Un anno di coronavirus. È volato in un soffio e al tempo stesso è durato un secolo.
Ci hanno raccontato che tutto sarebbe passato presto, che bastava aspettare, sospendere le nostre vite. Ci hanno chiesto di sacrificarci davanti all’isolamento e alla solitudine, all’angoscia per il futuro, alle tante difficoltà materiali con cui abbiamo dovuto fare i conti da soli.
Eppure, nonostante i nostri sforzi, il Covid-19 continua a diffondersi a macchia d’olio e le ultime notizie sulle nuove varianti del Coronavirus ci costringono a spostare ancora in avanti l’appuntamento con la fine della pandemia.
Il motivo è semplice: siamo tutti così intimamente connessi che tirarsi fuori da soli, da questo incubo, non è possibile.
DIRITTO ALLA SALUTE PER TUTTE E TUTTI!
Il diritto alla salute o è per tutti o non esiste per nessuno. Non è solo un principio sacrosanto di giustizia sociale: nessuno di noi potrà sentirsi al sicuro finché ci sarà qualcuno che resta tagliato fuori dalla possibilità di proteggersi dal contagio, dalla somministrazione di vaccini sicuri ed efficaci, in qualsiasi angolo del mondo, perché, fino ad allora, ci sarà sempre la possibilità di far ripartire la catena dei contagi e la tragedia in cui siamo immersi.
RICERCA PUBBLICA DEVE SIGNIFICARE CONTROLLO PUBBLICO
Abbiamo visto il meglio della nostra ricerca pubblica prestata agli interessi delle grandi multinazionali del farmaco. Ogni azienda ha speculato sulle scoperte della ricerca di base, intensificando le proprie sul solo sviluppo del vaccino e dei farmaci, pur di poter prevalere sulle altre, di accaparrarsi il massimo dei profitti sul mercato immenso che ha aperto la pandemia.
Avremmo avuto un maggior vantaggio se le forze fossero state comuni, se la ricerca, le tecnologie, fossero state messe al solo servizio delle nostre vite e dell’intera umanità. E invece, in nome dell’interesse di pochi, del principio di un nazionalismo fra Stati, pochi colossi industriali continuano a decidere chi debba vivere e chi debba morire, chi debba avere accesso ai vaccini, con che tempi e a quale prezzo, arrivando al punto di potersi permettere persino di venir meno agli impegni presi, disdicendoli unilateralmente.
SOSPENSIONE IMMEDIATA DEI BREVETTI E TRASPARENZA!
Tutto questo è reso possibile dai brevetti, che consentono un diritto d’esclusiva sullo sviluppo e la commercializzazione dei vaccini, ne limitano la disponibilità, aumentandone il costo.
I brevetti sono l’ostacolo che impedisce oggi di sviluppare in tempi brevi il vaccino per tutti i popoli del mondo, come chiesto a gran voce da India e Sudafrica; sono il tappo a qualsiasi forma di trasparenza sugli studi condotti finora e sulla reale efficacia delle molecole attualmente disponibili, su tutto ciò che riguarda la loro commercializzazione, i contratti stipulati, i costi di produzione, per finire a quanti di questi costi siano stati scaricati sugli Stati acquirenti e quindi, indirettamente, sulle tasche di noi cittadine e cittadini.
UN VACCINO BENE COMUNE È POSSIBILE
Ma non è l’unico destino possibile. È notizia di questi giorni che a Cuba è partita la produzione delle prime 150.000 dosi di vaccino Soberana, con l’impegno a coprire il fabbisogno di tutti i Paesi esclusi dal mercato di Big Pharma, la disponibilità a vaccinare i turisti che approderanno sull’isola, di dare una mano in futuro anche ai Paesi del ricco Occidente, così come già fatto, nei mesi scorsi, con le brigate mediche che abbiamo visto giungere in nostro sostegno anche in Lombardia e Piemonte.
NO PROFIT ON PANDEMIC – NESSUN PROFITTO SULLA PANDEMIA!
Per fortuna anche qui in Europa c’è chi sta provando a imbracciare questa strada.
Decine di migliaia di cittadine e cittadini europei stanno promuovendo la campagna No Profit On Pandemic (Nessun profitto sulla pandemia!) per rivendicare:
- Salute per tutte e tutti. Non si può lasciare nelle mani di aziende private il potere di decidere chi abbia accesso a cure e vaccini e a quale prezzo.
- Trasparenza, chiarezza, informazione: i dati sui costi di produzione, sui fondi pubblici investiti, i contratti tra le autorità pubbliche e le multinazionali di Big Pharma devono essere resi pubblici.
- Controllo pubblico: visto che ai vaccini si è arrivati grazie alla ricerca finanziata dalle tasse dei cittadini e delle cittadine, il controllo di queste tecnologie deve rimanere nelle mani del popolo.
- Nessun profitto sulla pandemia: il coronavirus è una minaccia collettiva che richiede una risposta improntata alla solidarietà, non alla volontà di profitto di qualche privato.
L’11 marzo sarà passato un anno da quando l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato l’emergenza pandemica da Covid-19.
La campagna No Profit On Pandemic / Nessun profitto sulla pandemia, a livello europeo e nazionale ha individuato questa data come giornata di mobilitazione internazionale per porre all’attenzione pubblica le ragioni dei nostri popoli contro quelle di pochi privati.
FACCIAMO APPELLO AFFINCHE’ L’11 MARZO VENGA SOSTENUTO ANCHE NEL NOSTRO BELPAESE
individuando ogni possibile forma di mobilitazione collettiva perché la nostra salute non può essere privatizzata, né ridotta a mera questione di quotazioni che salgono o scendono in borsa.
Le nostre vite sono più importanti dei bilanci di Big Pharma.
FIRMATARI (al 7/3/2921)
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Per adesioni all’appello e partecipazione alle iniziative scrivere all’indirizzo mail: nobrevettisuivaccini@gmail.com
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E Sem
nel neoliberismo vale solo una regola, quella del profitto dei criminali economici. Mi chiedo quale potrebbe essere la forza contrattuale di noi autogalline ovaiole del globale allevamento intensivo. Abbiamo solo due scelte: accettare le regole dell’ illuminato allevatore o crepare di stenti, fame e malattie “non prevedibili” nessuno ha letto il contratto che abbiamo firmato (o meglio hanno firmato quelli che avrebbero dovuto fare anche i nostri interessi (naturalmente dopo i loro porci comodi)?
giancarlo staffolani
sarebbe il caso che cominciassimo anche noi ad usare meno temini in inglese, quando vi sono parole in italiano molto chiare e più comprensibili alle fasce popolari che hanno ragione di pretendere diritti sociali primari spesso negati
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