Dalla Grecia, al Portogallo passando per l’Italia, la Spagna e i Paesi baschi, il conflitto di classe è affrontato dalla borghesia europea con la repressione sistematica dei movimenti e delle organizzazioni di classe. In Italia, per esempio,nel tentativo di contrastare le lotte dei movimenti sociali conflittuali e dei sindacati di classe, vengono dichiarate zone di interesse strategico nazionale e quindi sottoposte a controllo dell’esercito, le aree destinate alla realizzazione della TAV in Valle di Susa, le discariche di rifiuti in prossimità dei centri abitati in Campania e recentemente anche il sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense (MUOS) a Niscemi in Sicilia. Grazie all’egemonia che esprimono sul proprio territorio e alla radicale determinazione nella lotta, questi movimenti hanno assunto un rilievo nazionale. In questi come in altri casi alla repressione violenta delle manifestazioni da parte della polizia, si associa la magistratura con la maggiorazione delle pene e con un accanimento giudiziario parossistico sostenuto dai media borghesi. A conferma della rottura del quadro delle compatibilità, quotidianamente arrivano notizie di manifestazioni conflittuali, sindacali , studentesche, di lavoratori anche non organizzati, di occupanti di case e migranti, che vengono attaccate dalle forze di polizia, con il consueto strascico di arresti e processi.
Di pari passo, con la costruzione del polo imperialista Europeo, si è andata rafforzando la collaborazione tra gli apparati repressivi dei diversi paesi. Solo nell’ultimo mese la magistratura e la polizia italiane hanno arrestato la compagna turca Seda Aktere e nonostante la mobilitazione dei compagni nelle diverse città italiane, il compagno basco Lander Fernandez è stato consegnato allo Stato spagnolo.
Rivendichiamo la liberazione degli oltre 600 prigionieri politici baschi sparsi in quattordici paesi, vittime di un sistema giudiziario di stampo terrorista, quello introdotto dal PSOE con la dottrina Parot, che determina la crescita esponenziale delle pene detentive e della prigionia. Una barbarie che si accanisce contro i compagni detenuti, privandoli della dovuta assistenza sanitaria. Il rifiuto della trattativa da parte di Madrid è accompagnato da una recrudescenza della repressione come dimostrano l’arresto di decine di militanti sindacali, tra cui il compagno Rafa Diez, Segretario Generale della LAB. L’accanimento contro le nuove generazioni di militanti e le organizzazioni giovanili mostrano chiaramente il disegno repressivo contro le organizzazioni della sinistra indipendentista basca. Al metodo terrorista utilizzato dallo Stato spagnolo, cui risponde, con tenacia il popolo basco, come si è visto nella grande manifestazione di Bilbo del gennaio scorso, e con la nuova stagione di resistenza popolare praticata con la disubbidienza civile, delle aske gunea a Donostia, Ondorroa e in tutta l’Euskal Herria.
L’UE non accetta di essere messa in discussione e per questa ragione offre il pieno sostegno al governo spagnolo nella repressione della sinistra patriottica basca, in questo senso l’autoritarismo dell’UE raccoglie e fa sue le prassi liberticide, compresa la tortura praticate dallo Stato spagnolo, che continua a far uso degli strumenti repressivi ereditati dal franchismo, adeguandoli al cosiddetto corso democratico. Una barbarie che si accanisce contro i compagni detenuti, non solo con la tortura ma persino negando la dovuta assistenza sanitaria ai malati più gravi. Due compagni Xabier López Peña “Thierry” e Angel Figueroa, hanno pagato con la morte questo infame trattamento, e altri 15 compagni sono prigionieri nonostante la condizione di malati terminali. La solidarietà internazionalista deve stringersi intorno a questi compagni e alle loro famiglie, denunciando la barbarie dello Stato spagnolo ed esigendo la liberazione immediata.
Se l’Unione Europea si caratterizza come lo strumento del dominio e dell’oppressione capitalista, a questo deve rispondere un rafforzamento dell’unità di classe tra i lavoratori dei paesi dell’area euro afro mediterranea e dei Balcani. Una solidarietà di classe che punti alla rottura del polo imperialista europeo rivendicando e costruendo una prospettiva politica anticapitalista e socialista.
Attraverso le nostre strutture politiche, i nostri siti d’informazione, al sindacalismo conflittuale e di classe, ci sentiamo parte dell’ herri harresia, il muro popolare che ha difeso compagni e compagne dall’accanimento dello Stato spagnolo.
La lotta del popolo basco da sempre parla il linguaggio universale della resistenza, dell’antifascismo e dell’antimperialismo, nelle manifestazioni e nella pratica politica della sinistra indipendentista l’ikurrina basca, si accompagna alla bandiera palestinese e a quella cubana.
E’ con questo stesso spirito internazionalista che il 17 aprile a Roma, Bologna e in altre città italiane, la Rete dei Comunisti insieme ad altre forze ha costruito intorno alla giornata internazionale del prigioniero politico palestinese, delle manifestazioni che reclamavano la libertà per tutti i detenuti politici rivoluzionari e anticapitalisti.
Nel nostro appello ricordavamo come “l’accusa contro questi uomini e donne, contro questi compagni rivoluzionari, è quella di resistere combattendo contro la violenza dell’occupazione imperialista e contro l’ingiustizia sociale.” e che “la lotta del popolo palestinese non è diversa e non può essere separata dalla lotta di quanti in tutto il mondo si battono per il progresso, l’indipendenza e l’autodeterminazione del proprio popolo; è lo stesso sistema d’interessi economici e politici imperialisti che, in forme diverse da paese a paese, impone il suo brutale dominio a danno dei popoli”.
I palestinesi pagano un prezzo altissimo per la loro resistenza, per questo abbiamo voluto dare forza e sostegno alla lotta che gli oltre 4.800 prigionieri portano avanti da oltre due anni contro un impianto di detenzione brutale, per il rispetto dei diritti umani e la fine del sistema di detenzione amministrativa e della tortura. Una lotta drammatica, che è condotta con forme diverse ma con uguale determinazione da uomini e donne del popolo, come Samer Issawi, semplici militanti insieme a dirigenti politici come Ahmed Saa’dat e Marwan Barghouti.
L’occupazione sionista della Palestina è parte del sistema di dominio imposto dall’imperialismo statunitense ed europeo. Questa stessa alleanza che nega al popolo palestinese il diritto a uno Stato indipendente e sovrano oggi promuove una nova stagione di aggressione imperialista per mettere le mani sulle ricchezze e aree strategiche. Così dopo le guerre umanitarie all’Iraq, la guerra civile in Libia e le ripetute aggressioni contro il Libano oggi le potenze coalizzate nella NATO insieme alle petromonarchie e Israele hanno preso di mira il popolo siriano e puntano verso un aperto conflitto militare.
Di questo dispositivo di aggressione fa parte a pieno titolo lo Stato turco, che grazie alla crescita economica, legata a un liberismo in versione islamica, ha riscoperto un’ambizione regionale. Con il pieno sostegno dell’UE, la Turchia continua condurre la sua guerra sporca contro il movimento di liberazione curdo. Aldilà delle frasi di circostanza, la detenzione di Abdullah Ocalan nel carcere di Imrali, è circondata dal silenzio complice delle istituzioni europee, che ignorano le migliaia di prigionieri politici turchi e curdi. Una pagina di questa vergognosa complicità è stata scritta a Parigi, con l’assassinio delle tre compagne, sono le stesse complicità che nel 1998, portarono alla consegna di Ocalan alla Turchia da parte del governo D’Alema. La borghesia europea vuole la normalizzazione del conflitto ad ogni costo e non si fa nessuno scrupolo.
La crisi sistemica sta rendendo sempre più aspra la competizione tra i poli imperialisti e tra questi e i BRICS, accentuando al tempo stesso la tendenza alla guerra di rapina e all’aggressione in diverse aree del mondo dall’Africa alla Corea. In questo quadro il percorso di transizione al socialismo dei paesi dell’ALBA latino americana, con la rottura verso le politiche del FMI e della BCM rappresenta un grave colpo per i paesi imperialisti. Tanto più che oggi, questi paesi socialisti insieme ad altri governi progressisti latino americani hanno avviato una cooperazione solidale, egualitaria e di complementarietà. Una scelta contrastata, con ogni mezzo dagli USA e anche dall’UE, che sostengono i piani golpisti delle oligarchie reazionarie, come quello recentemente sventato nel Venezuela bolivariano grazie alla vigilanza rivoluzionaria e alla straordinaria mobilitazione popolare. L’imperialismo non accetta chi si ribella al suo dominio, chi resiste e costruisce processi socialisti consolidati e per questa ragione da oltre 50 anni attacca la rivoluzione cubana con il blocco economico, con la guerra diplomatica e con il terrorismo. Quattordici anni fa Cinque agenti cubani furono arrestati e trattenuti come ostaggi politici nelle carceri statunitensi, con l’unica accusa di aver scoperto e denunciato e ostacolato la violenta attività eversiva di formazioni terroristiche anticubane, promosse e sostenute dai diversi governi repubblicani e democratici che si sono succeduti alla guida degli Stati Uniti.
La grande campagna internazionale per la liberazione dei Cinque, quest’anno ha raggiunto un primo e importante risultato riportando a Cuba Renè. Non possiamo né vogliamo abbassare la guardia e, la mobilitazione della campagna fino a quando Ramon, Gerardo, Antonio e Fernando non avranno giustizia e potranno tornare nella loro patria e riabbracciare le loro famiglie.
Il diritto di resistenza, questo è ciò che il sionismo, l’imperialismo e lo Stato spagnolo vogliono seppellire nelle carceri. Sosteniamo la lotta dei prigionieri politici palestinesi, baschi, curdi dell’America Latina, chiediamo con forza la liberazione loro e dei quattro compagni cubani, questi uomini e donne sono la migliore espressione del fronte più ampio di resistenza contro gli imperialismi, li vogliamo liberi.
Libertà per i detenuti politici baschi, palestinesi, curdi, per i 4 eroi cubani.
Libertà per tutti i rivoluzionari anticapitalisti e antimperialisti.
Rete dei Comunisti – Commissione Internazionale
(intervento alla Conferenza di Elizondo, Euskadi, sulla questione della repressione e dei prigionieri politici)
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