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Chi arma il rinascente squadrismo neo-fascista?

L’attuale esecutivo di “destra-centro” oltre a proseguire – ed approfondire – le politiche neo-liberiste e guerrafondaie del governo Draghi, deve fare quel lavoro sporco che i tre esecutivi precedenti (Conte, Conte bis ed infine quello “tecnico” dell’ex governatore della BCE) non potevano intestarsi.

La visione del mondo di Fratelli d’Italia e di una parte non secondaria della dirigenza della Lega è profondamente fascista, più democristiana ma non meno anticomunista quella di Forza Italia.

Sono fascisti dentro, come abbiamo puntualmente denunciato subito dopo i noti fatti della Sapienza.

Non passa giorno che, in maniera piuttosto marcata, si ripropongono in quelle vesti, anche quando cercando di “rettificare” in parte le affermazioni scomposte, senza però  mai modificarne il significato e, soprattutto, sia l’orientamento che il metodo politico.

Aspetti che delineano una simbologia identitaria cui tengono molto, non proprio ascrivibile alla mera “destra conservatrice”.

Anche in questo, una parte della sedicente “sinistra” ha responsabilità precise e di lunga durata nello sdoganamento del fascismo e, contemporaneamente, nella “normalizzazione” del neofascismo; ossia due fenomeni coevi e profondamente intrecciati.

L’elenco sarebbe lungo e tedioso, ma è chiaro che ha creato un collante culturale che ha decimato gli anticorpi di un antifascismo che non fosse pura retorica a fini elettorali.

L’escalation in Ucraina e la politica bellicista del governo Draghi – sostenuto da PD, Lega, M5S, FI e mai sostanzialmente osteggiato da FdI – ha portato a compimento questo processo grazie all’attiva collaborazione degli apparati culturali e dei media mainstream, fino a livello parossistici.

La favola dei neonazisti ucraini dipinti come “neo-kantiani” sembra più il prodotto di uno stato alterato di coscienza causato dall’abuso di sostanze psicotrope che non “giornalismo”…

Mentre si incensavano i battaglioni neonazisti che dal 2014 combattevano contro le popolazioni del Donbass, si lasciavano agire impuniti i neonazisti che qui in Italia (ucraini e “autoctoni”, insieme) che attaccavano iniziative contro la guerra, feste popolari di quartiere, giungendo al più vile degli attacchi contro una compagna in puro stile di (fortunatamente solo tentato= “stupro di guerra”.

Una situazione che anche una parte  della sinistra antagonista non ha correntemente decifrato e, conseguentemente, non ha politicamente denunciato, con un cortocircuito logico-politico evidente quanto avvilente.

Tutto questo mentre un flusso di armi arrivava in Polonia in direzione Kiev senza che nessuno potesse esattamente capire a chi poi venissero consegnate (l’ha denunciato l’Interpol e persino il Dipartimento di Stato Usa), e si infittivano i legami tra la variopinta comunità neofascista italiana – ed europea in genere – e i banderisti ucraini.

Rapporti “covati”  almeno dai moti di piazza Maidan nel 2014.

Risultato: un fiume di armi incontrollato prima o poi (se non già ora…) tornerà da dove è partito, ma in mano alla criminalità organizzata e a gruppi neofascisti. E una nuova generazione di soldati politici di ultradestra tornerà in Italia dopo avere combattuto fianco a fianco dei neonazisti in Ucraina, in una guerra fortemente voluta dalla NATO.

Se colleghiamo le varie inchieste giudiziarie su questa galassia, il quadro è inquietante.

Ma torniamo al ragionamento iniziale.

Uno dei compiti fondamentali di questo governo è stroncare preventivamente, per conto del padronato, ogni opposizione politico-sociale – quella di Palazzo è in questo contesto innocua ed anzi per molti versi funzionale – prima che assuma un profilo in grado di impensierire l’agenda della Meloni scritta tra Washington e Bruxelles, tranne qualche ridicola smargiassata ultra-reazionaria sul piano “culturale”.

In prima linea si trovano quei comparti avanzati della classe come il sindacalismo conflittuale e di base, che ha ritrovato una indispensabile unità d’azione con lo sciopero generale del 2 dicembre, e il variegato movimento studentesco che sta prendendo forma nelle scuole medie superiori come nelle università, e che sarà protagonista della mobilitazione nazionale contro la guerra il 3 dicembre a Roma.

Sgomberiamo subito il campo dagli equivoci: sia il “nuovo movimento operaio” che quello studentesco costituiscono un problema in prospettiva se riusciranno a legare a sé una parte relativamente consistente dei ceti popolari, e non lo sono immediatamente già qui e ora.

In secondo luogo, le mobilitazioni cui abbiamo fino a qui assistito a livello sindacale e studentesco sono state il frutto di un certosino e defatigante sforzo soggettivo nel contesto di una società “stagnante”, dove il conflitto di classe è ridotto al lumicino.

Inoltre c’è sempre da ricordare che la filiera della “sinistra istituzionale” e dei suoi corpi intermedi ha ancora una relativa capacità di mobilitazione, nonostante i contenuti ambigui, strumentali, deboli, inadeguati allo spessore delle contraddizioni esistenti, ma purtroppo ancora capace di “inquinare” ogni tentativo di generosa ripresa conflittuale.

Soprattutto, questa filiera non è in grado – e non ne ha neanche l’intenzione – di elaborare un’alternativa credibile, foss’anche blandamente neo-socialdemocratica, tanto è filo-atlantista e filo-UE. Ed ha comunque  una “classe dirigente” che sembra uscita dal circo Barnum.

In questo contesto la “Destra-centro”, insieme ad una battaglia ideologica costante e ridondante, usa – e soprattutto userà – gli strumenti tipici dello squadrismo ed il manganello contro quelle che sono le esperienze organizzate del movimento operaio e studentesco, lì dove la destra si sente più forte e protetta e gli si concede maggiore terreno.

In quegli ambienti c’è chi pensa che questa sia l’occasione buona per fare i conti con il “nemico interno”. Specie se questo nemico è costituito da una generazione cresciuta nella crisi, senza prospettiva, che può però svolgere una funzione generale nella ripresa del conflitto di classe nel nostro paese.

Giuseppe Valditara, non ha forse dichiarato al Sole24Ore: «Un buon genitore si preoccupa che questi ragazzi abbiano gli strumenti per farcela nella vita, altrimenti rischiano di essere degli sbandati»?

Per la precisione, utilizzando la non proprio finissima categoria sociologica di sbandati, si riferiva a chi lascia gli studi, senza minimamente indagare i perché di tale scelta, di cui naturalmente si incolpano soltanto i genitori ed una scuola ancora “troppo poco azienda” ai suoi occhi.

La realtà è che gli studenti vivono in scuole-gabbia, che li mandano a morire in alternanza scuola-lavoro e che risolvono qualsiasi problema in una ottica disciplinare e poliziesca, a volte con punte distopiche che ricordano il pinkfloydiano The Wall.

La proiezione politica di tutto questo è l’obiettivo padronale e reazionario di realizzare il grado zero di organizzazione studentesca fuori e dentro gli istituti; e, dal punto di vista del movimento operaio, similmente, il trattare il sindacalismo come “pratica criminale”, come dimostrano i fatti di Piacenza di questa estate.

In questo caso, fuori dalle mura degli istituti, dove non arrivano i manganelli della polizia e la zelante opera della Digos, si inserisce e, prevedibilmente si manifesterà l’azione del neo-fascismo contro le organizzazioni studentesche.

Abbiamo una lunga tradizione neo-fascista in questo senso, a far data almeno dali anni Sessanta, che purtroppo ci sembra sia stata dimenticata da coloro che non comprendono l’attuale gravità della situazione, considerato anche il differente contesto: neo-fascismo sdoganato anche “a sinistra”, “camerati” addestrati all’uso delle armi, relativa facilità per chi è interno ad alcuni circuiti nel procurarsi delle armi provenienti da contesti bellici, una sinistra “democraticista” che ha dimenticato le più elementari nozioni di auto-tutela, e soprattutto la copertura istituzionale di cui godono neo-fascisti, ovviamente ora più di prima.

Per questi motivi non va sottovalutato alcun fenomeno di riemersione dello squadrismo specie se perpetrato nei confronti del movimento studentesco, e va data una risposta all’altezza sul piano politico e “di massa”.

Che un gruppo di fascisti a volto coperto e con le mani alle cinghie faccia una incursione in un locale dell’Arci, a La Spezia, mentre si svolge una festa organizzata da OSA il giorno dopo la riuscita mobilitazione studentesca del 18 novembre, è un fatto che dovrebbe preoccupare e fare accendere una sorta di “campanello”, specie se si inserisce sulla scia di intimidazioni avvenute nelle settimane precedenti nella stessa città.

Non è un fatto isolato e locale, ma un tassello di un puzzle più ampio che rischia di estendersi, assolutamente non rubricabile ad una forma un po’ spinta di “bullismo”.

Su questo terreno “cedere un poco significa capitolare molto”.

L’uso della manovalanza neo-fascista da parte del governo di destra-centro non può essere accettato con “spirito di rassegnazione” ed un sostanziale immobilismo, lo stesso che abbiamo visto in questi anni di fronte al riemergere del fenomeno.

Per questo l’Assemblea all’Arci Canaletto, a La Spezia, domenica 27 novembre alle ore 18:00, in risposta a ciò che è accaduto e soprattutto per impedire che si ripeta, è un primo momento importante, anche per richiamare la politica locale e nazionale alle sue responsabilità affinché nessuno provi a “fare lo struzzo”.

Detto altrimenti va smascherata la regia politica in questa divisione dei ruoli tra neo-fascismo istituzionale in tailleur della Meloni e quello dei “camerati” che agiscono a volto coperto.

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2 Commenti


  • Manlio Padovan

    I politici, superato la soglia dell’agitatore sociale, hanno sempre altri interessi da difendere che non sono i nostri.
    Non mi pare che il fascismo sia mai stato seriamente combattuto nel nostro paese, che lo ha inventato: e lo ha inventato perché è un paese cattolico…ma i politici se ne fregano: vedi l’art. 7 in c:.. Tanto che Carlo Levi ha scritto dell'”eterno fascismo italiano”.


  • Sergio

    primo suggerisco un titolo: governo Meloni, neofascisti zerbino dei padroni…perché non tanto, o non solo, il fascismo è nato in Italia, cioè non trovo qui il nocciolo del fascismo che nasce, è il prodotto delle classi dominanti per garantirsi il profitto capitalista…

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