Dopo otto anni di ‘esilio’ all’opposizione i socialdemocratici svedesi guidati da Stefan Lofven tornano a primeggiare alle elezioni politiche sconfiggendo l’arcipelago delle forze di centrodestra punite ieri dalle urne.
Rispettando più o meno le previsioni della vigilia, l’ex sindacalista metalmeccanico è riuscito a riportare il suo movimento in testa con il 31% anche se assai lontano dalle percentuali dei tempi d’oro della socialdemocrazia svedese, e comunque solo di pochi decimi di punto percentuale rispetto alle scorse elezioni. Sommando i voti del Psd a quelli degli altri soci della coalizione di centrosinistra – post-comunisti e verdi – Lofven potrebbe contare solo su un 44% dei consensi e su 158 seggi ma per governare glie ne servirebbero 175. Restano fuori dal Rikstad, il Parlamento, le potenziali alleate del movimento Iniziativa Femminista, ferme al 3,1% e quindi lontane dallo sbarramento del 4% previsto dalla locale legge elettorale.
L’unica consolazione è che i suoi avversari hanno perso parecchi punti e la coalizione di centro-destra capitanata dal premier uscente Reinfeldt si è fermata al 39% e a 142 rappresentanti. Ciò che resta se lo sono aggiudicato i populisti di destra e xenofobi del Partito dei Democratici Svedesi che hanno più che raddoppiato il loro bottino arrivando a sfiorare il 13% dei consensi e ottenendo ben 49 seggi in un parlamento in cui, volenti o nolenti, rappresenteranno l’ago della bilancia.
Il voto di ieri, è indubbio, rappresenta una sconfitta del governo uscente che ha perso voti a sinistra – giudicato troppo liberista e incurante del welfare, del lavoro e della scuola – ma anche a destra, con una quota crescente di elettori che rinfacciano alle forze politiche ‘tradizionali’ di essere troppo morbide con gli immigrati sottraendo così risorse agli svedesi. Che, sfiorati da una crisi non certo paragonabile a quella che ha investito i Pigs, ha comunque agitato lo spettro della disoccupazione e dei tagli allo stato sociale, diffondendo timori sui quali l’estrema destra ha costruito la sua ascesa intaccando la tradizionale tolleranza degli abitanti della democrazia nordica e individuando gli immigrati e i rifugiati come facile capro espiatorio da incolpare.
In una situazione che ha visto a volte l’esplodere anche violento delle contraddizioni nelle città svedesi, teatro di scontri e di veri e propri riot, i socialdemocratici hanno proposto una cura basata sulla ricetta “più tasse per gli abbienti” in modo da aumentare il bilancio da destinare alla lotta contro la disoccupazione e al welfare.
Ma la ricetta populista, xenofoba e antieuropea dei ‘Democratici Svedesi’ ha fatto assai più breccia nell’elettorato popolare. Il giovane Akesson, proveniente dalla destra liberale, ha attaccato da una parte il ‘rigorismo’ merkeliano del premier uscente Fredrik Reinfeldt, ma ha anche conquistato fette consistenti dell’elettorato spaurito dalla crisi con un’aggressiva campagna all’insegna della esclusione degli stranieri dal sistema di protezione sociale e di un ritorno ai “valori tradizionali” attaccati da una Unione Europea descritta come fonte di contaminazione culturale e ideologica. Un discorso che accomuna gli Sverige Demokraterna – coinquilini del Movimento 5 Stelle nello stesso gruppo al Parlamento Europeo – all’Ukip di Farage in Gran Bretagna, al Front National di Marine Le Pen, alla nostrana Lega Nord e ad altri movimenti di Danimarca, Olanda, Belgio e Norvegia.
Nati nel 1979 dalla ‘evoluzione’ di un movimento suprematista bianco denominato Bevare Sverige Svensk (traducibile come ‘la Svezia agli Svedesi’) il movimento è rimasto a lungo all’angolo dal punto di vista elettorale ma negli ultimi anni, grazie anche alla scaltrezza di Akesson, ha vissuto un vero e proprio boom. Grazie alla nuova immagine ripulita del partito della margherita gialla e blu – che però continua a coprire gruppi di skin e di picchiatori neonazisti – e al suo messaggio populista e aggressivo nei confronti dei ‘nemici della Svezia’. Nonostante tre dei deputati del movimento siano stati condannati per aver partecipato ad una aggressione razzista, alla sua destra è nato recentemente un movimento esplicitamente neonazista, quel Partito degli Svedesi (Svenskarnas Parti) autore di una campagna di aggressioni e pestaggi in diverse città e che nelle ultime settimane i movimenti antirazzisti e antifascisti del paese stanno cercando di contrastare, dovendosela però vedere con le forze di polizia che in più occasioni non hanno esitato a caricare e disperdere i contestatori pur di difendere i comizi dei neonazisti.
Di fronte alla mancanza di una maggioranza stabile di governo il vincitore dimezzato uscito ieri dalle urne potrebbe doversi rivolgere ad alcuni dei partiti più ‘moderati’ della coalizione di centrodestra sconfitta. Ma non è detto che il fronte che sosteneva il conservatore Fredrik Reinfeldt si sfaldi e a quel punto il socialdemocratico Lofven sarebbe costretto a varare un governo di ‘grossa coalizione’, escludendo magari le ali estreme: la sinistra post-comunista da una parte e i populisti xenofobi dall’altra.
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