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Il debito di Roma Capitale

La giustificazione, imputabile alla considerazione degli oneri intrinseci alla sua funzione e quindi alla sua non facile omologazione alla gestione degli altri locali, non esclude affatto, anzi  ne dovrebbe imporre una ancor più marcata trasparenza. In generale, sarebbe scorretto analizzare lo stato debitorio di un Ente pubblico come categoria contabile a sé stante. Il debito è infatti la  voce che, per ragioni opposte, assume nell’immaginario collettivo perché richiama l’ elemento potenziale della necessità del ricorso all’esazione fiscale, ma è anche derivato da un tradizionale orientamento della scienza di contabilità pubblica nazionale che, fin dallo Stato Unitario, ha stabilito la tenuta dei conti secondo i movimenti di “cassa” e non di “competenza”. In questo quadro, l’ultima delle tante leggi di riforma della contabilità e del bilancio, (legge 196 del dicembre 2009) non è andata molto oltre una ribadita esigenza di trasparenza e di leggibilità, e non risulta nemmeno, almeno a livello locale, avere indotto a revisione alcuna della contabilità pubblica.

Un comunicato dell’agenzia Ansa, lo scorso febbraio, rendeva noto un colloquio del Presidente del Consiglio Monti con il sindaco di Roma Alemanno. Due appaiono gli aspetti fondamentali illustrati dal sindaco al capo del debito capitolino: la povertà di risorse finanziarie della città e la necessità di far cassa con la vendita degli immobili più preziosi della città.

Chi ha superato i 40 anni e può ripercorrere con la memoria altre stagioni politiche, fin dagli anni del secondo dopoguerra, avrà difficoltà e ricordare il problema finanziario del Comune di Roma, come elemento primario delle scelte politiche e amministrative della città. Il problema del reperimento dei mezzi finanziari non assumeva mai, almeno ufficialmente o mediaticamente un aspetto di carattere dirimente. Ogni programma e ogni iniziativa non era mai analizzata sul piano della convenienza, mai sul controllo preventivo delle risorse per farvi fronte. E’ stata una mentalità che, nell’ immaginario collettivo, sembrava sempre inesistente e lo stesso recente dibattito sulla candidatura di Roma a sede delle Olimpiadi 2020 ha dimostrato ampiamente il grado di scarsa consapevolezza dei limiti finanziari che caratterizzano i bilanci tutti, comunali, regionali o nazionali che siano.

Olimpiadi a parte, possiamo dire che lo stato di indebitamento del Comune di Roma ha cominciato ad entrare nella coscienza della pubblica opinione e trovare i primi, peraltro timidissimi, riverberi mediatici con l’ avvenuto ricambio politico – amministrativo dopo la vittoria elettorale del centro destra guidato da Alemanno che sostituisce Walter Veltroni  alla guida della città. Ma, stranamente, i primi riscontri su uno stato amministrativo delle finanza comunali non  varcano la linea di confine di qualche finestra delle pagine interne dei giornali ma senza assumere il profilo netto di una denuncia dello stato effettivo delle finanze comunali: le quali tuttavia dovevano essere note a qualcuno, per determinare la designazione a Commissario al bilancio del Comune dello stesso sindaco Alemanno sintomo evidente di una situazione non scevra di rilevante preoccupazione futura. La circostanza più curiosa, per gli osservatori più avvertiti, era semmai rappresentata dal presumibile interesse che il Sindaco avrebbe dovuto avere nella divulgazione dei dati di bilancio, specie tenendo presente la duplice responsabilità di Alemanno, visto nelle sue funzioni di sindaco e di commissario al bilancio (circostanza frequente ma assai poco comprensibile  nel sistema  amministrativo degli Enti locali per l’ evidente incompatibilità delle due funzioni nella stessa persona).

Arriviamo alla primavera inoltrata del 2010 e, a sorpresa ma nel silenzio stampa quasi completo, viene comunque reso noto un rapporto di circa  trecento pagine della Sezione Lazio della Corte dei Conti sul bilancio della città la cui lettura, per quei pochissimi che ne hanno avuto voglia, è altrettanto stupefacente per le cose che dice ma ancor più per quelle che non dice o meglio per quelle cose che non riesce a dire per l’ evidente tortuosità delle scritturazioni contabili, chiaramente denunciata nello stesso rapporto, che ne impedisce di fatto la leggibilità. Qualche dato emerge, anche rilevante, sulla situazione capitolina e riguarda lo stato debitorio del Comune di Roma, calcolato sugli 8 miliardi circa al momento dell’ avvicendamento di giunta ma al netto delle partecipate del Comune stesso.  Una precisazione del Comune poi, senza alcun corredo di spiegazioni esaurienti e aggiuntive, farà subito ascendere il debito della Capitale a livelli che si aggirano sui tredici miliardi.     

Il rappresentante politico più sensibile (insieme ad alcuni articoli pubblicati tra il 2009 e il 2011 da Liberazione a firma del consigliere PRC-FDS del Municipio Roma 19), nell’apparente indifferenza dei partiti presenti in Consiglio Comunale, ora Assemblea Capitale, risulta essere il segretario cittadino dell’associazione Radicali Roma (Riccardo Magi) che compie due mosse: presenta un esposto alla Procura sul debito e convoca una conferenza stampa, alla quale non si presenta alcun rappresentante politico e nemmeno una testata giornalistica (SIGH). Il prevedibile finimondo a livello politico non si verifica, nessun esponente importante sembra dolersi più di tanto: circostanza tattica comprensibile nell’ambito della rappresentanza  politica di centro sinistra e specie del Pd che, di certo, non saprebbe interpretare una così rovinosa immagine amministrativa in comparazione con il celebrato e – solo presunto – vincente aforisma incastonato nel diffuso  “Modello Roma” con cui aveva interrotto la consiliatura precedente nel febbraio del 2008.  

CONCLUSIONI.

Le continue deroghe previste negli anni trascorsi dal Governo e concesse al Comune con il silenzio dell’opposizione, non sono di certo da Paese civile, ma risultano essere solamente un pacchiano tentativo di salvare i conti e le poltrone, distruggendo così lo stato di diritto. Quanto sopra riportato evidenzia il disprezzo delle regole di questo Governo, della maggioranza capitolina e la connivenza dell’attuale opposizione. Il TUEL è molto preciso sui tempi, modi e strumenti per l’individuazione di un piano di risanamento. E determina chiaramente il ruolo degli organi ordinari e straordinari con le relative responsabilità e competenze, di fronte alle istituzioni dello Stato e ai cittadini, in merito al dissesto finanziario dell’ente locale. A noi tutti e tutte il compito urgente di Liberare Roma.

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