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Gli “Stati Uniti d’Europa” non sono la cosa peggiore detta da Renzi

Il 4 marzo come il nuovo 1948”. Lo ha scritto Fabbrini (della Luiss) il 3 dicembre su il Sole 24 ore (giornale di Confindustria). Lo ha ribadito oggi Andrea Bonanni su Repubblica (Gruppo De Benedetti).

Insomma i poteri forti italiani hanno scelto lo slogan di riferimento per le prossime elezioni. E, non a caso, oggi il rappresentante per eccellenza di quei poteri, Matteo Renzi, in un surreale incontro elettorale al Palazzo del Ghiaccio di Milano, dove ha radunato i delegati “democratici” di Bruxelles,ha dichiarato citando “uno dei pensatori più importanti del panorama europeo” ovvero Sergio Fabbrini (sic!) che le prossimi elezioni saranno cruciali come quelle del ’48. “Fabbrini ha scritto che la posta in gioco delle elezioni del 4 marzo è davvero la più importante. Noi siamo abituati a dirlo sempre lui lo dice questa volta”. Allora l’esito del voto “permise all’Italia di restare nel fronte occidentale” ha aggiunto Renzi. “Secondo Fabbrini queste elezioni decideranno se l’Italia continuerà ad essere elemento chiave dello sviluppo europeo o se invece sceglierà una strada diversa collegata a Salvini e Grillo e ai loro alleati europei come Farage e Le Pen.”

Renzi ha ragione su un punto. Le prossime elezioni saranno veramente un referendum tra chi cercherà la via della democrazia, della libertà d’informazione, dei diritti sociali e costituzionali, della sovranità popolare, della fine delle politiche imperialiste di guerra e saccheggio, da un lato; contro chi, al contrario, vuole imporre uno dei regimi più liberticidi della storia recente, responsabile della distruzione di anni di conquiste di Welfare e di dignità delle persone. Regime che da oggi ha un nome preciso per il PD che ha gettato definitivamente la maschera: Stati Uniti d’Europa. E’, del resto, il programma che unisce per intenderci dai finti rivoluzionari di sinistra alla SEL a Tajani di Forza Italia (oggi alleata di Salvini e Meloni)

Dovrebbe poter essere una scelta democratica quella del 4 marzo, ma il fatto che si richiami con tanta insistenza il 1948 inizia ad alimentare più di un dubbio.

Un po’ di chiarezza storica sulle elezioni del 1948 che ci pare verranno utilizzate molto dalla propaganda dei poteri forti del paese, e quindi dal PD, nei prossimi mesi. Tanto per iniziare – e non serve nemmeno annoiarvi nel riproporvi le prove dei brogli orditi da Washington noti ormai a tutti – è rivelante riportare un testo pubblicato proprio dal giornale sul quale questa mattina Bonanni ha scritto di fatto il discorso che poi Renzi ha pronunciato a Milano. L’articolo si intitola UN GOLPE MADE IN USA ed è del 1997.

Vi consigliamo di leggerlo molto attentamente e rileggerlo poi quando usciranno fuori le minacce dei fantomatici hacker russi per confondervi. Quando ci dicono che le prossime elezioni del 4 marzo sono come un 1948 significa dire che stanno preparando tutto questo? Buona lettura:

Roma – I comunisti italiani trattati come gli invasori nazisti. Le elezioni del Quarantotto affrontate “con lo stesso spirito del D-Day, il giorno dello sbarco in Normandia”. Il Fronte Popolare temuto più d’ uno stato totalitario di polizia. Che la Casa Bianca guardasse con apprensione alle faccende italiane, nel marzo del 1948, non è certo novità di questi giorni. Ma può fare un certo effetto leggere (e rileggere) oggi, a pochi giorni dall’ insediamento della sinistra al governo (insediamento benedetto dall’ America di Clinton), i documenti allarmati della Cia e del National Security Council raccolti da Ennio Caretto e Bruno Marolo in Made in Usa: le origini americane della Repubblica italiana (in libreria il 29 maggio edito da Rizzoli).

Dall’ analisi delle carte, alcune già edite nonostante il segreto di Stato americano, emerge in particolare che gli Stati Uniti ritenevano l’eventualità di brogli elettorali (o di un ricorso alla forza) come un’ ipotesi di sviluppo politico assai concreto. “Non si deve lasciare nulla di intentato per impedire ai comunisti di prendere il controllo dell’Italia con mezzi legali”, si legge il 9 marzo del 1948 in un memorandum della Casa Bianca.

L’Italia del 1948 non rappresentava un alleato militare importante. Ma se alla guida del paese ci fosse stato un governo comunista o guidato dai comunisti, la possibilità per aerei e sottomarini sovietici di operare da basi italiane avrebbe stravolto l’equilibrio delle forze del Mediterraneo (“I bombardieri dell’Unione Sovietica”, si legge in un documento della Cia, “potrebbero raggiungere obiettivi nell’ Africa del Nord e in tutta la Francia”). La posta in gioco era l’ Europa intera. I comunisti avevano preso il potere in Cecoslovacchia.

Dalle diplomazie americane di Parigi e Vienna arrivavano a Washington messaggi preoccupati. Anche da Roma l’ambasciatore James Dunn mandava telegrammi d’intonazione cupa: era persuaso che i socialcomunisti fossero in grado di impadronirsi con la forza dell’ Italia del Nord. E che rinunciassero all’ impresa soltanto perché sicuri di una vittoria elettorale il 18 aprile.

In questo clima di allarme rosso, il National Security Council, costituito recentemente da Truman, chiede alla Cia di fornire valutazioni precise. Il rapporto, consegnato alla Casa Bianca il 5 marzo, è categorico: “Se il Fronte Popolare vincerà le elezioni, l’Italia verrà trasformata in uno stato totalitario di polizia”. Il documento, già pubblicato sull’Espresso il 17 ottobre del 1993 a cura di Gianluigi Melega, ipotizza una vittoria del “Blocco del Popolo” e suggerisce alcune vie per ostacolarla. “Il suo accesso al potere potrebbe essere impedito sia falsificando i risultati elettorali, sia con la forza”. Un capitoletto è dedicato all’eventualità (ritenuta fondata) di una guerra civile (va ricordato che una guerra civile tra comunisti e anticomunisti era scoppiata in Grecia e che gli americani vi si erano impegnati direttamente).

Colpisce il giudizio pesante sulla debolezza delle forze anticomuniste in Italia. Una premessa a quella che fu, dopo il 18 aprile, la linea seguita dalla Cia nel nostro paese. A metà marzo, il National Security Council trae le sue conclusioni. Le si può leggere in un verbale, scovato da Caretto e Marolo negli Archivi di Washington: vi figurano i preparativi per un intervento militare e la richiesta di fondi occulti per le operazioni della Cia in Italia. La storia, poi, andò in altro modo.

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