Un intervento a sostegno della rielezione a Sindaco di Napoli di Luigi De Magistris.
Un sostegno che si sostanzia nella partecipazione alla coalizione di De Magistris e nella candidatura di alcuni attivisti politici e sindacali incardinati attorno all’idea/forza di “…affermare dando voce e rappresentanza alle ragioni del mondo del lavoro..”
I nostri candidati sono:
Rosario Maresca, candidato al Consiglio Comunale nella lista De.Ma.
Ivan Trocchia, candidato alla 2° Municipalità nella lista De.Ma
Luisa Tudisco, candidata alla 10° Municipalità nella lista De.Ma
Luigi Chinelli, candidato alla 3° Municipalità nella lista Napoli Bene Comune.
Gennaro Sorrentino, candidato alla 6° Municipalità nella lista De.Ma.
Naturalmente appoggiamo, prioritariamente, dove non sono presenti questi compagni, tutte le candidate e candidati che provengono da esperienze di movimenti di lotta e da ambiti politici e sociali autonomi ed indipendenti.
Abbiamo argomentato il nostro ragionamento in un documento di qualche mese fa, a cui richiamiamo, il quale è stato discusso in numerosi incontri pubblici:
Riteniamo che una sconfitta pesante del Partito Democratico in una significativa area metropolitana possa costituire un viatico – a Napoli, nel Sud ed in tutto il paese – per agglutinare una vera e propria alleanza politico/sociale/sindacale che possa orientarsi verso processi concreti di rottura della gabbia dell’Unione Europea e del complesso delle politiche padronali e governative imperniate sull’austerity.
Pubblichiamo l’incipit estratto dal documento programmatico di ROSS@:
Una premessa di metodo e di sostanza.
Partiamo da un dato che, di fatto, costituisce il preambolo al ragionamento politico che proponiamo. Una premessa fondamentale altrimenti non comprenderemmo l’anomalia e la specificità del “caso napoletano” nell’ambito del quadro politico nazionale. Riteniamo, infatti, che questa discussione deve essere interpretata ed analizzata considerando le diversificate articolazioni che si registrano nelle varie aree metropolitane. Per cui gli esiti politici che proponiamo ed a cui alludiamo non costituiscono, in nessun modo, una sorta di modello valido in altri contesti politici e territoriali.
Siamo quasi al termine del mandato amministrativo della vicenda della sindacatura di Luigi De Magistris e possiamo affermare che questa esperienza si è connaturata come un interessante punto di resistenza (anche se prevalentemente sul versante istituzionale) al corso antisociale degli ultimi governi che si sono succeduti (Berlusconi, Monti, Letta e Renzi) i quali, pur con accentuazioni diverse, hanno proseguito nei loro affondi politici e materiali fondati sulle politiche dell’austerity.
Non era questo un dato naturale e scontato se – a distanza di quasi cinque anni – osserviamo la maggioranza politica e i profili politici dei soggetti che costituivano la prima fase dell’amministrazione di Luigi De Magistris.
In quel periodo negli equilibri dell’amministrazione pesavano culture politiche ed interessi materiali i quali, sul piano politico, immaginavano una possibile riedizione del centro/sinistra e, su quello pratico, prospettavano una sorta di compromesso dinamico con le direttive di tagli e penalizzazioni che provenivano dai governi nazionali.
Una condizione che derivava dall’esito materiale delle elezioni, che avevano chiuso il lungo ciclo di Bassolino/Jervolino, ma che risentiva, oggettivamente, di un contesto politico nazionale in cui una certa “sinistra” era ancora subalterna e desiderosa di una relazione con il Partito Democratico.
Con il trascorrere del tempo tale situazione è andata evolvendosi delineando nuovi scenari.
La realtà – però – o meglio, il corso della crisi e l’incidere, sull’area metropolitana di Napoli, dei fattori derivanti dall’immanenza degli input che provenivano dall’Unione Europea si è incaricata di produrre una oggettiva chiarificazione politica ed un conseguente primo sparigliamento degli equilibri che costituivano la prima amministrazione di Luigi De Magistris.
L’abbandono dell’assessore al bilancio, Riccardo Realfonzo (ma anche del manager dell’ASIA, Raphael Rossi), è stato il primo segnale di come l’impatto con le questioni derivanti dalla generale imperante centralità della filosofia dell’austerity produceva le prime divaricazioni tra chi era disposto a piegarsi ai diktat del governo e dell’Unione Europea e chi – in questo caso Luigi De Magistris – provava a resistere nella difesa dei livelli occupazionali dell’Azienda/Comune e del complesso dei servizi sociali che vengono ancora erogati.
Inoltre anche in materia di “sicurezza” si produceva una rottura con l’allora assessore, Giuseppe Narducci, il quale informava la gestione dei suoi campi di competenza con una interpretazione repressiva verso i settori della marginalità sociale e con una logica securitaria come modello con cui orientare la gestione della “sicurezza urbana”.
Non è un caso che in quella fase il corpo dei vigili urbani era retto da un ex generale dei carabinieri, Luigi Sementa, il quale era noto per le sue guasconate pubbliche contro giornalisti poco restii alla logica delle intimidazioni e per il suo plateale accanimento contro mendicanti, ambulanti e cortei dei disoccupati. Nel contempo era completamente assente sui temi più propriamente attinenti alla gestione di un moderno corpo di vigili urbani in una metropoli come Napoli (gestione traffico, vigilanza antiabusivismo, tutela ambientale, attenzione al lavoro minorile).
Da quel periodo l’amministrazione comunale è entrata in una continua fibrillazione derivante dalle posizioni di contrarietà all’azione dei vari governi che De Magistris ha dovuto assumere per non essere costretto ad ingoiare la politica dei tetti di spesa, del continuo taglio dei trasferimenti economici agli enti locali e degli inviti ad esternalizzare/privatizzare le società partecipate afferenti al Comune ed alla Città Metropolitana.
Inoltre anche su altri significativi temi – la ristrutturazione urbanistica e territoriale di Bagnoli e di Napoli est, la gestione del Patrimonio, la questione della governance del porto, le politiche ambientali ed il tema della possibile costruzione di un inceneritore a Gianturco – l’amministrazione ha dovuto impegnarsi, su più fronti, (Governo nazionale – Regione Campania) per respingere scelte che avrebbero costituito un autentico regalo per i poteri forti economici e per la loro rete affaristica e clientelare interessata alla realizzazione di questi provvedimenti antipopolari.
Non è questa la sede per una dettagliata rassegna degli atti politici ed amministrativi dell’intera esperienza della giunta De Magistris ma – al netto di un bilancio più compiuto e particolareggiato che pure dovrà essere realizzato – il dato politico che ci interessa evidenziare è la posizione controcorrente, nelle dinamiche dello scontro, che l’esperienza De Magistris ha rappresentato in questa particolare fase della congiuntura politica della città e del paese.
Tale concreta dimensione politica, questa sedimentazione di umori, di scelte politiche e di orientamenti culturali – insomma questi rapporti di forza – sono il punto di partenza per qualsiasi discussione ed azione politica organizzata che si pone, non astrattamente, il rompicapo della possibile rappresentanza, anche istituzionale, degli interessi dei settori popolari della città.
Naturalmente – ed è sempre utile ripeterlo non formalisticamente – la relazione, il confronto, la critica ed anche le eventuali sinergie tra forze politiche e sociali, movimenti di lotta ed esperienze istituzionali, per quanto ci riguarda, possono materializzarsi con una precondizione necessaria ed indispensabile: l’autonomia e l’indipendenza dei soggetti e la non confusione di ruoli e di compiti che, di volta in volta, si assumono nelle dinamiche pubbliche.
Spesso, negli anni passati ma anche recentemente, in questa, delicata e scivolosa, dialettica si sono ingarbugliati i temi e le funzioni in campo e si è prodotta, non solo inconsapevolmente, un inquinamento politico dei temi e delle ragioni sociali che si intendevano interpretare e rappresentare.
ROSS@ intende prendere parola e, nella misura delle sue forze, agire, in connessione con altri soggetti politici, sociali e sindacali per costruire a Napoli e nell’intera area metropolitana le migliori condizioni possibili per una alleanza politico/sociale contro l’austerity, contro il complesso delle politiche del padronato e di Renzi e, soprattutto, contro i diktat dell’Unione Europea.
Un compito pratico che non intende configurarsi come una “appendice” del ruolo di Luigi De Magistris ma – anzi – intende andare oltre i limiti e le pur accertate incongruenze politiche ed amministrative di questa esperienza. Nessuna suggestione, quindi, di riedizioni di “amministrazioni amiche in salsa napoletana” ma un analisi concreta di una anomalia che si è prodotta e che vive a Napoli e nella sua area metropolitana. Con questa premessa presentiamo alcuni punti di ragionamento che abbiamo accorpato e sintetizzato, per una evidente comodità di discussione, sui quali auspichiamo un dibattito largo, unitario ma chiaro nei contenuti e negli approdi verso cui si intende incamminarci.
(dal documento di ROSS@ Napoli – febbraio 2016)
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salvatore rusciano
riconfermare De Magistris vuol dire dare continuità al risanamento del comune e della città di Napoli,anche se negli anni della sua gestione ci possono essere state delle lacune molto e stato fatto,certamente bisogna fare di più tenendo conto delle varie difficoltà che si possono incontrare ma la città ha bisogno di rinnovarsi e in special modo nelle periferie che pagano lo scotto di una criminalità diffusa,ma questo passa in secondo piano se l’impegno della società civile e le istituzioni fanno fronte comune contro il malaffare e la corruzione.
giancarlo staffo
Francia, Grecia, ancora in Spagna, poi verrà l’Italia…. E’ la pia illusione cercare di riformare lo “stato” del “capitalismo straccione”, strutturalmente parassitario e corrotto,quindi “non più riformabile”. << Da Podemos a CinqueStelle, da Tsipras a De Magistris, sono tutti accumunati dall'illusione autodistruttiva, ormai sedimentata, di poter governare "con e per le classi dominanti", senza strappare ad esse il "potere politico totale", sia nello stato che localmente.
Se da un lato è giusto incoraggiare "criticamente" ogni volontà di resistere, bisogna però prendere atto della loro "totale inconsistenza sul campo", ben consapevoli che senza modificare i "rapporti di forza", dandosi "strumenti organizzati necessari", con gli appelli "moralisti" a difendere una "costituzione defunta", con la "disobbedienza civile", con la "fantasia e la creatività" con "amore della non violenza" e "l'onestà morale", non si potrà mai vincere.
Oggi non serve "andare al governo" se poi ci si deve giustificare perché non si può cambiare nulla e non si ha neanche il coraggio di "rompere l'UE ed uscire dall'Euro e dalla Nato".
E molto meglio scegliere una dura "opposizione di lunga durata", accumulando le forze antagoniste organizzandole e formandole per modificare i "rapporti di forza" rendendoli corrispondenti alla "trasformazione rivoluzionaria" della società. Vi sarà allora, molto probabilmente, anche una ricaduta di conquiste come "prodotto secondario" della lotta rivoluzionaria