Menu

Un poker senza assi

Eppure c’è qualcosa di “profondamente italico” nel suo modo di reagire. Come un giocatore di poker che una volta dichiarato “buio” non può far altro che rilanciare continuamente pur di non far “vedere” le carte che ha in mano. Gli italiani reagiscono alla stesso modo alla crisi: uno studio pubblicato da IlSole24Ore rivela che, mentre i consumi delle famiglie arrancano (+2,5% nel 2010), il settore dei giochi registra un incremento del 13%, pari a 61,4 miliardi, il 7% del pil procapite. Una follia che sposta sulla “fortuna” – invece che sulle proprie capacità di realizzare progetti – la possibilità di uscir fuori da una brutta situazione.

Fine della similitudine, però. Berlusconi non spera e basta. Agisce per cambiare le carte, rovescia il tavolo, si fa passare un mazzo dai suoi compari, minaccia l’arbitro e spegne la luce.

Ciò nonostante, non riesce a concludere e voltar pagina.

È questo, più che la sua indubbia capacità di galleggiamento, il dato caratteristico della sua avventura politica. Ha scompaginato avversari inconsistenti, ma ha perso anno dopo anno alleati che non chiedevano altro che di stare alla sua ombra (Buttiglione, Fini, Casini) fino alla naturale successione fisiologica. Ha cambiato la Costituzione materiale, ma non riesce a disegnarne un’altra anche formale. Ha fatto scrivere decine di leggi ad personam senza arrivare mai ad una copertura efficace dalla minaccia dei processi. La sua squadra domina il campo, conduce sempre per uno a zero, ma non riesce ad andare in rete una seconda volta e chiudere davvero la partita.

Merito della resistenza opposta da magistratura, Corte Costituzionale, Quirinale, pezzi di informazione in mano agli avversari (quella “libera”, in Italia, esiste solo nelle chiacchiere da talk show)? O demerito suo?

 

A noi sembra vera la seconda ipotesi. Il suo blocco di potere è potente quanto le mafie e gli appaltisti di opere pubbliche, ma quanto quelli privi di “strategia” di lungo periodo. Esprime una cultura rapace, che vede le occasioni e sbarra la strada a chiunque altro, che si appropria per prima di qualsiasi contingenza profittevole. Ma non “fa sistema”. Non costruisce futuro, non delinea progetti appetibili per l’insieme della “classe dominante”.

Il suo rapporto con le imprese è stato altalenante nei momenti normali della congiuntura. Sempre più vicino e simpatetico con le “piccole” che non con le grandi o multinazionali. Sempre ai margini del “salotto buono”, dove la sua ricchezza gli dava certo diritto di ingresso, ma mai l’autorevolezza del pari grado. In certi ambienti è sempre rimasto “l’impresario”, non è mai stato riconosciuto come un vero “imprenditore”.

Nella crisi – malignamente esplosa nella percezione collettiva proprio nel momento del suo trionfo elettorale – la futilità strategica del suo esercito di figuranti è emersa appieno. Tremonti e Sacconi hanno fatto il massimo, blindando i conti pubblici per evitare il dissesto e azzerando le tutele del lavoro per “stimolare” o accontentare le imprese; ma sono mosse che perpetuano il passato, consentono qualche mese o anno di vita in più per quel tipo di imprenditoria petecchiosa, a ricasco della spesa pubblica orientata da clientes, destinata a sicura morte.

Ora i nodi stanno arrivando al pettine. Ruby e le altre hanno un’importanza mediatica solo per “il popolo televisivo”, per quanti dovevano credere nell’”uomo della provvidenza”. È la “borghesia” ad aver necessità di scollarlo da palazzo Chigi, di ridimensionarne l’influenza in Mediobanca (cominciando dalle Generali) e nel sistema bancario, di metter mano a qualche progetto-paese non scritto sul cartone dei suoi amati fondali azzurro cielo.

Le elezioni amministrative sono chiaramente il test decisivo per la legislatura. L’ha ammesso per una volta chiaramente lui stesso, proprio ieri. Era implicito nel suo presentarsi come capolista a Milano, in estremo appoggio a una Letizia Moratti in semi-coma (la vicenda tragica dell’Expo riassume una volta per tutte la sua inconsistenza manageriale; o l’ingorgo di interessi contrastanti all’interno dei suoi sponsor). Berlusconi ha posto lì la sua asticella: vittoria a Milano al primo turno. A casa sua, sul trampolino di lancio della sua meteora. Se non passa lì, vuol dire che il tempo dell’avanzata è finito e inizia quella della ritirata. O della fuga.

 

Confindustria ha già fissato i tempi: il 7 maggio si riunisce l’Assise, fatto straordinario già di per sé. E rimarrà “chiusa” sia ai media che alla politica, per evidenziare quanto un determinato legame con l’uomo di Arcore sia definitivamente saltato. Per mostrare a tutti che Luca Cordero di Montezemolo è l’uomo proposto dalla “società civile” come sostituto dell’”impresario”.

A questa Assise la Cgil porterà in dono uno sciopero generale che meno conflittuale non poteva essere. Nemmeno una parola contro le imprese, recriminazioni e lamentele solo verso il governo. Non verso le sue politiche, addirittura, ma solo contro gli uomini che lo compongono. E nemmeno tutti (Tremonti e Sacconi quasi non compaiono nelle dichiarazioni pubbliche della Camusso). Per essere più concreta, la Cgil porterà in dono anche una proposta di “riforma del modello contrattuale” difficilmente distinguibile dal “modello Cisl”, ossia da quello già siglato con accordo separato nel gennaio 2009. Almeno, questa è la speranza o promessa della Camusso; pare che non sarà così semplice farlo approvare in sede di Direttivo.

 

Lo schieramento sociale è quindi chiaramente delineato. Le armate di Confindustria si affiancheranno a quelle della Cgil, mentre Cisl e Uil – troppo filogovernative, fin qui – stanno seguendo un profilo basso e resteranno a guardare. Ma sulla loro fedeltà alle imprese nessuno, ormai, ha più ragione di dubitare.

Magistratura, Quirinale e opposizione parlamentare ringraziano. Del resto, quanto a idee lungimiranti, non è che stiano meglio di Berlusconi. Beppe Pisanu, da vecchio democristiano, ha fiutato l’aria e cominciato a tirar su l’ancora. La Lega soffre: a base non ne può più, ma “il federalismo” sul piano legislativo è ancora a metà del guado. Vorrebbe mollare il nano, ma non può. Si limita a correre da sola là dove può farlo; marca il territorio per ogni scenario futuro.

 

Lo scontro è aperto a tutti i risultati. Lui sta picchiando su tutti i tasti immaginabili per mantenere – recuperare avrebbe del miracoloso – consensi “forti”. L’attacco ai “professori di sinistra” che renderebbe pericoloso mandare i figli alla scuola pubblica rappresenta lo sforzo estremo di accontentare quella parte della Chiesa che ha tutto da guadagnare da crollo dell’istruzione statale. Ma forse è esagerato anche per loro: in fondo alla scuola privata si paga, e non possono certo abbassare le rette per accogliere tutti…

L’attacco ai giudici è all’atto finale. Ma ha un valore principalmente elettorale. Serve a raccattare ancora voti malavitosi, più che iper-garantisti. All’indomani del voto sapremo se questa guerra potrà proseguire fino alla riduzione dell’ordine giudiziario a custode di palazzo Chigi, o con ilprecipitare dei mandati a comparire. Tertium non datur, se qualcuno – nei salotti che contano – non riuscirà a trovare per Berlusconi un “salvacondotto” che lo rassicuri verso la sorte della sue proprietà e l’esenzione dalla galera.

Anche sulle tasse proverà a sparare qualcosa. Ma visto che non le ha mai ridotte, non potranno essere altre promesse. Al massimo, si proporrà come argine insuperabile contro la “patrimoniale” che prova ad attribuire ai suoi avversari. Non un granché, in fondo; solo il mantenimento dello statu quo.

I definitiva, che Berlusconi sia arrivato al digestivo è possibile. Che questo preluda a un progresso nelle condizioni di vita di lavoratori, giovani, precari, pensionati… ci sentiamo di escluderlo. A massimo avremo qualche urlo in meno nei talk show e dei telegiornali meno fatui. Un po’ poco, per entusiasmarsi. Quanto basta appena per tornare ad affrontare i problemi veri senza tutto quel chiasso sullo sfondo.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *