Migliaia di profughi palestinesi dai campi disseminati nei paesi confinanti sono arrivati alle frontiere con Israele, hanno forzato i reticolati e in alcuni casi sono riusciti a li superarli con una invasione simbolica.
Ai confini lungo la striscia di Gaza, alla frontiera del Libano e sul Golan verso la Siria, in occasione della Nakba (l’espulsione violenta di ottocentomila palestinesi nel ’48 a seguito della nascita dello Stato di Israele) è scattato pesantissimo l’intervento delle truppe e della polizia israeliani.
Il bilancio provvisorio è di numerosi morti, in parte sul confine libanese, parte lungo quello sirianio e poi su quello di Gaza. Testimoni raccontano che i palestinesi dei campi profughi nel Sud del Libano si erano radunati nel villaggio di Maroun a-Ras per celebrare la Nabka. Da qui si sono fatti strada fino al vicino confine israeliano, lanciando sassi oltre il confine. “Vogliamo indietro la nostra terra”, gridavano i profughi. Superato lo sbarramento dell’esercito libanese, hanno forzato le barriere al confine sono entrati in territorio israeliano dove i soldati hanno aperto il fuoco.
Sul Golan i manifestanti palestinesi non hanno trovato alcuna resistenza da parte delle forze armate siriana. Hanno sfondato il reticolato e a migliaia hanno invaso Majdal Shams. E’ un villaggio druso sulle alture occupate dagli israeliani nella guerra del 1967. Anche qui i soldati di Israele hanno sparato. Come più a Sud al confine di Gaza, al valico di Erez, dove i palestinesi hanno ripetutamente cercato di entrare in territorio israeliano.
Ma incidenti e scontri sono avvenuti anche in Cisgiordania: a Gerusalemme Est, al passaggio di Kalandia e vicino ad altri posti di blocco israeliani.
Oggi era il giorno della Nabka che tutti i palestinesi, sia nei Territori Occupati che nei campi profughi della diaspora, celebrano e ricordano come “catastrofe”. Secondo alcuni osservatori, in Cisgiordania era dai giorni della seconda Intifada, che non ne accadevano scontri così violenti. E mai i palestinesi della diaspora, quelli dei campi profughi, erano finora arrivati ai confini d’Israele. In qualche modo anche la giornata della rabbia palestinese appare come una conseguenza della Primavera araba. Per i palestinesi questa Primavera è soprattutto la liberazione dei Territori Occupati dagli israeliani. Anche al Cairo, la manifestazione di venerdì in piazza al-Tahrir, era stata dedicata per la prima volta a questo.
Il bilancio più grave è alla frontiera tra Israele e Libano. Secondo fonti della sicurezza di Beirut citate dal sito ‘Ynet’, almeno 10 manifestanti palestinesi sono rimasti uccisi nell’area di Maroun a-Rs Vittime palestinesi ci sono state poi sulle Alture del Golan, alla frontiera tra Israele e Siria. Anche quattro manifestanti siriani sono rimasti uccisi nel villaggio druso di Madj al-Shams, probabilmente da fuoco israeliano, ha riferito il sito ‘Ynet’, spiegando che i militari israeliani avevano iniziato a sparare in aria per impedire ai manifestanti di superare il confine.
Incidenti anche al confine con la Striscia di Gaza. Qui i militari israeliani hanno aperto il fuoco verso la città di Beit Lahiya, nel nord, ferendo almeno 45 persone che partecipavano al ‘Nabka day’. Secondo il capo dei servizi di emergenza di Gaza, Adham Abu Salmeya, gli israeliani hanno dapprima lanciato un fumogeno e quindi tre colpi di artiglieria.
Salmeya ha precisato che tra i feriti ci sono molti bambini, perché una gran folla di persone stava partecipando alla manifestazione. Migliaia hanno partecipato alla marcia di Ramallah sventolando bandiere. Le forze della sicurezza palestinese hanno però impedito alla folla di raggiungere il checkpoint Qalandia presidiato dai militari israeliani. A Gaza, per la prima volta in quattro anni, i sostenitori di Fatah e Hamas hanno marciato insieme e i leader di tutte le organizzazioni sono intervenuti insieme nelle manifestazioni. E’ il segno che l’accordo di riconciliazione nazionale sta dando i suoi frutti positivi anche in direzione della resistenza comune all’occupazione israeliana.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, anche in questo caso si è trovato nel posto sbagliato ed ha rilasciato dichiarazioni sbagliate. Napolitano si trova infatti in Israele, uno Stato e un politica con cui ha avuto da sempre un feeling particolare, fin da quando come responsabile esteri del PCI negli anni ’80 sdoganò le relazioni ufficiali non solo con il Partito Laburista di Perez ma con tutto l’impianto della politica israeliana. ”L’Italia sostiene fermamente il diritti di Israele di esistere e di esistere in sicurezza” ha sottolineato oggi il presidente Napolitano a Gerusalemme rispondendo ad una domanda sulla giornata della Nakba, aggiungendo che quindi ”non e’ accettabile considerare la fondazione dello Stato di Israele un disastro, al di la’ delle interpretazioni che nel mondo arabo si danno di quell’evento storico”.
A Roma, già oggi pomeriggio (domenica) si è tenuta una manifestazione di protesta davanti all’ambasciata israeliana. Nuovo appuntamento domani a piazza San Marco e in tutte le città.
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La repressione israeliana non può fermare la Primavera araba anche in Palestina
Solidarietà con i palestinesi. Basta con la complicità dell’Italia con la politica israeliana
Lunedì 16 maggio ore 17.30 manifestazione a Piazza San Marco
comunicato del Forum Palestina
Il diritto al ritorno e l’autodeterminazione del popolo palestinese non possono continuare ad essere negati da Israele e dalle istituzioni internazionali.
Migliaia di profughi palestinesi dai campi disseminati in Libano, in Siria, a Gaza hanno di nuovo imposto all’agenda politica del Medio Oriente e a livello internazionale la questione palestinese.
La Giornata della rabbia palestinese ha coinciso con l’anniversario della Nakba, l’anniversario della pulizia etnica del’48 da parte del nascente Stato di Israele
Il bilancio provvisorio è di numerosi palestinesi uccisi e feriti, in parte sul confine libanese, in parte lungo quello sirianio e poi su quello di Gaza. Ma incidenti e scontri sono avvenuti anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Manifestazioni, nonostante i divieti, sono avvenuti anche tra i palestinesi che vivono in Israele. Tutte le Palestine oggi sono tornate ad essere una sola Palestina in lotta per affermare nuovamente il diritto all’autodeterminazione, ad una pace fondata sulla giustizia e dunque anche sul diritto al ritorno dei profughi palestinesi. A Gaza, per la prima volta in quattro anni, i sostenitori di Fatah e Hamas hanno marciato insieme e i leader di tutte le organizzazioni sono intervenuti insieme nelle manifestazioni. E’ il segno che l’accordo di riconciliazione nazionale sta dando i suoi frutti positivi anche in direzione della resistenza comune all’occupazione israeliana.
Non possiamo non denunciare ancora una volta la complicità delle istituzioni italiane con la politica israeliana. Non solo il governo Berlusconi ma anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che si trova in visita in Israele, anche in questo caso si è trovato nel posto sbagliato ed ha rilasciato dichiarazioni sbagliate. Il Presidente Napolitano ha affermato di condividere pienamente la politica del governo Berlusconi su Israele e Palestina e proprio in occasione della giornata della Nakba palestinese ha affermato ”non e’ accettabile considerare la fondazione dello Stato di Israele un disastro, al di la’ delle interpretazioni che nel mondo arabo si danno di quell’evento storico”.
Con le manifestazioni di oggi, la giornata della rabbia palestinese è entrata come protagonista nella Primavera araba e dei movimenti che intendono cambiare l’assetto politico del Medio Oriente. L’occupazione e l’apartheid israeliano non potevano pensare di rimanere immuni al vento che sta cambiando nella regione.
Già domenica pomeriggio attivisti solidali con la Palestina, protagonisti della grande e bella manifestazione di sabato a Roma hanno manifestato davanti all’ambasciata israeliana e chiamano a mobilitarsi nuovamente per lunedì 16 maggio in piazza San Marco alle ore 17.30.
Roma, 15 maggio
Il Forum Palestina
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