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“Caro Cosimo, io sono la non-Costituzione stuprata…”

La professoressa stava concludendo la propria ora con le solite stanche frasi di rito, mentre gli studenti, impazienti di fuggire da quelle mura che li avevano imprigionati per l’intera mattinata, avevamo già imbracciato la cartella, disordinatamente preparata molti minuti prima del tanto sospirato suono della campana. Il brusio, al metallico segnale, si fece talmente forte nell’aula che la soverchiante conclusione dell’insegnante “lo straordinario contributo che abbiamo potuto ascoltare oggi” rimase come il segno di una mediocre prova di forza di un oratore improvvisamente trovatosi senza pubblico. Lo sciamare disordinato dei giovani studenti fuori dall’aula segnò poi la conclusione della lunga giornata scolastica dedicata alla Resistenza e alla Costituzione.

“Sono io”, esordì Cosimo aprendo la porta di casa. Sorprendentemente però, non ottenne risposta. Varcata la soglia, con la parte posteriore del piede chiuse svogliatamente la porta di casa che rischiava, per la forza di inerzia posseduta, di sbattere al muro. Con maggiore insistenza riprovò quindi a farsi sentire da chi si aspettava di trovare a casa. Ma ancora una volta nessun segnale. Sul tavolo di cucina un enigmatico biglietto, riportante l’inconfondibile calligrafia della madre, recitava: “Sono uscita, pensa da solo al pranzo”. Consumato un fugace spuntino, Cosimo sprofondò nella lettura. Come suo solito si mise a divorare il libro che stava leggendo, così avido di pagine quanto poco incline ad apprezzare la struttura sintattica che le animava. Leggeva Jack Kerouac negli anni del Grande Fratello, ignorava George Orwell e disprezzava i grandi russi. Soprattutto bruciava, convinto com’era di correre al cospetto di un mondo che faticosamente camminava.

Nel solito febbrile stato di eccitazione che lo animava quando si lasciava completamente sommergere dalla prosa sconclusionata del suo autore preferito, scorse improvvisamente l’ombra di una figura pacificamente seduta alla sedia della sua scrivania. Volgendo lo sguardo rimase letteralmente impietrito. Alla sua sinistra una graziosa signorina sedeva con fare solenne. I suoi boccoli biondi le sfioravano leggermente le bianche spalle non coperte dal pudico vestito che correva fin sotto le sue ginocchia. Il candido viso incorniciava due occhi color smeraldo che splendevano su dolci lineamenti, esaltati da un filo leggero di trucco. Ripresosi parzialmente dal grande spavento, Cosimo blaterò: “Non si fuma in camera mia”. La signorina annuì compiaciuta, spegnendo la sigaretta nel portacenere utilizzato come decoro sulla scrivania mezza sgombra. Pensò anche, senza però lasciarsi sfuggire alcuna parola “Sempre così con i lettori di Kerouac. Amano l’irrequieto fuggire e si auto-impongono rigidità monastica”.

Il silenzio, destinato ad avvolgere nuovamente la stanza, si disperse prima di essersi pienamente formato, quando la strana figura sollecitò Cosimo: “Strano, mi sarei aspettata che mi chiedessi a bruciapelo chi fossi”. “Eh infatti – esclamò il giovane ancora visibilmente stupefatto con voce quasi afona – chi sei e soprattutto cosa ci fai in camera mia?”. “Sono qua semplicemente per parlare con te, non temere – quasi lo interruppe lei – Adesso però permetti che mi presenti come si deve – alzandosi in piedi la giovane donna sembrò ancora più bella – Io, caro Cosimo, sono la non-Costituzione stuprata”. Immediatamente il suo vestito color panna si tinse di un rosso vivo nella zona vaginale, lasciando ancora più sgomento il mal capitato Cosimo.

 

Il ragazzo alternò a lungo momenti di pieno coinvolgimento nel fitto conversare ad improvvisi capogiri per la bizzarra situazione. Aveva invertito, forse anche logicamente, le funzioni vitali. Respirava sott’acqua, annegava in superficie. Di più, per il suo istinto naturale ad abbracciare la vita si apriva completamente alle parole della giovane donna, divenuta la sua ancora di salvezza. Questa spiegò nei dettagli la sua crudele esistenza di non-essere, o meglio di essere in potenza. Controfigura grottesca e triste della Costituzione che conosciamo. Costretta ad un’interminabile spola, ogni qualvolta che la sua non gestazione viene divulgata senza essere discussa, dal regno di chi non è mai stato.

Cosimo, ripercorrendo mentalmente quanto detto in classe dalla ormai vecchia staffetta partigiana, riportò brandelli di frasi ascoltati qua e là, ma per suo grande stupore vide la giovane donna colpita da contriti sempre più forti. Un urlo squarciò poi l’apparente calma regnante nella stanza. “Smettila Cosimo. Non riesci proprio a capire il male che mi fai?”. Il ragazzo, alquanto dispiaciuto, quasi sottovoce aggiunse: “Scusami. Pensavo che a ferirti fossero le ruberie esaltate come virtù, la politica asservita a mera auto-promozione personale, l’assenza di etica e moralità. Insomma, sostanzialmente la non applicazione della Costituzione stessa. Ci hanno spiegato oggi in classe come la Costituzione, nata dalla Resistenza partigiana, sia stata e continui ad essere largamente inapplicata. Questo penso ti provochi sofferenza, dolore. Il lavoro di tanti giovani che oggi sono sottopagati, intermittenti, precari…”

Le parole di Cosimo sfumarono lentamente, la loro articolazione era resa difficile, se non impossibile, dallo spettacolo che si mostrava ai suoi occhi. La chiazza rossa nella zona vaginale della donna si espandeva rapidamente, il suo viso era divenuto però solenne, imperturbabile, sereno direi. Il faticoso deglutire del ragazzo era ora accompagnato dal cadenzato sgocciolio che la copiosa fuoriuscita di sangue determinava dal vestito della giovane al pavimento. Sul finto parquet grigio chiaro della camera di Cosimo, era in realtà gres, si formò una piccola pozzanghera.

“Cosimo, non puoi trattarmi così. Io sono la non-Costituzione stuprata e non la Costituzione inapplicata. Sono la liberazione alta e totale dell’umanità, quella che i partiti anti-fascisti hanno sacrificato alla governabilità e allo sfruttamento venato dal placebo elettorale. Soffro a fronte di ingiustizie conclamate come virtù giuridiche, di espropriazioni declinate come ridistribuzione della ricchezza, di furti legalmente stabiliti e per di più definiti come equi compensi. Io sono però anche qualcosa di più. Sono l’unica ricchezza che qualsiasi essere umano dissipa a partire dalla propria nascita, sono il lento ed inarrestabile scivolare della sabbia in una clessidra che non può essere capovolta. Io, caro Cosimo, sono il tempo di vita”.

Il ragazzo, pronto ad esternare le proprie perplessità, venne sorpreso dal nuovo incipit della giovane donna. “Capisco che sia difficile comprendere. Se mi rivolgo a te è però perché sono conscia della profondità del tuo cuore. Riesco anche ad immaginare cosa pensi, cosa anima le tue perplessità. Sono convinta che non cogli quale sia il nesso esistente tra la Costituzione e l’inarrestabile fluire delle nostre esistenze, sbaglio forse?”.

La domanda retorica cadde rapidamente nel vuoto, prima che la misteriosa creatura continuasse nel proprio argomentare. “Prova però a pensare a cosa accadrebbe se un qualsiasi ordinamento giuridico avesse la facoltà, per sua natura, di accelerare lo scivolare della sabbia nella clessidra di vetro”.

“Come può la Costituzione – la interruppe veementemente Cosimo – riuscire a velocizzare questo naturale scorrere? Quello che dici è assurdo!!”.

“Forse per te lo può essere. Sei ancora uno studente liceale. Pensa però a tutti gli adulti che conosci, ai tuoi genitori, oppure ai genitori dei tuoi compagni di classe per esempio. Loro spendono almeno otto ore per cinque lunghi giorni alla settimana a lavoro; senza parlare poi dei tempi necessari agli spostamenti, gli straordinari, e i lavori domestici. La loro esistenza è meccanica, triste, stritolata da scadenze e ritmi frenetici”.

“Continuo a non capire”.

“Certo, non ho ancora finito di spiegarmi. Pensa che solamente una minima parte di tutto questo lavoro è però remunerato. Il resto viene legalmente appropriato da chi occupa una posizione di favore nella società. Come pensi che sia altrimenti possibile creare valore?”

“Attraverso il lavoro delle macchine” propose con fare titubante Cosimo.

“Assolutamente no – riprese ancora la giovane – Queste perdono valore quotidianamente, ma non hanno facoltà di crearne di nuovo. Solo il lavoro dell’uomo è in grado di fare questo. Proprio qui, troviamo la grande contraddizione del presente: l’immensa ricchezza collettivamente creata dall’azione umana è infatti privatamente appropriata da pochi. Pensa inoltre che questo viene garantito e protetto proprio dalla Costituzione stessa, che da quasi settant’anni ormai contribuisce ad allungare il tempo di lavoro riducendo quello di vita. Non devi faticare molto per riscontrare quanto ti dico, lo trovi già declamato nel primo articolo”.

“Nel primo articolo?” chiese, quasi sobbalzando, Cosimo.

“Abbi pazienza, proverò a spiegarmi meglio. Come definiresti il lavoro di una persona che si vede remunerata solamente una parte minima del tempo che impiega a lavoro?”

“Sfruttamento”, risposte con fare deciso Cosimo.

“Bene – riprese la giovane donna – adesso ti sarà più semplice capire come mai proprio quel primo articolo che tanto piace ai…”.

L’improvviso suonare del campanello destò Cosimo dal lungo sonno nel quale era caduto. Come elettrizzato per quanto sognato corse a rispondere al citofono. Dall’altra parte numerose voci si affastellarono l’una sull’altra, evidente segno che il postino, come abitudine, aveva suonato all’intero condominio, nella speranza di restringere i propri tempi di consegna e tornare libero fino alla mattina successiva. Cosimo non concluse neanche il suddetto pensiero. Improvvisamente ebbe chiaro il sogno che aveva fatto e corse in camera sua. Tutto era in ordine, come sempre. Sul parquet rimaneva però una piccola chiazza rossa. Il segno tangibile del passaggio della non-Costituzione stuprata.

da http://www.inventati.org/cortocircuito/

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