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La scelta della Scozia

La prima fase del referendum per l’indipendenza scozzese è iniziata. Chiunque viva in Scozia con 16 anni e oltre, iscritto nei registri elettorali, il 18 settembre potrà prendere parte alla votazione. Circa 700.000 scozzesi hanno ricevuto le loro schede elettorali per posta questa settimana. Il resto andrà ai seggi il 18 settembre per esprimersi sulla questione dell’indipendenza della Scozia. Se vinceranno i sì, allora si svolgeranno i colloqui per il trasferimento dei poteri da Westminster a Holyrood, il 24 marzo 2016 indicato come Giorno dell’Indipendenza scozzese.
Il dibattito ha dominato la politica interna. La campagna favorevole all’indipendenza è naturalmente guidata dal Partito nazionale scozzese che governa l’amministrazione decentrata e detiene la maggioranza nel Parlamento scozzese, mentre la piattaforma dell’opposizione Better Together, è guidata dal partito laburista che ha governato la Scozia in coalizione con liberal-democratici fino alla sconfitta nel 2007.

I nazionalisti non chiedono la fine della monarchia. I nazionalisti vogliono semplicemente riconquistare l’indipendenza che la Scozia possedeva quando divenne con l’Inghilterra, una duplice monarchia nel 17° secolo. All’epoca Scozia e Inghilterra erano governate dallo stesso monarca, con una sola unione doganale, un solo esercito unito alla fedeltà alla Corona, seguivano la stessa politica estera, ma con parlamenti separati con proprie leggi per i due regni. Ciò è continuato fino a quando la classe dirigente scozzese ha optato per un parlamento unificato e una sola Gran Bretagna nel 1707.

Nessuna delle due parti contesta il fatto che la Scozia sia una nazione e la questione concreta se gli scozzesi staranno economicamente meglio o peggio con un parlamento sovrano a Edimburgo. Anche se c’è stato un grosso dibattito, nessuna delle due parti è stata completamente aperta circa le loro motivazioni. La campagna laburista contraria all’indipendenza ha giocato sull’incertezza economica che sostengono conseguirebbe alla vittoria dei sì, ma pochi hanno pubblicamente espresso il reale timore che la perdita di circa una sessantina di seggi scozzesi potrebbe mettere a repentaglio la possibilità dei laburisti di vincere le elezioni generali nel resto della Gran Bretagna.

I nazionalisti dal canto loro presentano il quadro roseo di una terra di opportunità in un futuro indipendente, mantenendo un basso profilo sulla questione reale posta dalle sezioni della borghesia scozzese che li sostengono in quanto vedono nel Parlamento di Westminster un ostacolo ad una maggiore integrazione all’interno dell’Unione europea.

Tuttavia l’indipendenza della Scozia libererebbe la classe operaia scozzese da un governo sempre più oppressivo e invadente. Certo non significherebbe raggiungere il socialismo, ma affrancarsi da Westminster potrebbe portare alcuni benefici reali per i lavoratori scozzesi. Salmond non è un socialista: propone ulteriori riduzioni di imposta a favore delle imprese a beneficio dei capitalisti in Scozia e a spese dei lavoratori.

L’indipendenza, di per sé, non preserverà le tradizioni e la cultura nazionali, né rafforzerà il potere della classe operaia. Nell’Isola di Man e nelle Isole del Canale, le amministrazioni autonome composte da sfruttatori locali hanno presieduto la scomparsa virtuale di tutto il loro patrimonio e della cultura, mentre introducevano leggi e pratiche in materia di lavoro persino peggiori di quelle attuate dai Tories di terraferma dal 1979.

Ma l’indipendenza scozzese aprirebbe la prospettiva a un governo laburista scozzese genuinamente di sinistra. Anche in questo caso, non equivarrebbe a raggiungere il socialismo ma aumeterebbero le possibilità di riforme favorevoli alla classe operaia.

I lavoratori organizzati in Scozia – le organizzazioni sindacali – dovrebbero ancora lottare per ottenere tali riforme, ma dovrebbe essere più facile vincere che non strappare delle riforme a Westminster.

Quindi l’indipendenza non porterebbe alcun paradiso immediato in Scozia. Ma collocherebbe i lavoratori scozzesi in un posto molto migliore per lottare per reali miglioramenti e sarebbe un grave colpo per la classe dirigente britannica, per l’imperialismo britannico e per la Nato.

Il New Communist Party da tempo riconosce i diritti della nazione scozzese alla piena autodeterminazione nazionale. Sosteniamo le rivendicazioni scozzesi per il diritto di conservare e sviluppare la cultura e l’identità nazionale. Sosteniamo il diritto del popolo scozzese di possedere e controllare tutte le risorse, materiali e no, presenti sulla loro terra e nelle acque territoriali. Il New Communist Party invita tutti i suoi sostenitori scozzesi a votare affermativamente al referendum scozzese.

 
New Communist Party of Great Britain
Fonte: newworker.org 
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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