all’interno, ma ha ovviamente alcune delle sue figure all’estero. Rivendica la caduta del regime, ma si oppone a un qualsiasi intervento straniero, il regime gli ha strizzato l’occhio tentando di agganciarlo al finto dialogo che inventa di tanto in tanto, e al quale alcune personalità del Coordinamento hanno partecipato. L’altro giorno hanno rifiutato di partecipare all’ “incontro degli amici della Siria” tenutosi a Tunisi per protestare contro il tentativo di dichiarare il Consiglio nazionale come unico e legittimo rappresentante del popolo siriano.

3 – Il Consiglio nazionale, guidato oggi dal professore alla Sorbona Burhan Ghouliun, nasce invece all’estero, a Istambul, e comprende la maggioranza degli oppositori dell’estero e dell’interno, figure di spicco, come l’ottuagenario giurista Haytham Al-Maleh, politici e intellettuali. I parecchi giovani che siedono nel Consiglio nazionale in rappresentanza dei Comitati locali garantiscono il collegamento con l’interno e rendono il Consiglio il più popolare tra la popolazione nelle città in rivolta. Il Consiglio comprende anche un folto gruppo dei “Fratelli musulmani” spalleggiati dalla Turchia di Erdogan. E gode anche dall’appoggio dalla stramaggioranza dei paesi arabi, dalla Francia e da gran parte degli europei. Loro insistono per un “intervento umanitario per proteggere i civili” oramai in preda alla macchina di guerra di Bashar che uccide con una media di 100 vittime al giorno.

4 – Poi, viene l’ Esercito siriano libero formato dai soldati che hanno disertato l’esercito del regime e che nonostante le scarse e ridotte armi a disposizione sono riusciti a far fronte alle brigate di Bashar, liberare alcune città e garantire una protezione alla popolazione. E sembra che tutte le anime dell’opposizione siano d’accordo per sostenerlo e considerarlo il braccio armato dell’opposizione. I Comitati locali sono i veri militanti che si muovono sul terreno tra la gente, e sono quindi l’ossatura portante della sollevazione. Sono di conseguenza poco inclini al compromesso, e cosi sembrano garantire solidità e continuità alla sollevazione nonostante i tentativi del regime di soffocare la sollevazione e nonostante il fallimento della Lega Araba a imporre la partenza del “piccolo dittatore” o almeno costringerlo a far marcia indietro.

E’ ovvio però che col passare dei mesi e con l’inferocimento della banda degli Assad contro la popolazione che continua a manifestare pacificamente, il pericolo di una militarizzazione della rivolta diventa maggiore. Ma e’ lo stesso regime a spingere nella direzione di una guerra civile che giustificherebbe la sua guerra di sterminio. Ed è anche vero che potrebbero avere il sopravvento le ali più radicali e più disposte al confronto militare. Però è altrettanto vero che la popolazione è giunta a quasi un anno della sua rivolta pacifica, è legittimo allora chiedersi perchè deve poter continuare a resistere e a morire? E per quale motivo o ideale devono esporsi ai bombardamenti dei cannoni dei carri armati e dell’aviazione di Bashar e lasciare che si ammazzino e si massacrino uomini, donne, vecchi e bambini (circa 500)?

Infine, due ferme considerazioni:
– Credo che l’obiettivo primario e fondamentale sia quello di smantellare un regime così totalitario e repressivo, spietato, cinico e disumano, e di processare Bashar e la sua stretta cerchia. E su questo non c’e’ ragione che tenga e non può esistere nessuna scusa o giustificazione.

Le rivoluzioni ideali “belle” e “pulite” che sanno prevedere tutto non esistono, e non sono mai esistite. Ma chi verrà in Siria dopo Assad non sarà mai peggio di lui, di suo padre e del regime del Baath, che oltre agli Assad ha fatto dono al museo degli orrori anche del regime di Saddam Hussein in Iraq. Non si può pretendere quindi da una opposizione quasi clandestina e repressa per oltre 40 anni, e che non ha mai potuto operare in un clima di libertà, di essere democratica e garantista o di non subire pressioni o influenze estere. Tuttavia, un’ opposizione così composita e politicamente variopinta e’ una garanzia di pluralismo o comunque preannuncia un futuro di una vita politica aperta a esperienze nuove.

* Ex corrispondente de Il Manifesto

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Uccidere civili e soldati come fanno i gruppi armati in Siria, aiuta forse la democrazia? O aiuta la guerra civile?”

Iyad, giovane siriano di Damasco, risponde all’articolo di Saad Kiwan

Come cittadino siriano vorrei rispondere all’articolo del giornalista palestinese Saad Kiwan. Ho potuto leggerlo perché conosco l’italiano.

Mi trovo costretto a replicare quasi parola per parola…Comincio con questo messaggio.

Prima di tutto una considerazione: qualunque fosse la natura del governo siriano, si stanno avviando riforme verso la democrazia ma la domanda è: chi respinge queste riforme, ora? E quel che sta avvenendo in Siria, ha rapporto con queste riforme? Uccidere civili e soldati come sta avvenendo da mesi (anche se la colpa dei masacri è gettata sulle spalle dell’esercito) aiuta forse la democrazia? O aiuta la guerra civile? Sabotare le infrastrutture del paese aiuta la riforma o porta a una massiccia devastazione?

E anche, mi chiedo se lo scrittore palestinese abbia il diritto di analizzare la scena politica siriana a partire dagli anni 1960 del secolo scorso! Perché non si occupa del proprio occupata paese? E se è interessato al popolo arabo, perché non parla della condizione del popolo arabo in Arabia Saudita, Bahrain…quei governi sono un esempio?

Non appartengo al partito Baath ma dal momento che Saad Kiwan sembra soffrire notte e giorno a causa del partito Baath siriano (più che a causa di Israele) vorrei comunque ricordare alcuni punti positivi sul partito Baath stesso. 1) È stata superata l’era delle due classi distinte, ricchi e poveri, ed è stata creata un’ampia classe media che è diventata maggioritaria.) 2)  La rivoluzione del 1963 si è fondata sui poveri e non avrebbe potuto avere successo se non fosse stata sostenuta dalla maggioranza dei siriani. 3) Prima del 1963 per legge al popolo alauita  era proibito avere ruoli di rilievo nell’esercito; per il Baath tutti i cittadini sono uguali. 4) Solo dopo la rivoluzione del Baath lo stato (o chiamatelo pure regime se volete, non importa) ha fornito cure sanitarie e istruzione gratuita per tutti. Lo scrittore palestinese deve ammettere che molti libanesi vengono in Siria per un trattamento sanitario. 5) Il Baath ha sempre ritenuto centrale la causa dei Palestinesi. Lo scrittore (purtroppo palestinese) non può non sapere quanto la Siria abbia pagato per questo – lo sanno bene americani, europei e israeliani – ed è per questo che molti scrittori sono pagati per attaccare la Siria. 6) Il Baath ha aperto le porte della Siria a tutti gli arabi. Niente visto, istruzione gratuita…e ha accordato ai palestinesi, in particolare, lo stesso status accordato ai cittadini siriani. 7) Nello stesso Libano ai palestinesi non è permesso lavorare in tutte le professioni, se non come assistenti di cittadini libanesi. Invece, ad esempio, il direttore della tivù siriana è palestinese. 8) Non è giusto considerare “sciovinista” il Baath. Per esempio, cittadini armeni vivono in Siria in pace, godendo della piena cittadinanza come siriani eppur potendo mantenere cultura, scuole e chiese e lingua. E quanto ai curdi, il problema è che alcuni curdi nel nord vogliono separarsi, non integrarsi in Siria. Gli armeni, che non vogliono separarsi dalla Siria, non hanno problemi. 9) Il Baath non ha annullato gli altri partiti; il “Fronte nazionale progressista è formato da diversi partiti. Il Baath ha imposto la propria leadership (e questo non mi piace) ma posso dire: se fosse vero che gli altri partiti della coalizione non contano nulla, perché avrebbero accettato di farne parte? Dal momento che sono forti abbastanza da lavorare autonomamente (penso al partito Comunista e al Syrian National Party).

L’autore nomina l’articolo 8: Ehi! E’ il passato! Avremo una nuova costituzione in Siria! Una nuova legislazione per i partiti politici senza alcun privilegio per un partito o un altro. Già 8 nuovi partiti si sono formati, in seguito alla nuova legge.

Suggerisco allo scrittore di curarsi un po’ di più della democrazia in Arabia Saudita che non ha nemmeno una costituzione!! Perché non scrive qualcosa sull’Arabia Saudita?

Sul “massacro di Hama”. In primo luogo, non possiamo sapere cose avvenne esattamente, soprattutto considerando le tante menzogne dei media su quello che avviene oggi in Siria, con I media che accusano l’esercito di compiere massacri mentre la popolazione stessa chiede all’esercito di essere protetta dai terroristi reclutati dai petromonarchi e dagli ipocriti del “mondo libero”.

Kiwan ha già parlato di Rifat Al-Assad, ed è noto che Hafez Al-Assad era in ospedale durante gli eventi di Hama, quando i Fratelli musulmani cercarono di controllare la città. E fu Rif’at Al-Assad a “gestire” la situazione allora…Lo stesso Rif’at Al-Assad che adesso è dalla stessa parte dello scrittore, nel cosiddetto “Libero esercito siriano”, e adesso in armi si oppone a qualunque riforma tentata dal governo siriano. Kiwan dice che l’Occidente negli anni 1980 rimase silenzioso sul massacro di Hama perché l’Occidente voleva sostenere lo stato laico contro i terroristi islamisti; cosa è cambiato adesso? L’Occidente adesso non sta sostenendo gli stessi islamisti? E i media, stanno assumendo un ruolo neutrale come la professione impone loro oppure no?

Sulla nuova costituzione. Il “dittatore” Bashar Al-Assad non ha preso parte alla sua formulazione; lo ha fatto una commissione di 29 membri, e riguardo all’art. 3 che stabilisce che il presidente debba essere musulmano, è stato adottato a maggioranza fra i 29, dopo un’accesa discussione, on uno dei membri che si è seduto di fronte al parla mento per protestare. Hanno comunque spiegato che il parlamento potrà modificare la costituzione stessa, dunque l’articolo in questione non è permanente. Sono fra quei siriani che lavoreranno – politicamente, non con le armi – per cambiare questo articolo.

(Traduzione di Marinella Correggia)

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