Il 14 e 15 marzo due giornate di denuncia e mobilitazione nazionale contro la repressione.
Gli ultimi provvedimenti giudiziari con le misure cautelari di Napoli, Roma e Bologna che hanno colpito il movimento dei disoccupati, quello per il diritto all’abitare, student* e precar* ci restituiscono, nello spaccato sociale rappresentato dalle persone colpite, un profilo del conflitto decisamente nuovo. Non sono solo gli attivisti i soggetti coinvolti ma un numero ingente di uomini e donne impegnati/e in una lotta fortemente connotata nella difesa di diritti primari come la casa e il reddito. Così la scena del crimine si arricchisce di nuove figure che diventano protagoniste del copione repressivo al pari di chi è alle prese con i processi legati alla mobilitazione No Tav, alla manifestazione del 15 ottobre o alle giornate di Genova 2001.
Le pratiche di conflitto e l’irriducibilità ad una legalità imposta dentro un modello di sviluppo in crisi, sembrano i due nodi sul quale oggi si costruiscono trincee opposte. Da una parte una società sofferente per un disagio evidente e dall’altra un sodalizio di potere che intende uscire da questa fase storica senza perdere profitti e rendite di posizione. In questo contesto sembrano saltate le mediazioni sociali possibili e legittime rivendicazioni affermate con “eccessiva” forza vengono colpite duramente con lo strumento della privazione della libertà, monito e azione preventiva nello stesso tempo. Lo strumento della detenzione e le misure coercitive in genere, diventano la risposta istituzionale verso settori sociali sempre più larghi, con un’attenzione particolare sulla disponibilità a rispettare le regole: laddove non si percepisce ravvedimento la sanzione assume forme maggiormente dure. Questo avviene con l’uso di una legislazione che punta più alla repressione che alla definizione di strumenti sociali adeguati.
Le prigioni sono piene di giovani fermati per qualche grammo d’erba, di migranti, di chi sbarca la crisi fuori dalla legalità e a questi si vanno aggiungendo anche coloro che provano ad emancipare la loro condizione attraverso le lotte, come chi occupa una casa, difende il proprio territorio dal saccheggio della rendita o si pone in contrapposizione con la logica dei profitti legata ai flussi migratori. Uno spaccato al quale affiancare tutti coloro che sono colpiti a vario titolo da misure quali daspo, fogli di via, articolo 1, espulsioni. Un’affollata compagnia giudicata indisponibile e socialmente pericolosa. Un’altra caratteristica distintiva degli attuali percorsi giudiziari che colpiscono l’attivismo sociale è data dalla costituzione di gruppi di lavoro (pool) della Procura connotati in chiave anti-terroristica e anti-eversiva. Le lotte vengono indagate come ipotesi criminali e non come fenomeni sociali, quindi classificate, laddove più forti, come violente e delinquenziali. Con l’aggravante di associare insieme più soggetti potenzialmente pericolosi e in grado di “ricattare” amministrazioni e istituzioni. Una lettura utile per decidere poi le restrizioni necessarie ad impedire libertà di movimento e forme costituenti di contropotere sociale.
Tutto questo interroga non solo i movimenti sociali, il sindacalismo conflittuale, alle prese con il tema della democrazia e della rappresentanza che non sembra poi così distante dalle questioni sollevate sopra, e le forze politiche sensibili, ma investe anche il corpo giudiziario, avvocati e giudici compresi. Il tema della legalità e della legittimità delle pratiche di lotta, dei comportamenti individuali o collettivi di resistenza nella crisi, del diritto alla rabbia e alla rivolta, è centrale in questo momento storico. Così come si modificano i dispositivi del controllo e le azioni coercitive, anche gli strumenti da giustapporre devono avere maggior forza e consapevolezza dell’attacco subito.
Il diritto alla morosità e all’insolvenza, di resistenza ad uno sfratto, di un’occupazione per necessità, di bloccare una strada, invadere un municipio, sabotare un’opera invasiva e distruttiva per il territorio, coltivare una pianta di marijuana, fotocopiare libri, fare spesa sociale in un supermercato, interrompere i flussi delle merci per rivendicare diritti, scioperare fuori dalle regole concordate da sindacati complici, usare gratuitamente i mezzi pubblici, rifiutare forme di controllo come la tessera del tifoso. Tutte pratiche abbondantemente in uso e ampiamente contrastate nella quotidianità individuale e collettiva. Il contrasto che viene prodotto assume connotati repressivi comuni e tende ad impedire una possibile omogeneizzazione dentro ipotesi sociali plurali. La percezione di un diffuso rifiuto ad accettare di pagare i costi della crisi, porta all’adozione delle contromisure necessarie e le pratiche più o meno consapevoli di resistenza e riappropriazione devono essere fermate con ogni mezzo. Da qui le pesanti condanne, le rigide misure, le vessazioni e i provvedimenti cautelari preventivi. La sorveglianza nei confronti dei comportamenti dettati dall’esclusione sociale sia organizzati che individuali sta poi assumendo aspetti di disgregazione e isteria della sicurezza, utili ad alimentare spinte alla delazione, dal numero di targa a chi parcheggia sulle strisce alla denuncia di comportamenti anomali del vicino di casa. Una società dove chi sta bene denuncia chi sta male.
Nuove pratiche di cittadinanza e di “potere” altro si affacciano dentro la crisi e disegnano città e territori in rotta di collisione con l’attuale modello di sviluppo. L’impianto giuridico che fa i conti con queste pratiche e questi comportamenti va messo in discussione sia sul piano della mobilitazione di massa sia su quello strettamente legale.
Venerdi 14 Marzo ore 16
Legittimità vs Legalità Dibattito Nazionale
Facoltà di Scienze della Comunicazione
Aula 4 via Principe Amedeo 184
Introduzione: legittimità delle lotte vs legalità dei governi dell’austerità
Lo stato di eccezione e la democrazia costituzionale:
Prof. Giovanni Russo Spena
Trasformazioni dell’impianto giuridico nell’assolutismo neoliberista:
Avv. Francesco Romeo – Ordinamento penale Vs movimenti sociali, la reazione dello Stato contro chi resiste alla crisi
Avv. Arturo Salerni/Forum Diritti lavoro – Carcere, cie, lavoro: quando la questione sociale diventa questione penale
Avv. Simonetta Crisci – Il reato di devastazione e saccheggio Vs il diritto di resistenza
Avv. Paolo Cognini – Dinamica giudiziaria e ridefinizione del diritto dentro la crisi: il paradigma legalitarista come fondamento del nuovo protagonismo del potere giudiziario.
Avv. Emanuele D’amico- criminalizzazione del movimento no tav e salto di qualità delle accuse
Situazione carceraria e sistema penitenziario:
Associazione Antigone
Associazione Papillon
Comitato “La tortura è di Stato! Rompiamo il silenzio!”
Odio il carcere
Lotte sociali e supporti legali:
Student* di piazza Verdi Bologna: I diritti si conquistano a spinta!
Movimento operaio della logistica di Bologna
Lavoratori del trasporto pubblico Firenze
Movimento No Tav: notizie da una Valle che non si arrende
Movimenti per il diritto all’abitare (Roma, Firenze)
Napoli: difendiamo il diritto di resistenza alla crisi (a cura di Orizzonti meridiani)
Collettivo Femminista “Coordinamenta”
Azione Antifascista Teramo
No Cie
Fans ultrà Cosenza
Ultras della Spal
Mediaticità e personalizzazione dello strumento repressivo in un’ottica di genere
Supporto legale 15 ottobre
10×100 Genova non è finita
Repressione e controllo sociale:
Osservatorio sulla Repressione
ACAD (Associazione Contro gli Abusi in Divisa)
Comitato delle madri per Roma città aperta
Sabato 15 Marzo ore 12
Piazze tematiche
– Sistema carcerario e controllo sociale
Metro Rebibbia
Via tiburtina 956
– Frontiere e libertà di movimento
Piazza indipendenza
– Territori contro le devastazioni ambientali
Stazione Tiburtina
– Precarietà abitativa e sociale contro l’austerity.
Stop privatizzazioni, difendiamo i beni comuni!
ex deposito Atac (San Paolo)
Via Settimio Severo
ore 15 Corteo Nazionale da Metro Piramide al Ministero della Giustizia
Le lotte contro l’austerity non si arrestano! Liberare tutt* vuol dire lottare ancora!
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