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Referendum. Il governo ha il fiato corto

Poi ci sono i colpi che sono venuti dal suo amico Gheddafi, dal suo amico Sarkozy, dai suoi amici della NATO e dalle sue innumerevoli figuracce fatte nel consesso dei potenti mondiali; abbiamo un governo che ormai balla il “saltarello” e che va da una posizione ad un’altra con il massimo della disinvoltura ma anche con il massimo dei costi, che vengono pagati  dall’erario pubblico, cioè da noi, per cementare una maggioranza in continua ristrutturazione.

L’ultima mossa in ordine di tempo è il dietrofront sul nucleare spacciato come risposta alla tragedia di Fukushima ma in realtà determinato dal terrore di perdere una competizione che viene dopo un probabile arretramento del Popolo delle Libertà nelle elezioni locali, evidenziando una crisi politica e di prospettive palese per tutti. Il rischio che oltre il 50% degli elettori si recasse alle urne referendarie sull’onda della risposta emotiva ai fatti giapponesi è fin troppo evidente ed è stata anche rilevata dai sondaggi.

La vittima sacrificale è, ancora una volta, quella democrazia che viene evocata sempre a giustificazione di tutti gli interventi militari che vengono fatti in diverse parti del mondo, ad eccezione dei paesi imperialisti che si sono assurti al ruolo di giudici mondiali. Ma la sorte dei referendum nel nostro paese non è solo determinata dal governo “fascista” di Berlusconi, ma anche dalle scelte fatte negli anni passati da tutte le forze politiche di governo che hanno tentato di depotenziare questo strumento di democrazia partecipata, che stanno discutendo di come rendere più difficile l’accesso a questa forma di espressione popolare; ma anche dai Radicali, i quali hanno fatto un uso indecente dei referendum svilendolo e minando la credibilità di un importante strumento democratico che raramente vede il raggiungimento del quorum previsto.

Si ripropone comunque il nodo della rappresentanza e della democrazia in questo paese. Il sistema politico ed istituzionale costruito negli ultimi 15/20 anni ormai diviene sempre più ermeticamente chiuso alle istanze popolari. Le soglie poste in ogni tipo di scadenza elettorale, il depotenziamento dei referendum, l’eliminazione pianificata di tutte quelle espressioni non compatibili con i dettami della ideologia dominante fanno ormai parte di un sistema bipolarista condiviso dal centrodestra e dal centrosinistra; sistema dove viene annegata l’esigenza di una rappresentanza politica delle classi subalterne di questo paese per renderle inermi di fronte alla crisi di un sistema che è sempre più in difficoltà a produrre egemonia sulle classi sociali. Ritorna di nuovo il nodo della rappresentanza. E’ una questione che riguarda le forze della sinistra di classe, anticapitaliste ma anche i “semplici” democratici del nostro paese. Il referendum è una occasione per riprendere una discussione lasciata per troppo tempo in sospeso, approfittiamo di questa campagna referendaria per farlo.

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