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Askapena a processo: “L’internazionalismo è una necessità vitale”

In questa intervista avremo la possibilità di parlare con Aritz Gamboa, storico militante di Askapena nonché uno dei 5 imputati insieme a Walter Wendelin, Gabi Basañez, David Soto, Unai Vázquez,  nel processo, avviato dall’Audiencia Nacional spagnola (tribunale speciale ereditato dal franchismo) contro l’organizzazione internazionalista basca. Un processo che colpisce l’iternazionalismo e mira ad illegalizzare e dissolvere Askapena, il collettivo Askapeña, protagonista delle feste popolari a Bilbao, Elkar Truke, un’organizzazione concentrata sulla gestione di un commercio solidale “meno ingiusto” e l’organismo solidale Herriak Aske.

In Euskal Herria, cosí come in tutta Europa e in America Latina, si è già messa in moto la macchina della solidarietá popolare ed internazionalista con dimostrazioni di supporto e numerosi “processi popolari”. Processi nei quali é arrivata unanimemente la condanna nei confronti dello stato spagnolo per il suo carattere imperialista e repressivo. Una risposta che anche qua in Italia, grazie ai comitati di solidarietá EHL, non si é fatta attendere tramite vari interventi pubblici e la realizzazione di un processo popolare tenutosi a Brescia il 26 agosto. 

Approfondiremo alcuni aspetti del processo e della situazione politica in Euskal Herria con Aritz, qui in Italia per illustrare le strategie di difesa internazionalista che Askapena vuole mettere in campo. 

1.      Ci puoi spiegare brevemente quando nasce Askapena e il ruolo che ha svolto, e ci auguriamo continuerà a svolgere, all’interno del percorso di lotta per la liberazione di Euskal Herria? 

Askapena nasce verso la fine degli anni ’80 in un contesto mondiale internazionale e nazionale caratterizzato da due aspetti fondamentali: il primo il confronto in termini politici, ideologici e anche militari tra il riferimento del capitalismo con “el imperio yanqui” (la superpotenza statunitense) con la rappresentazione di quello che era il blocco sovietico in contrapposizione al modello di imposizione capitalista. Il secondo aspetto è rappresentato dall’evoluzione di un evento storico importante in Centroamerica, ovvero la rivoluzione sandinista in Nicaragua, che si consolida come riferimento politico di tutta la sinistra a livello mondiale e che inizia a capitalizzare molti aiuti internazionali, considerato il valore strategico connaturato in questa lotta rivoluzionaria. Di riflesso in Euskal Herria si è assistito al generarsi della necessità urgente di sostenere quel richiamo inequivocabile che è stata la rivoluzione sandinista e, così, si sono creati i comitati di solidarietà internazionale con il Nicaragua.

Verso la fine anni ’80 inizio anni ’90 assistiamo ad una crisi politica importante, da una parte la perdita di quelle che sono le conquiste della rivoluzione sandinista e dall’altra la caduta del muro e, con questo, la caduta di ciò che l’Unione Sovietica rappresentava. In conseguenza si sviluppa un’autocritica importante nella quale, prima Euskal Herria attraverso il movimento di liberazione nazionale basco, e Askapena poi, costruiscono una riflessione rispetto a quello che deve essere la solidarietà o a come bisogna intendere la solidarietà internazionalista.

Proprio partendo da questi presupposti nasce Askapena, che si fonda sull’assunto principale secondo cui non c’è solidarietà da poter fare a livello internazionale se ognuno di noi non si assume la propria lotta perché questo è il miglior modo per dare il contributo alle lotte globali. In questo senso la necessità della liberazione nazionale e sociale di Euskal Herria ricopre un’importanza strategica e, per tanto, l’internazionalismo non è da intendere come un elemento isolato ma come un elemento integrato nella lotta di liberazione nazionale e sociale. Un secondo concetto fondamentale è quello secondo il quale la solidarietà deve essere intesa in termini di “ida y vuelta” (di andata e ritorno, reciproca),  infatti la solidarietà è “para y con” (per e con) la lotta del nostro popolo. La solidarietà è interna ma deve anche avere una componente internazionale, in modo da poter perseguire la corretta direzione verso la liberazione globale e per imparare dalle esperienze di altre lotte e di altri popoli e, quindi, per fare passi avanti verso la nostra liberazione. In breve, pensiamo che Euskal Herria non sarà mai libera fino a che esisterà nel mondo anche un solo Paese oppresso e nessuno potrà pensare che esisterà un mondo di popoli liberi fino a che Euskal Herria sarà oppressa. All’interno di quest’analisi sorge la necessità di organizzare una solidarietà internazionalista dalla prospettiva del movimento di liberazione nazionale e sociale basco e nasce Askapena. Nasce come un movimento sociale che, attraverso una partecipazione popolare, attiva un meccanismo di lotta in grado di muoversi nella stessa direzione di costruzione nazionale e sociale di molte altre organizzazioni, movimenti, sindacati etc.

2. Quali sono le accuse che lo Stato spagnolo sta presentando all’interno del processo nei vostri confronti? Qual è la linea di difesa che avete deciso di attuare e in questo quale ruolo svolge la solidarietà internazionale nei vostri confronti?

Lo stato imperialista spagnolo utilizza come accusa contro Askapena, contro i 5 imputati, contro il collettivo Askapeña e contro l’impresa di commercio solidale Elkar Truke di essere parte attiva di una strategia orchestrata da un’organizzazione di natura militare quale è ETA. La logica che è stata applicata dallo stato spagnolo per cercare di eliminare il movimento di liberazione nazionale basco parte dal presupposto che ETA decide tutto ciò che succede in Euskal Herria. In questo contesto lo stato spagnolo utilizza due accuse: da un lato, attribuisce ai 5 militanti di essere collaboratori di ETA e, dall’altro, sostiene che le organizzazioni che abbiamo sopra citato svolgano attività illecite. La linea mantenuta dallo stato spagnolo ha l’obiettivo di legittimare l’oppressione e l’eliminazione sistematica dei diritti civili e politici del nostro popolo camuffandola come un processo giuridico e giudiziario.

C’è da dire che lo stato spagnolo, dando inizio a questo procedimento giuridico, cerca di mettere in evidenza, in una forma ancora più chiara rispetto al passato, il carattere politico di queste accuse e ciò appare ancora più evidente visto che la pretesa è quella di mettere fuori legge un metodo di lavoro, pensato e praticato, quale è quello dell’internazionalismo basco.  Le accuse rivolte ad Askapena e agli imputati sono: l’organizzazione di brigate internazionaliste volte a conoscere altri popoli e a sperimentare altre lotte, la creazione di giornate internazionaliste nelle quali si sono condivisi dibattiti con altri movimenti tanto politici e sociali quanto sindacali, l’attivazione di meccanismi di solidarietà verso Euskal Herria, attraverso movimenti come EHL (Euskal Herrarien Lagunak) che fanno solidarietà internazionalista e internazionale verso la lotta di Euskal Herria e verso le necessità che ha il nostro popolo. Nel complesso l’accusa dello stato spagnolo, attraverso l’Audencia Nacional, è di ritenerci responsabili di aver organizzato tutto questo e che la decisione di fare tutto ciò arrivi dall’ETA. Qualcosa di ridicolo se pensiamo, per esempio, alle campagne di boicottaggio lanciate a livello internazionale come quella partita dalla Colombia dal sindacato SINALTRAINAL di “Boicotta Coca-Cola” o la campagna del BDS partita dalla Palestina e anche da Israele sul boicottaggio PACBI (boicottaggio accademico e culturale di Israele). Noi rivendichiamo la nostra attività internazionalista e non si può pensare che sia stata ETA ad organizzare, ad esempio, quelle campagne di boicottaggio. Del resto siamo ben coscienti che questo non è importante per lo stato spagnolo e che l’unico vero obiettivo è la criminalizzazione di un movimento sociale, dinamico, di carattere politico e di liberazione del nostro popolo.

La nostra risposta è chiara, noi andremo al processo a difendere le nostre posizioni ideologiche e il nostro ruolo militante, quello che diremo allo stato spagnolo è che siamo effettivamente militanti internazionalisti e che oltre, a sentirci orgogliosi di esserlo, pensiamo che la militanza in una organizzazione internazionalista sia una necessità vitale per il nostro popolo. Non esisterà una Euskal Herria libera se non ci sarà una Euskal Herria internazionalista e per questo vogliamo rimarcare il fatto che non faremo una difesa morale o etica, unica ed esclusiva della solidarietà ma che difenderemo il nostro punto di vista che pensa alla solidarietà come una necessità vitale, politica e strutturale del nostro popolo. Difenderemo la nostra militanza e rivendicheremo il carattere politico di questo processo. Le posizioni con le quali arriveremo a Madrid il 19 ottobre sono quelle di non riconoscere alcuna legittimità al tribunale spagnolo di processare le attività politiche che svolgiamo né di processare il nostro popolo.

Se le nostre posizioni e il nostro ruolo sono ben chiare, siamo convinti che anche la solidarietà internazionale sia vitale, soprattutto nel momento in cui deve delegittimare, da un contesto esterno, le posizioni repressive e imperialiste dello stato spagnolo nei confronti di Euskal Herria. La solidarietà internazionale serve infatti a delegittimare la politica imperialista e le pratiche repressive che lo stato spagnolo applica nei confronti di Euskal Herria e a delegittimare i processi politici che colpiscono non solo Askapena ma anche i diversi movimenti politici e sociali baschi. Crediamo che la solidarietà internazionale, come noi la intendiamo, debba portare nella direzione di far pressione allo stato spagnolo nel suo campo più debole che è precisamente quello delle relazioni internazionali.

3. Come s’inserisce questo processo nell’attuale congiuntura politica che sta attraversando Euskal Herria, soprattutto dopo il cambio di strategia messo in campo dal movimento indipendentista basco? 

Questo tipo di processi risponde, in parte, alla strategia dello stato spagnolo per infiammare e destabilizzare il contesto politico nel quale ci troviamo. Un contesto in cui, attraverso una decisione politica presa da un’organizzazione come ETA, si viene a creare un potenziale qualitativo e quantitativo maggiore in Euskal Herria. Con questo voglio dire che lo stato spagnolo è molto cosciente del fatto che il potenziale reale presente in Euskal Herria dipende dalla base sociale organizzata del movimento di liberazione nazionale che è un movimento caratterizzato da una diversità e un dinamismo importante e che, di fronte al nuovo scenario generato dalla tregua voluta da ETA, crea maggiori possibilità di avanzamento sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Di conseguenza lo stato spagnolo ha compiuto un salto di qualità nell’azione repressiva ed è passato dal dirigere la strategia di repressione contro una struttura politica concreta, a colpire i movimenti sociali e popolari di Euskal Herria. Questo non è mai successo nella storia ed è uno dei drammi di fronte al quale ci troviamo. Lo stato spagnolo non fa una lettura di quello che siamo capaci di fare oggi, in Euskal Herria, ma presume quello che saremo capaci di fare un domani disarticolandolo ora per non avere un problema domani. È questo il punto che vogliamo chiarire: questo non è un attacco solo contro 5 militanti internazionalisti baschi, non è un attacco solo al modello internazionalista basco, ma questo processo  costituisce e rappresenta un attacco a un modello organizzativo importante e strategico in Euskal Herria che è il movimento sociale e popolare.

Il movimento di liberazione nazionale e sociale basco ha messo in campo un cambiamento strategico, di strategia, che cerca di passare da uno scontro bilaterale con lo stato spagnolo ad un avanzamento volto a consolidare una risposta unilaterale come popolo. Questo significa che sarà il popolo basco, Euskal Herria attraverso la sua gente, la sua massa sociale, quello che libererà il popolo e lo farà in forma unilaterale prendendo le proprie decisioni. Qui il motivo per cui è necessario articolare una strategia che riesca a raggruppare il maggior numero di forze sociali e politiche possibili. Come abbiamo già detto, di fronte a questa sfida storica il movimento sociale ricopre un ruolo fondamentale e strategico. Proprio in questo punto si trovano le ragioni della  risposta repressiva dello stato spagnolo. Ci troviamo in un’epoca che genera incertezze ma anche speranze e possibilità di cui il nostro popolo necessitava. Riteniamo, inoltre, che questa decisione politica dal punto di vista qualitativo sia una decisione storica che apre un arco di possibilità politiche e strategiche in Euskal Herria delle quali bisogna rispondere. Come Askapena, anche noi rispondiamo all’attuale congiuntura politica sostenendo che l’internazionalismo è da rafforzare, adesso più che mai, è da massificare, è da rendere partecipativo e questo non si può fare da una posizione di illegalità o di subordinazione alle imposizioni dello stato spagnolo. È quindi logico che Askapena debba andare avanti prefiggendosi, indipendentemente dall’intento di illegalizzazione dello stato spagnolo, di continuare a rispondere con più internazionalismo che mai.

4. Visto il constante impegno che Askapena ha portato avanti negli anni, quale è secondo voi l’importanza dell’internazionalismo oggi? 

La risposta all’oppressione globale deve essere anch’essa globale quindi Askapena vede l’internazionalismo come un elemento di solidarietà parte di una strategia comune. Euskal Herria non deve stare al margine di questo ragionamento e di questo modo di lavorare e non può nemmeno crescere da sola, ma necessita del contributo di altre lotte e di altri popoli. Pensiamo all’internazionalismo in questo modo, ovvero al modo di mettere in relazione i popoli secondo una prospettiva di solidarietà e di lotta. Questo, che per alcuni è solo un impegno etico e morale, per noi è un compromiso vital (un impegno vitale), e quindi deve essere articolato e organizzato, necessita la partecipazione ad un dibattito di dimensioni anche globali e necessita di risorse tanto di militanza quanto di strutture per poterlo svolgere. Askapena si posiziona in questo momento di ristrutturazione strategica nella ricerca del corretto percorso che permetta di applicare questa prospettiva di lavoro in Euskal Herria e si trova anche di fronte alla sfida di organizzare una solidarietà caratterizzata da una prospettiva di contesto internazionale.

La mancanza di sovranità non esiste solo in Euskal Herria e quello che è successo in Grecia ne è la dimostrazione. Ci sono popoli che pur avendo uno stato non possiedono la sovranità perché questo dipende da meri interessi capitalisti che impediscono ai governi di prendere decisioni basate sulle necessità della gente; é quindi necessario rompere con quei meccanismi. Diventa quindi importante impegnarsi in una riflessione sull’internazionalismo e capire che la necessità della disobbedienza, intesa come obbedienza al popolo, è sempre più forte. Non possiamo più obbedire ai diktat che impone l’oppressore ma dobbiamo invece iniziare a obbedire al volere del popolo. Organizziamo il popolo affinché, attraverso le posizioni assunte, si possa legittimare un passo in avanti e rendiamoci conto che, nel momento in cui il popolo sceglie il proprio percorso, beh, il passo è da compiere. Lavorare sul concetto di disobbedienza ci sembra molto importante ed è un aspetto sicuramente al quale l’internazionalismo dovrà contribuire e su cui ci sarà molto da discutere. 

5 Pensate che il contesto internazionale attuale, in cui si stanno inasprendo vari conflitti di portata internazionale, come la guerra nel Donbass, il conflitto curdo e la stessa battaglia che il popolo greco sta combattendo contro le istituzioni dell’Unione Europea, abbia influenzato la decisione di attaccare proprio in questo momento l’internazionalismo basco?

Senza ombra di dubbio questa è un’analisi che è da prendere in considerazione. Euskal Herria si trova in un contesto globale in cui se guardiamo a quello che sta succedendo in Donbass, in Kurdistan o quello che è successo in Grecia, appare evidente la mancanza di sovranità popolare, esattamente quanto rivendichiamo storicamente in Euskal Herria. L’assenza di sovranità è radicata nel fatto che le democrazie borghesi attuali non sono rappresentative della volontà popolare a cui si suppone dovrebbero riferirsi e che il modello istituzionale su cui si fondano è in crisi, in Europa così come in tutto il mondo. L’internazionalismo è un elemento strategico che risponde a questa evidente contraddizione di sistema, il quale si muoverà per annientare qualsiasi proposta politica alternativa. Proprio nell’esperienza greca abbiamo visto i dirigenti politici della sinistra rivelarsi incapaci di poter rispondere al mandato popolare anche dopo un referendum in cui il popolo aveva deciso per una direzione ben definita. Dovranno interrogarsi di questa incapacità e farsi un’autocritica nel momento in cui persino i settori più popolari rappresentati istituzionalmente non sono stati in grado di seguire la volontà maggioritaria del proprio popolo. A questa mancanza di sovranità popolare globale bisogna effettivamente rispondere con una prospettiva internazionalista. Non può essere solo un problema della Grecia quello che sta succedendo, non può essere solo un problema dei curdi quello che succede in Kurdistan. C’è da capire quello che insieme possiamo fare, come contribuire al dibattito e come appoggiare le alternative che si aprono. Le repressioni contro i movimenti internazionalisti ci sono sempre state e continueranno ad esserci, in Euskal Herria e anche in tutto il mondo; il capitale ha molta paura di noi. Noi continueremo a fare un appello alla solidarietà internazionale perché il nostro non è un problema solo di Euskal Herria o di un modello repressivo applicato dallo stato spagnolo o di una mancanza di diritti civili e democratici, ma è un attacco ad una concezione globale di lavoro e a una concezione globale di solidarietà.

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