Prendendo spunto da un articolo di Claudia Astarita sul portale agichina24 di qualche giorno fa vorremmo fare un punto su alcuni aspetti della vicenda ucraina con particolare riferimento all’atteggiamento della Cina e cercando di inquadrarli nel sovrainsieme della politica estera di lunga durata del Dragone.
L’astensione all’Onu della Cina in sede di consiglio di Sicurezza al momento del tentativo di far approvare una risoluzione di condanna dell’operato della Russia in Crimea definisce appunto un atteggiamento sostanzialmente “neutrale”da parte cinese ma con un leggero allineamento a favore della Russia (della quale si impedisce appunto una condanna grazie alla certezza del veto russo anche in caso di astensione cinese). Ovvero “non approviamo, ma nemmeno condanniamo”. L’essenza dunque del concetto di neutralità si è espressa nel voto all’Onu, e nonostante i legami economici con Kiev (affitto di terre a scopo di produzione agricola, prima portaerei cinese originariamente acquistata dall’Ucraina, interscambio commerciale), per non parlare dell’incrinatura in principio del concetto di sovranità territoriale e di non intromissione degli affari interni.
Ovviamente questa neutralità ha il corollario del “leggero appoggio alla Russia”, data dalla partnership strategica tra Pechino e Mosca che non è certo stata messa da parte.
A differenza di altri osservatori l’articolo di Claudia Astarita, nonostante le consistenti forzature ed errori di valutazione della politica estera cinese ivi contenute, coglie il nocciolo della questione: la Cina non si astiene per “paura di schierarsi”, o per “isolazionismo”, ma perché di fatto le evoluzioni della crisi in Ucraina hanno riportato il quadro internazionale ad una relazione di tipo triangolare con il riemergere dei contrasti tra Russia e Occidente.
Aggiungo io che questa relazione, che si credeva cancellata dai tempi del crollo dell’Urss, si è invece dimostrata più coriacea e basata su una corrente profonda dell’evoluzione dello scacchiere internazionale su cui i cinesi avevano scommesso fin dai primi anni ’70, ai tempi dell’inizio del riallacciamento dei rapporti con gli Usa.
Nell’ambito di questa relazione, come appunto sosteneva Mao negli anni ’70, la contraddizione principale era e rimarrà quella tra Urss/ora Russia e Occidente. Nell’ambito di questa contraddizione principale la Cina ha buon gioco nel ricercare uno spiraglio temporale strategico utile ad avere i tempi e la tranquillità per il proprio auto-rafforzamento economico, sociale, militare, ecc…
E’ in sostanza la nota teoria della “finestra temporale strategica”di cui parlava Deng e di conseguenza ogni generazione successiva di leader cinesi per la quale “per un certo numero di anni sarà possibile evitare una guerra”generalizzata e dunque è importante sfruttare il periodo per concentrare al massimo gli sforzi sullo sviluppo economico. Ed il riferimento alla politica estera impostata da Deng all’inizio degli anni ’70 è solo un caso. Avrei potuto prendere a riferimento quella portata avanti da Mao Zedong all’inizio degli anni ’70 perché le due sono sostanzialmente identiche: Deng ha ripreso esattamentela politica estera di Mao Zedong e Zhou Enlai, anzi accentuandola e portando alle logiche conclusioni la politica di riavvicinamento agli Usa in funzione antisovietica iniziata proprio da Mao.
Guardando al quadro attuale infatti vediamo che dopo il decennio di impegno Usa nella “guerra al terrore” (2001-2011), che ha distolto le pericolose attenzioni degli Usa dalla crescita dell’influenza cinese in Asia orientale, è avvenuto che una volta che si sono sostanzialmente conclusi o ridotti gli impegni degli Usa in Afghanistan e in Iraq, le attenzioni dell’imperialismo Usa sono tornate a volgersi di nuovo verso l’Asia orientale con la nuova teoria del “Pivot” e del “secolo americano nel Pacifico”(teoria strategica enunciata dalla Clinton tre anni fa), e l’inserimento degli Usa nelle questioni dei contenziosi territoriali tra Cina, Giappone, Filippine, Vietnam, ecc….
In questo pericoloso quadro ecco che riemerge la diplomazia triangolare Occidente-Russia-Cina come schema principale che si credeva sepolto e che ha buone chances di ridurre o ridimensionare il ritorno della pressione occidentale sullo scacchiere dell’Asia Orientale in funzione anticinese.
In questo senso la teoria della contraddizione principale – Occidente versus Russia – che riemerge si rivela aver azzeccato i movimenti di lungo periodo della politica internazionale, anche se negli anni ’70 ad alcuni è sembrata naturale(contraddizione economica sociale e politica tra le due superpotenze che sarebbe comunque persistita indipendentemente dai possibili riallineamenti da parte cinese), ad altri un azzardo(la Cina di Mao che si alleava coi nemici di classe contro il campo socialista).
In realtà negli anni ’70 come oggi nell’ambito della diplomazia triangolare l’elemento ago della bilancia tra le tre parti, che in quest’ambito è sempre la posizione più ricercata poiché dà i maggiori vantaggi tattici e strategici, è oggi ancora più che ieri in mano alla Cina, e la posizione sull’Ucraina che evita un posizionamento di campo completamente a favore della Russia la esemplifica perfettamente.
Da un lato dunque la Cina ha usato l’alleanza con l’Occidente per ridimensionare la minaccia militare sovietica a nord dei suoi confini, e dall’altro per acquisire tecnologie e innescare il più gigantesco e duraturo processo di sviluppo di un paese povero che il mondo ricordi. Forse nemmeno i cinesi stessi si aspettavano che la teoria della “linea orizzontale”sarebbe stata così efficace nel descrivere il processo che avrebbe portato al completamento dell’accerchiamento strategico all’Urss e al conseguente suo crollo totale, con il lascito della definitiva e permanente eliminazione della “minaccia dal Nord”. E in pochi anni la Cina ha ricreato una partnership strategica con la Russia perché appunto la teoria della contraddizione principale Russia/Occidente era corretta ab origine. Al netto di questa contraddizione che oggi tende a riproporsi come allora, la Cina ha guadagnato il suo incredibile sviluppo economico, sociale e militare senza aver “sparato un colpo”sostanzialmente dalla fine della breve guerra col Vietnam all’inizio del ‘79.
Se non si capisce questo ci si preclude la comprensione delle tendenze principali della politica internazionale dal crollo dell’Urss ad oggi, rimanendo impantanati in una nebulosa incomprensione del perché e del percome ciò sia accaduto(in particolare per le conseguenze sul movimento dei lavoratori in Europa Occidentale).
Con il buildup militare degli anni ’70 attorno ai confini cinesi, i russi hanno finito per coalizzare contro di loro la più grande alleanza dai tempi della seconda guerra mondiale, mettendosi contro Usa, Europa Occidentale e Cina a chiuderla strategicamente in una linea orizzontale. Non andato a buon fine il tentativo di sfondamento in Afghanistan di questa linea di accerchiamento, il disastro fu totale e fuori dalle possibilità economiche dell’Urss tentare di contrastarlo militarmente.
Se invece oggi i vari attori dell’Occidente e la Russia si logorano tra loro a tutto vantaggio dei Cinesi, dov’è il guadagno e dov’è la perdita? Ha ragione Claudia Astarita quando ricorda che a Maggio 2014 i vertici di Gazprom e degli operatori cinesi si incontreranno per decidere le nuove tariffe delle importazioni cinesi di gas e petrolio russo, probabilmente rivedendoli al ribasso se Mosca perseguirà ancora nella politica di tendenziale chiusura dei rubinetti all’Ucraina e dunque si ritroverà i cerca di acquirenti sostitutivi.
Dunque politica “neutrale e isolazionista” da parte della Cina sulla questione ucraina o intelligenza tattica e strategica di un paese responsabile del benessere di un quinto dell’umanità? La Cina ha “paura di schierarsi” o segue antichi principi strategici tratti dai classici del pensiero cinese, riattualizzandoli? Di commenti del primo tipo se ne sono letti parecchi di recente, e per fortuna il pur breve articolo su AgiChina.24 coglie elementi d’analisi di segno contrario. La relativa debolezza dell’Occidente (nuova, riscoperta?) nella vicenda ucraina rende i commenti del primo tipo che nei giorni scorsi si sono visti circolare in rete e su qualche testata rispetto alla posizione cinese, diciamolo, ancora più divertenti. Volete fare una prova? Chiedete al Direttore italiano della maggiore rivista italiana di geopolitica, “Limes”, Lucio Caracciolo, cosa pensava qualche anno fa su chi abbia in ultima analisi vinto la Guerra Fredda…se la coerenza non viene umiliata, vi sorprenderete della risposta.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa