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Il “Doppio Livello” che (de)stabilizza l’Italia

«La Strage di Capaci è al 90 per cento di mafia, il resto lo hanno messo altri, per quella di via D’Amelio siamo al 50 e 50 e per le stragi sul continente la percentuale mafiosa scende vertiginosamente» Parola di Luca Cianferoni avvocato di Totò Riina durante un colloquio con l’autrice de “Doppio Livello – Come si organizza la destabilizzazione in Italia” (Chiarelettere, aprile 2013 pagg. 459) 

La dichiarazione del legale di Riina (il quale è stato colto da un malore durante la II udienza del processo Stato-Mafia in corso a Palermo dal 27 maggio) si trova verso la fine della lunga e precisa inchiesta di Stefania Limiti recensita per la prima volta sulle pagine del Venerdì di Repubblica a firmaPiero Melati il 15 aprile (articolo ripreso dal sito Antimafia2000 qui ) 

Dopo la recensione si è svolta una polemica tranchant fra l’autrice del libro e il PM Domenico Gozzotitolare insieme a Sergio Lari, per la Procura di Caltanissetta, delle indagini sulla strage di Capaci che 21 anni fa spezzò la vita del giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i ragazzi della scorta. Polemica arricchita dalle voci dello stesso Melati e di un altro giornalista che si occupa di mafia,Francesco Vitale. Se questo fosse stato utile a una campagna pubblicitaria (i riferimenti tra botta e risposta si trovano sempre nel sito Antimafia 2000 per chi volesse approfondire clicca qui ) sarebbe anche stato legittimo. Così non è, perché il libro fatica a trovare la giusta diffusione come invece ad esempio succede per il recentissimo “L’uomo che sussurra ai potenti” dello stesso editore, dove l’uomo che sussurra è Luigi Bisignani: condannato in via definitiva per l’inchiesta sulla P4, per la quale sta scontando una pena alternativa al carcere come predisposto dai PM.

La dichiarazione di Cianferoni, invece, riassume tutto il senso del libro di Stefania che ricostruisce a livello storico-politico, ma soprattutto con l’incidenza di fatti spesso poco o nulla noti, il doppio livello che ha caratterizzato la strategia della tensione in Italia. Con nuove testimonianze, frutto di interviste con l’autrice, e fatti giudiziari delle varie inchieste protrattesi negli anni, che, seppure non hanno portato a una soluzione di diritto, restano lì come fatti incontrovertibili a ricostruire la storia più recente del nostro paese. E così il libro rivela: il percorso svolto dagli agenti della rete atlantica, l’influenza e l’azione di questa in Italia in merito ai vari organismi clandestini nati spesso all’ombra di uno Stato legale, il vero volto di Ordine Nuovo nato nel ’56 e sciolto nel ’73, la cui fondazione va al di là di quella di un partito quando si rivela essere stato un vero e proprio servizio segreto. E ancora i diversi ruoli svolti a tutti i livelli da personaggi della politica e delle istituzioni: in particolare alla figura di Andreotti da poco deceduto viene dedicato un intero capitolo, “L’uomo del doppio livello”.

Oltre a questo, però, l’aspetto innovativo della tesi giornalistica che riscrive gli avvenimenti più sanguinosi che hanno segnato l’Italia, già a partire da Portella della Ginestra passando per Piazza Fontana fino appunto a Capaci, è l’aver spiegato l’utilizzo di una tecnica di origine militare, quella delle False Bandiere (che si accosta alle operazioni di camuffamento) come elemento sempre presente nelle dinamiche delle stragi italiane o negli attentati. Il filo che riannoda gli ultimi avvenimenti ai fatti più lontani è la voce di un ex gladiatore che fornisce spunti di conferma alla ricostruzione, senza che per questo l’autrice vi si appoggi come fosse l’unica fonte. Così come l’autrice non si avvale unicamente delle sole fonti giudiziarie, come riconosciuto dal procuratore aggiunto alla DNA Gianfranco Donadio durante la presentazione romana del libro lo scorso 16 maggio. L’elemento di indipendenza dei giornalisti dai magistrati, infatti, è quanto più importante nella ricostruzione dei fatti e nel rispetto dei ruoli, un modo per arrivare da diversi lati alla verità storica e politica. Durante la presentazione mediata dal giornalistaSandro Provvisionato, l’altro procuratore presente, il giudice Otello Lupacchini ha contribuito alla discussione, tra le altre cose, anche stigmatizzando bene il coinvolgimento o meglio lo sfruttamento della Banda della Magliana nelle maglie di questo doppio gioco, correggendo un po’ il tiro delle dichiarazioni dell’onorevole Veltroni, anch’egli presente il 16 maggio, secondo cui la famosa organizzazione criminale impropriamente chiamata banda avrebbe svolto un ruolo importante durante i 55 giorni del rapimento di Moro.

Ciò che è fondamentale ne Il “Doppio Livello” è che arriva a disvelare il ruolo di “concorrenti esterni” alla mafia nella strage di Capaci, ruolo che già in un’intervista dello stesso Donadio a Rainews lo scorso anno, era stato rivelato parlando di elementi estranei alla modalità e ai mezzi mafiosi (“guanti di gomma e collante esplosivo incompatibili con quelli utilizzati dalla mafia”), nonché alla presenza la sera prima dell’attentato, a livello superiore del sottopassaggio, di una squadra di lavoro insolita. Un altro livello rispetto a quello utilizzato per preparare operativamente l’incontro di Falcone con la morte. Stefania arricchisce questa testimonianza di Donadio parlando del ruolo di Pietro Rampulla l’ex ordinovista mafioso già riconosciuto dalle autorità giudiziarie come colui che confezionò l’ordigno per la strage.

Chiedo a Stefania: 

S.Z. Alla luce degli ultimi sviluppi sulla strage di Capaci, suggellate dalla dichiarazione della procura e dai pm che stanno svolgendo le indagini e che hanno eseguito gli ultimi 8 arresti, uno degli elementi di cui parli inserendolo nello schema unico del camuffamento e delle false bandiere sembra essere stato smentito. 

S.L.: Lo schema delle operazioni sotto falsa bandiera resta assolutamente valido per comprendere la dina-mica della strage di Capaci. Gli arresti dello scorso aprile non contraddicono questa analisi che è sostenuta non da astratte ipotesi ma dalla presenza di molti elementi raccolti dagli investigatori sulla ‘scena del crimine’ i quali rivelano altre presenze che attendevano quel giorno l’auto del giudice Falcone. L’assenza di Rampulla, l’artificiere, è molto significativa: Brusca disse che nonostante fosse l’uomo che meglio aveva architettato la strage, quel giorno non c’era perché aveva un impegno di famiglia…in realtà, l’ex ordinovista mafioso fu ‘sfilato’ dalla scena perché gli unici attori ‘dovevano’ essere mafiosi. L’inchiesta sta andando avanti e il mosaico può essere ricomposto solo se capiremo chi aiutò Cosa nostra a realizzare una strage in perfetto stile militare.

Il ruolo di «artificiere» esperto ed appassionato di Rampulla è ben raccontato in effetti da collaboratori di giustizia ritenuti credibili in episodi specifici le cui dinamiche di preparazione sono molto simili a un evento più recente che ha terrorizzato per alcuni giorni l’Italia: l’attentato di Brindisi, il cui processo sembra in dirittu-ra di arrivo e il cui movente resta tuttora un fatto poco chiaro. Ma le bombe di Brindisi non fanno parte tout court della ricostruzione della Limiti e certo non si può al momento teorizzare un qualsivoglia collegamento con i fatti meno recenti. 

C’è tuttavia nel libro di Stefania un riferimento a un altro processo che potrebbe riaprirsi, quello sulla strage di Piazza Fontana. Il riferimento conferma la notizia che Notte Criminale aveva dato sulla falsa chiusura del-le indagini lo scorso anno e i cui elementi principali possono rivedersi qui

E a questo proposito chiedo ancora a Stefania:

S.Z.: Oggi il giudice D’Arcangelo sta decidendo come rispondere alla richiesta di archiviazione (e successiva opposizione delle famiglie delle vittime) sui nuovi filoni d’inchiesta riguardanti Piazza Fontana. Nel tuo libro la strage di Piazza Fontana rappresenta un po’ lo snodo principale della destabilizzazione in Italia. Quale sarebbe il valore aggiunto della tesi del doppio meccanismo esplosivo e del doppio livello se fosse dimostrabile in fase processuale per le stragi irrisolte del nostro paese?

S.L.: Non so assolutamente valutare gli elementi a disposizione del giudice D’Arcangelo, posso solo dire che la tesi del doppio meccanismo esplosivo e del doppio livello potrebbe spiegare il significato politico della lunga, ininterrotta strategia della tensione e l’uso più o meno consapevole di soggetti diversi, terroristi o mafiosi, a questo scopo. Spiega come l’Italia è stata destabilizzata e ridotta ad essere un paese fragile, sempre rivolta a guardare il suo passato e incapace di costruire un futuro.

Tra le varie importanti testimonianze che collimano con la tesi della mano altra sulla strage, vi è anche nel libro della Limiti un riferimento interessante alla figura e alla fine fatta dal mafioso Antonino Gioè che venne trovato impiccato nella sua cella a Rebibbia nel ‘93. La lettera che fu ritrovata in cella (pubblicata per intero in un altro libro-indagine “Processo allo Stato” di Maurizio Torrealta e Giorgio Mottola – Bur edizioni, pagg. 335) oltre a cercare di sciogliere dalle trame criminali chi lui aveva indicato come complici dei suoi reati fa un riferimento, un po’ avulso dal resto del messaggio, a un certo Sig. Bellini indicandolo come infiltrato. Il sig. Bellini altri non è che Paolo Bellini anche lui riconducibile all’area di estrema destra ed esperto d’arte, citato a deporre dal gup Piergiorgio Morosini, a Palermo durante la fase preliminare del processo trattativa stato mafia. Paolo Bellini come Rosario Cattafi sono personaggi chiave di questa trattativa che alla pari della storia dei misteri italiani tutti non sembra volersi assestare come fatto a sé da quelli oscuri che ancora avvolgono la strage di Capaci.

*Simona Zecchi è anche co-autrice con Martina Di Matteo della nuova inchiesta su Pier Paolo Pasolini pubblicata ne I Quaderni de L’Ora edizioni Ila Palma

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