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Elezioni comunali in Francia, secessione del Veneto, governo Renzi: democrazia repubblicana e sinistra d’alternativa

L’esito del primo turno delle elezioni amministrative in Francia reca con sé un segno inequivocabile: la crisi butta a destra, come sempre, e l’evidente difficoltà del quadro europeo e la grande debolezza di quello che si vorrebbe ancora definire come disegno “riformista” hanno provocato un fenomeno negativo che desta notevole inquietudine.
Un risultato, quelle delle amministrative francesi che si collega con un altro fatto politico importante, accaduto dalle nostre parti: quello relativo al referendum sulla richiesta d’indipendenza del Veneto.
Un fatto poco evidenziato dai grandi mezzi di comunicazione di massa ma oggi ripreso con grande attenzione da Ilvo Diamanti che lo analizza nel merito sulle colonne di Repubblica, invitando a non sottovalutarne gli elementi fondanti.
C’è un collegamento tra questi due episodi che riguarda il ritorno con grande forza sulla scena europea di alcuni fenomeni politici che, nel corso di questi anni, hanno conosciuto alterne fortune: il calderone dell’incultura razzista e la vocazione al “separatismo” da “piccole patrie” attraverso il quale si cerca di rispondere alle evidenti difficoltà dell’Unione Europea e al fenomeno della cessione di sovranità dello “Stato –Nazione”.
Fenomeni che s’inquadrano perfettamente in quella che vorremmo ancora definire come ondata “antipolitica”: una definizione dalla quale c’è ormai da diffidare.
Piuttosto, semplificando, si potrebbe parlare già di “altra politica” quella che assume direttamente le contraddizioni al di fuori dalle mediazioni possibili esercitate dai corpi intermedi, un’articolazione di quella “democrazia del pubblico” intorno alla quale ci si sta esercitando nell’analisi ma al riguardo della quale si stenta a contrapporre una idea di nuova modernità della democrazia.
Decisionismo dall’alto, personalizzazione, dialogo diretto tra il Capo e le Masse (per dirla all’antica), assunzione acritica delle pulsioni egoistiche che salgono da un’indistinta “opinione pubblica” all’interno della quale non valgono più le distinzioni di classe (che pure permangono e pesanti nella realtà) e le identità di appartenenza politica.
La stessa azione di governo, in Italia, appare ispirata da questo tipo di principi di fondo riguardanti soprattutto il “salto” della democrazia rappresentativa e partecipata e il ruolo de corpi intermedi: siamo già oltre, con ogni probabilità, alla stessa “Costituzione Materiale” fondata sul presidenzialismo che si voleva opporre alla “Costituzione Formale” basata sulla centralità del Parlamento.

 

Forse (ma senza tanto il “forse) siamo già sulla china del plebiscitarismo e della spartizione feudale del potere, considerata anche la facilità con la quale dalle parti più diverse si sta salendo sul carro dell’apparente vincitore.
Esiste un filo che lega il successo del Front National in Francia come prologo di un prevedibile successo populista e delle destre alle elezioni europee e il modo di muoversi del governo Renzi in Italia (governo, tra l’altro mai passato attraverso una legittimazione elettorale che cercherà il 25 Maggio sfruttando l’onda delle promesse la cui realizzabilità effettiva non sarà verificabile nel breve periodo).
Si possono tralasciare a questo punto le responsabilità dei democratici più o meno sinceri che hanno ceduto terreno all’avanzare di questo stato di cose ignorando i fenomeni profondi di degrado che hanno attraversato la storia di questi anni sotto l’aspetto politico, economico, sociale, morale, acconciandosi acriticamente a fenomeni di trasformazione negativa nella realtà dell’agire politico.
Nello stesso tempo, però, è bene ricordare l’impraticabilità di qualsiasi ipotesi riformista, da “centro-sinistra” o da “sinistra di governo”: un giudizio che non deriva semplicemente dalla negazione assoluta di questi concetti, ma dalla loro pratica inapplicabilità nel contesto attuale (in questo si rileva la debolezza e la sostanziale marginalità della posizione da “europeisti insubordinati” che caratterizzerà la presenza della Lista Tsipras alle prossime elezioni europee).
A sinistra occorre trovare il luogo politico per cercare di tirare le fila di una riflessione e di un’azione basata su due punti che è necessario e urgente mettere in piedi: un soggetto di opposizione che difenda i principi fondamentali della “democrazia repubblicana”, un soggetto politicamente autonomo che punti a recuperare in pieno i contenuti di un’opposizione comunista e anticapitalista all’altezza delle contraddizioni dell’oggi.
Se n’è già scritto e parlato, ma sembra difficile passare all’azione pratica di aggregazione e all’elaborazione politica di contenuti adeguati: pur tuttavia, anche nelle grandi difficoltà dell’oggi, vale la pena insistere.

 

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