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A chi conviene la guerra

Per provare a fare i conti con un fenomeno così atroce, così enorme e tragico come la guerra, si ha la tentazione a ricorrere a categorie assolutorie e semplicistiche quali l’irrazionalità degli attori in campo, la loro pazzia, la crudeltà gratuita. Semplicistiche perché, di fatto, non spiegano nulla; assolutorie perché ci risparmiano il peso di porci delle domande.

Questa guerra, come tutte le guerre, non è iniziata per caso, ma perché interessi materiali precisi si sono sedimentati fino a un punto di non ritorno. Se le sirene guerrafondaie ci martellano giorno dopo giorno, soffiando sul fuoco e spingendoci sempre un passo in più verso l’abisso di una guerra di proporzioni inimmaginabili, sempre un passo più lontani da una risoluzione diplomatica del conflitto, è perché precisi interessi materiali hanno solo da guadagnare dalla situazione che si è venuta a creare nelle ultime settimane.

A chi conviene la guerra?

Certamente non a chi, sul teatro bellico, dalla guerra riceve lutti e sofferenze. In altro modo, a centinaia o migliaia di chilometri di distanza da carri armati e bombe, non conviene alle persone comuni, che hanno visto le proprie bollette schizzare alle stelle e per le quali fare il pieno alla macchina è diventato un salasso.

Altrettanto certamente, conviene invece alle società ed alle imprese che importano e distribuiscono il gas nel nostro Paese. Si tratta di un caso di scuola di cosa significhi concretamente ‘più mercato’ per le tasche della maggioranza della popolazione e vale la pena esplorarlo in dettaglio, con l’aiuto di un assoluto insospettabile. 

Come spiega, infatti, Carlo Cottarelli, il prezzo del gas che entra nelle nostre bollette e che paghiamo segue le quotazioni di questa materia prima sul mercato Ttf (Title Transfer Facility), dove ogni giorno enormi flussi finanziari speculativi si incontrano alla ricerca di profitti.

Per fare un esempio, nell’anno precedente allo scoppio della guerra il prezzo sul mercato Ttf – che, è bene ribadire, è quello rilevante per il calcolo delle nostre bollette – è aumentato del 550%. Tuttavia, le compagnie che importano e rivendono gas nel nostro Paese, quelle a cui paghiamo le nostre bollette, non pagano il gas al prezzo Ttf, ma sulla base di contratti di fornitura pluriennali, che hanno visto un aumento del costo del gas, sempre nello stesso periodo, del 58%.

Detto in parole semplici, le persone comuni pagano una bolletta in cui si considera che il costo della materia prima, il gas, è aumentato a dismisura, di più di cinque volte in un anno. Ciò ha portato a un aumento delle bollette di circa il 41 per cento nel trimestre in corso.

Le compagnie che il gas ce lo vendono e che incassano le nostre bollette, però, hanno visto un aumento effettivo dei costi di importazione dello stesso identico gas di circa un decimo dell’aumento del Ttf. Non è difficile capire dove va a finire questa differenza ampissima tra aumento dei ricavi e aumento dei costi effettivi delle compagnie importatrici, andando a foraggiare un’esplosione dei profitti delle imprese che operano nel settore del gas. Esplosione che la cosiddetta tassa sugli extra profitti annunciata dal Governo andrebbe a toccare in maniera marginale.

La narrazione dominante dei principali mezzi di comunicazione, d’altronde, porta a credere che il nostro Paese compri il gas da entità lontane ed astratte quali oligarchi russi, emiri e satrapi, che senza pietà si arricchiscono alle nostre spese.

La realtà dei fatti, però, ci racconta di come ENI, giusto per menzionare l’attore principale, abbia giacimenti di gas in Egitto, Indonesia, Costa d’Avorio (i giacimenti in questi tre Paesi rientrano nella categoria ‘giant’, la seconda nella classificazione dei giacimenti di gas, che comprende i giacimenti da 85 a 850 miliardi di m3), Algeria, Mozambico, Nigeria, Angola, Vietnam, Emirati Arabi Uniti etc. etc., in un contesto in cui il peso del gas nel mix energetico nazionale è passato dal 33,5% del 2014 al 48% del 2021.

Forse non serve neanche aggiungere che anche l’accresciuta dipendenza italiana dal gas è frutto di precise scelte politiche, ed in particolare è figlia dell’austerità fiscale che, a partire dal 2014, mette un freno agli investimenti pubblici in energie rinnovabili, il cui contributo alla produzione totale di energia ha avuto un andamento opposto a quello del gas, passando dal 43,2% del 2014 al 38% del 2021.

In questo quadro, da ormai diversi mesi, da quando cioè i prezzi delle materie prime hanno iniziato una corsa al rialzo che la guerra ha solamente peggiorato, un refrain ha fatto ciclicamente capolino, rilanciato a turno da Confindustria ed esponenti del Governo: bisogna aumentare immediatamente la produzione nazionale di gas, per limitare la nostra vulnerabilità a shock ed imprevisti esterni.

Nel 2021 la produzione nostrana di gas è stata pari a 3,1 miliardi di metri cubi, che corrispondono a circa il 4% del gas consumato in un anno in Italia, una percentuale risibile, con margini di incremento e una capacità di ridurre la dipendenza energetica italiana minimi.

Ma evidentemente non è questo che sta a cuore a chi suona la grancassa: nel 2021, 2,2 dei 3,1 miliardi di metri cubi di gas prodotti in Italia, circa il 71%, sono stati esportati all’estero, alimentando i profitti di pochissimi senza curarsi del fabbisogno energetico del nostro Paese.

Va detto che nel mercato dell’energia non sono soltanto i produttori di gas a guadagnare dalla crisi in corso. Anche le aziende fornitrici di energia rinnovabile sono state paradossalmente in grado di intascare profitti addizionali, a causa di un meccanismo perverso di determinazione dei prezzi energetici che lega in maniera indissolubile il prezzo dell’energia – quale che sia la fonte dalla quale viene prodotta – al prezzo del gas. Un’altra meraviglia dei meccanismi del mercato europeo dell’energia.

Una guerra, così come una pandemia, è per pochissimi un’opportunità e una fonte di arricchimento, come abbiamo provato ad argomentare qui, a pochi giorni dal pronunciamento della Camera che impegna il Governo ad aumentare le spese militari annue da 25,8 a 38 miliardi l’anno.

Disvelare gli interessi geopolitici ed economici di chi soffia sul fuoco e vuole risolvere la guerra con più guerra, scommettendo su una guerra di logoramento, è un tentativo, prima che sia troppo tardi, di mettere un granello di sabbia negli ingranaggi di chi ci vuole trascinare nel conflitto.

* Coniare Rivolta è un collettivo di economisti – https://coniarerivolta.org/

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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4 Commenti


  • Andrea Bo

    Non ci siamo.
    Che la guerra convenga all’investitore privato è chiaro, ma per approfondire certe cose sarebbe necessario un minimo di conoscenza dei fondamentali tecnici.
    Se il “contributo alla produzione totale di energia (da parte delle energie rinnovabili) ha avuto un andamento opposto a quello del gas” è semplicemente perché la redditività delle rinnovabili ha rivelato pesanti e intrinseci limiti tecnici materiali, legati anche (ma non solo) all’inaffidabilità e discontinuità della copertura del fabbisogno. E a questa scarsa redditività si sta ovviando da 15 anni con le incentivazioni che, fino a pochi mesi fa, erano coperte dagli esborsi degli utenti elettrici, tramite gli oneri di sistema conteggiati in bolletta: ora se ne fa carico il governo (cioè, secondo voi… chi?), altrimenti il problema sarebbe esploso all’evidenza, cosa che né PD né grillini vorrebbero.
    Parlare di “freno agli investimenti pubblici in energie rinnovabili”, è assolutamente insensato (e non a caso citate il Fatto Quotidiano, che in questi argomenti fa ormai da cassa di risonanza all’affarismo che ruota intorno alla galassia Kyoto Club, AzzeroCo2, Legambiente e co., e che da 15 anni se la passa alla grande sponsorizzando proprio quelle incentivazioni), e oltretutto vi state contraddicendo con quello che scrivete poco sotto: “Anche le aziende fornitrici di energia rinnovabile sono state paradossalmente in grado di intascare profitti addizionali”. Di sbagliato c’è solo l’avverbio “paradossalmente”.
    Ma davvero anche voi volete far passare come salvatori del pianeta i fondi di investimento o le mulitiutility (fasciste) degli installatori di rinnovabili, che di norma, fra l’altro, gestiscono tranquillamente centrali a qualsiasi cosa? Gli incentivi alle rinnovabili, partiti in seguito alla privatizzazione della produzione elettrica (guarda un po’…), hanno fin qui “estratto” dal “sistema Italia” più di 100 miliardi di euro (dati GSE), visto che è per un periodo di 20 anni dall’installazione dell’impianto che le incentivazioni vengono riconosciute al produttore PRIVATO. Ragazzi, sono PRIVATI… che investimenti pubblici chiedete per loro? Per chi state facendo la gara? Secondo voi da dove vengono quei 100 miliardi?
    “L’accresciuta dipendenza italiana dal gas è frutto di precise scelte politiche”. Sbagliato e fuorviante. Il gas è tecnicamente superiore al petrolio, al carbone e alle rinnovabili. Se la guerra si fa (anche) per il gas un motivo ci sarà. Gli incentivi al fossile ci sono, certo, ma sono sgravi fiscali: vuol dire che sono comunque innestati su un carico fiscale, dal quale finora gli incentivi alle rinnovabili erano stati esclusi del tutto: profitto puro, cioè.
    E’ un pessimo servizio all’informazione scrivere che, tornando a estrarre il gas che abbiamo, i “margini di incremento e una capacità di ridurre la dipendenza energetica italiana” sarebbero “minimi”. Possiamo infatti essere d’accordo che le riserve italiane di gas non coprirebbero l’intero fabbisogno italiano, ma… preferite lasciarle lì, e investire in pannellini fotovoltaici e ventole danesi e tedesche? Avete idea dei margini di incremento (in termini di TWh prodotti) che darebbe quella roba lì, e della materiale necessità di tempo e territorio per farlo? I tedeschi hanno impostato la loro Energiewende proprio su quella roba, investendoci anche più di noi, per trovarsi alla fine con la necessità… del NorthStream 2: secondo voi perché?
    Non basta essere economisti, e mi auguro che i precedenti contributi di Coniare Rivolta avessero fondamenti migliori di questo.
    Ma è quanto meno… preoccupante, che su Contropiano, col più classico degli approcci da “sinistra gnè-gnè”, si continui imperterriti a promuovere un assetto “tecnico” di produzione (rivelatosi fallimentare), dimenticandosi ogni volta di promuovere un assetto “politico”: cioè, banalmente la ri-nazionalizzazione e pianificazione della produzione di energia.
    Si fa politica o propaganda? E se si fa propaganda, per chi?


  • Vincenzo Morvillo

    Come sempre preziosissimi e illuminanti, i giovani economisti di Coniare Rivolta. I miei imprescindibili fari per orientarmi nei labirinti dell’economia e della finanza. Cunicoli dove per me regna, spesso, il buio più nero! 😊


  • marco brunetti

    DRAGHI E IL MIMETISMO BATESIANO

    E così, senza apparenti ostacoli e opposizioni, il 12 febbraio 2021, a soli nove giorni dalla convocazione di Mattarella, Mario Draghi scioglie la riserva e comunica i nomi del nuovo esecutivo
    Nominato anche l’uomo nuovo, Roberto Cingolani, il tecnico che avrà l’onere di presiedere il Ministero per l’Ambiente ed il neonato Ministero per la Transizione Ecologica

    Anche io ho un nome. Mi chiamo Marco Brunetti e sono una guida; ahimè sensibile! ..alle tematiche “green”, al potere simbolico della Natura e anche alla formazione delle giovani menti
    Troppo concentrato forse, per accorgermi che questa sensibilità oggi, può essere considerata un quasi handicap
    Da così tanti anni immerso nella palude italiana che impedisce di svolgere ogni professione che abbia come scopo un’autentica educazione ambientale, da avere più di una perplessità circa la nuova “squadra” di Governo
    In special modo preoccupato per l’incarico che naturalmente mi sta più a cuore, quello che dalle prossime settimane sarà nelle mani del prof. Cingolani

    Mi rivolgo a lei, cara direttrice, per avere un aiuto, perché una sua autorevole voce possa tranquillizzarmi, in questo periodo così difficile
    Magari lei, grazie alla sua esperienza e ad una prospettiva più ampia, supportata da considerazioni più serene rispetto alle mie, riuscirà a fugare i miei dubbi, ad allontanare quelle brutte domande che sono si mosse da una pregiudiziale mancanza di fiducia nella politica italiana, ma che più approfondisco il “chi sa cosa” e più mi sembrano essere circostanziate da fatti e vicende significative

    Condividerò quindi con lei qualche mia prima ricerca e nel frattempo suggerisco ai due tre lettori che si sentiranno coinvolti, di proseguire, alla ricerca dei fatti

    In fondo si tratta di res publica

    Roberto Cingolani, classe 1961, laureato in fisica nell’Università di Bari e specializzato nel 1990 alla Normale di Pisa. Fino al 1999 professore associato di fisica generale presso il Dip. di Scienza dei materiali dell’Università di Salerno. Dopo una pausa di 3 anni passati all’estero, tornato in Italia ricopre il ruolo di professore ordinario di fisica presso la Facoltà d’Ingegneria dell’Università del Salento, dove fonda e dirige il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie di Lecce
    Ma è dai primi anni del nuovo millennio che la sua carriera prende una svolta, infatti, dal 2005 fino al 2019 ricoprirà il ruolo di direttore scientifico dell’istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Sua sarà l’idea di istituire presso l’istituto, un laboratorio dedicato alla robotica riabilitativa
    Nel 2019, dopo una gestione apparentemente onesta ma che per la differenza tra finanziamenti percepiti/risultati attesi e obiettivi raggiunti, non è esente da critiche, lascia l’IIT e approda alla Leonardo S.p.A., ex Finmeccanica, società di punta nel settore difesa e aerospazio. All’interno della Leonardo viene nominato Chief Technology and Innovation Officer

    Anche da una lettura superficiale della sua biografia, non si può negare che la carriera di Cingolani sia molto brillante, e che le sue competenze, in materia scientifico-tecnica ed in ambito amministrativo, non lascino adito a dubbi circa le sue reali capacità

    Competenze. Capacità. Tecnica. Ma qui, direttrice, non si sta parlando di Ambiente?
    E anche se cerco più a fondo, nel lungo e articolato curriculum, io non trovo niente che faccia trasparire una particolare formazione in merito, né si scorge qualcosa che evidenzi una particolare sensibilità per l’Ecologia e le tematiche connesse

    A questo punto, però, lasciando al domani, quando le intenzioni si mutano in fatti, le allarmanti dichiarazioni appena pronunciate alla Camera dal nostro, circa la necessità di investire in intelligenza artificiale, cloud computing e materiali innovativi, direi di rendere più piccante la lettura andando a spulciare tra le attività e la mission dell’ultima grande azienda da lui diretta; giusto per dovere di cronaca, e per mettere luce sul suo campo d’azione dal 2019 ad oggi

    Leggiamo quindi sul sito ufficiale della Leonardo S.p.A., nella classica pagina “Chi siamo”:
    “Protagonisti nell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza [•••] Proteggere i cittadini, i territori, le infrastrutture. Questo ci rende un protagonista globale nell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza. Le nostre 49 mila persone lavorano ogni giorno per contribuire al successo dei nostri clienti, con soluzioni tecnologiche avanzate e una gamma completa e innovativa di servizi per ogni missione, per ogni scenario.”

    Dal mio punto di vista un’affermazione troppo criptica e generalista, che mimetizza al suo interno parole chiave troppo note a chi si occupa di zone di conflitto, per non suscitare una certa inquietudine
    E infatti, se vogliamo addentrarci nelle pagine successive, allora dobbiamo farlo in fascia protetta, quando i bambini sono lontani dalle barbarie degli adulti, al sicuro nelle loro camerette
    Perché?

    Faccio un esempio: clicco su un settore fra i meno allarmanti, quello che vede la progettazione, produzione e commercializzazione di elicotteri
    In capo all’elenco troviamo aeromotori usati in ambito civile e di soccorso, non certo “green” ma di supporto a tante attività meritorie e comunque necessari per ogni società che voglia dirsi civile e progredita
    Però, se scorro in basso, accanto ai velivoli più tranquillizzanti, mi consenta la metafora, trovo i “prodotti di punta”: il SW4, l’AW119M, l’AW109 TREKKER M, l’AW109M ed il mitico AW169M equipaggiato con armi interne che includono una mitragliatrice da 12,7 mm o due mitragliatrici da 7,62 mm e con armi esterne che comprendono mitragliatrici da 7,62 mm, 12,7 mm, razzi guidati e non, missili aria-terra
    Vogliamo andare oltre? Andiamo
    Calando il sipario sul settore “aria” e lasciando perdere i banali Fighter Attack o i flessibili nEUROn, con il loro armamento intelligente e la loro bassa osservabilità, clicco, a questo punto seriamente incuriosito, sulla pagina che raccoglie i prodotti ed i servizi ricadenti nel settore “terra”
    E quí vengo attratto da un sottomenu che apre nel mio immaginario scenari veramente poco rassicuranti: il “Sistema soldato”

    “Totale controllo dello scenario tattico
    Capacità aumentata di letalità, mobilità, comando e controllo, sopravvivenza e sostenibilità.[•••] Leonardo ha sviluppato soluzioni specifiche fornendo all’ Esercito, una serie di moderni equipaggiamenti che facilitano le operazioni digitalizzate del soldato, allo stesso tempo massimizzando la capacità di attacco / difesa e aumentando la sicurezza.”

    Basta così. Anche perché andare oltre su questa strada non serve. Non intendo certo con queste riflessioni accusare la Leonardo, azienda legittima che, seppur stralciando qualche comma costituzionale e avendo al suo interno vecchi retaggi di brutte storie passate, oggi contribuisce parecchio al nostro PIL e di conseguenza alla ricchezza di noi tutti e del nostro Sistema Italia
    Certo, porta anche al mio piatto, se così grossolanamente vogliamo vederla

    Quello che invece mi risulta di difficile comprensione è come possano essere compatibili per il nostro neo Ministro, ruoli così distanti tra di loro
    Come può un uomo normale avere l’elasticità mentale per riuscire a spostare la sua attenzione dalla fisica e spettroscopia dei semiconduttori, dagli effetti quantistici nelle strutture a bassa dimensionalità, dalla optoelettronica, dai polimeri per fotonica ed elettronica e dalle nanotecnologie su sistemi ibridi inorganico-organico, all’urgente problema della gestione ambientale del territorio italiano?
    Sarà certamente una persona diversa da me, uno scienziato dalle doti eccezionali, che farà anche yoga, meditazione zen e sesso tantrico contemporaneamente
    Infatti, un uomo lucido come Draghi, è convinto che Cingolani ce la farà, che riuscirà nella sfida

    Mario ha fiducia che Roberto convertirà il suo modus cogitandi, e da uomo responsabile riuscirà a concentrarsi con risolutezza sull’importanza della sua missione; sulla necessità di garantire la sopravvivenza ed il mantenimento di ogni forma di vita animale e vegetale presente in Italia; sull’estrema necessità di porre misure per arginare l’impatto antropico delle attività industriali, il dissesto idrogeologico e la progressiva desertificazione delle aree costiere
    E sull’urgenza improcrastinabile di intervenire per educare i giovani al rispetto dell’Ambiente, fornendo loro i supporti e gli strumenti idonei per appassionarli, per accompagnarli nella crescita, e per restituirli al futuro come esseri umani maturi, riflessivi e consapevoli di essere parte del tutto

    È sbagliato il mio punto di vista direttrice? Sono domande paranoiche? Mah! Forse sarà così, ma da solo non riesco a levarmele dalla testa. Più ci penso e più mi sembra che tutto questo teatrino sia stato messo in piedi in attesa della pastoia del Recovery
    Io non vedo altri che lupi travestiti, e pure malamente, da agnelli; perché il flusso si concentri nelle solite mani e converga verso le solite “opere giuste”; per fare si che i sudditi avallino opere ammantate con una nuova etichetta green, ma in realtà lontanissime da problemi come quello dei terrazzamenti in Liguria, distanti anni luce dalla depurazione dei reflui e dalla ristrutturazione e consolidamento delle infrastrutture esistenti nel nostro Paese..
    In un ottica meschina potrei semplificare dicendo: vedo uomini intenti a portare avanti opere sempre più mirate a fagocitare risorse e ad emarginare i mansueti, a rilegarli nel comodo ruolo di consumatori silenti-assenzienti

    Ma mia direttrice mi dica, a cos’altro dovrebbe pensare un Ministro per l’Ambiente? Per quali assilli dovrebbe cedere alla veglia le sue preziose ore notturne? Quali azioni concrete dovrebbe promuovere?
    A quale progetto dovrebbe collaborare se non a quello che restituisca umanità agli uomini, a quello che abbia come output una nuova generazione sintonizzata con la Terra, che si senta essa stessa Ambiente, che produca cittadini capaci di accarezzare una pietra con lo stesso calore con cui si preoccupano di rivestire con un cappottino un cucciolo di cane? In che altri termini potrebbe ragionare un essere pensante degno di tale nome?

    Per Socrate! Mi risponda direttrice! O traduca le mie ansie in uno squillo di tromba cosi argentino da risvegliare i morti!!

    (lettera inviata al Manifesto in data 13 febbraio 2021. Mai pubblicata, mai ricevuta risposta)


  • Andrea Bo

    Non ci siamo.
    Che la guerra convenga agli investitori privati è chiaro, ma.. per approfondire certe cose sarebbe necessario un minimo di conoscenza dei fondamentali tecnici.
    Se il “contributo alla produzione totale di energia (da parte delle energie rinnovabili) ha avuto un andamento opposto a quello del gas” è semplicemente perché la redditività delle rinnovabili ha rivelato pesanti e intrinseci limiti tecnici materiali, legati anche (ma non solo) all’inaffidabilità e discontinuità della copertura del fabbisogno. E a questa scarsa redditività si sta ovviando da 15 anni con le incentivazioni che, fino a pochi mesi fa, erano coperte dagli esborsi dell’utenza elettrica, tramite gli oneri di sistema conteggiati in bolletta: ora se ne fa carico il governo (cioè… chi?), altrimenti il problema sarebbe esploso all’evidenza, cosa che né PD né grillini vorrebbero.
    Parlare di “freno agli investimenti pubblici in energie rinnovabili”, è assolutamente insensato (e non a caso citate il Fatto Quotidiano, che in questi argomenti fa ormai da cassa di risonanza all’affarismo che ruota intorno alla galassia Kyoto Club, AzzeroCo2, Legambiente e co., e che da 15 anni se la passa alla grande sponsorizzando proprio quelle incentivazioni), e oltretutto vi state contraddicendo con quello che scrivete poco sotto: “Anche le aziende fornitrici di energia rinnovabile sono state paradossalmente in grado di intascare profitti addizionali”. Di sbagliato c’è solo l’avverbio “paradossalmente”.
    Ma davvero anche voi volete far passare come salvatori del pianeta i fondi di investimento o le mulitiutility (fasciste) degli installatori di rinnovabili (che di norma gestiscono tranquillamente centrali a qualsiasi cosa)? Gli incentivi alle rinnovabili, partiti in seguito alla privatizzazione della produzione elettrica (guarda un po’…), hanno fin qui “estratto” dal “sistema Italia” più di 100 miliardi di euro (dati GSE), visto che è per un periodo di 20 anni dall’installazione dell’impianto che le incentivazioni vengono riconosciute al produttore PRIVATO. Ragazzi, sono PRIVATI… che investimenti pubblici chiedete per loro? Per chi state facendo la gara? Secondo voi da dove vengono quei 100 miliardi?
    “L’accresciuta dipendenza italiana dal gas è frutto di precise scelte politiche”. Sbagliato e fuorviante. Il gas è tecnicamente superiore al petrolio, al carbone e alle rinnovabili. Se la guerra si fa (anche) per il gas un motivo ci sarà. Gli incentivi al fossile ci sono, certo, ma sono sgravi fiscali: vuol dire che sono comunque innestati su un carico fiscale, dal quale finora gli incentivi alle rinnovabili erano stati esclusi del tutto: profitto puro.
    E’ un pessimo servizio all’informazione scrivere che, tornando a estrarre il gas che abbiamo, i “margini di incremento e una capacità di ridurre la dipendenza energetica italiana” sarebbero “minimi”. Possiamo infatti essere d’accordo che le riserve italiane di gas non coprirebbero l’intero fabbisogno italiano, ma… preferite lasciarle lì, e investire in pannellini fotovoltaici e ventole danesi e tedesche? Avete idea dei margini di incremento (in termini di TWh prodotti) che darebbe quella roba lì, e della materiale necessità di territorio per farlo? I tedeschi hanno impostato la loro Energiewende proprio su quella roba, investendoci anche più di noi, per trovarsi alla fine con la necessità… del NorthStream 2: secondo voi perché?
    Non basta essere economisti, e mi auguro che i precedenti contributi di Coniare Rivolta avessero fondamenti migliori di questo.
    Ma è quanto meno… preoccupante, che su Contropiano, col più classico degli approcci da “sinistra gnè-gnè”, si continui imperterriti a promuovere un assetto “tecnico” di produzione (rivelatosi fallimentare), dimenticandosi ogni volta di promuovere un assetto “politico”, cioè, banalmente la ri-nazionalizzazione della produzione di energia.
    Si fa politica o propaganda? E se si fa propaganda, per chi?

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