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Il tappo tiene

Si è brindato troppo presto alla caduta di Berlusconi sul rendiconto dello Stato. Tutti hanno ragionato nei termini della correttezza istituzionale minima (“se non hai più la maggioranza ti dimetti e te ne vai”) dimenticando che l’uomo è anti-istituzionale per natura e intima convinzione. Il suo mondo comincia e finisce con se stesso. Al massimo include la sua famiglia. Più precisamente i figli. Il resto non conta, è solo materia per realizzare i suoi progetti o ostacolo da rimuovere.

 

Cosa significa infatti dire “me ne vado dopo l’approvazione della legge di stabilità”?
Berlusconi sa come tutti noi – e comunque meglio dei comuni raccoglitori di notizie – che la Ue chiede una manovra aggiuntiva, oltre all’approvazione in tempi rapidissimi di quanto previsto nella lettera che lo stesso Cavaliere ha consegnato al Consiglio europeo, il 28 ottobre. E sa che qualunque futuro governo senza di lui non potrebbe che fare altrettanto, pena lo scatenarsi delle furie speculative dei “mercati” contro ciò che resta dei titoli di stato italiani.

Sa anche che nessuno dell’attuale opposizione può votargli quello che metterà ai voti con la fiducia. Per il buon motivo – non ideologico – che in quel super-maxi-emendamento ci saranno schifezze indigeribili per chiunque (basti pensare alla norma per la modifica del diritto ereditario solo per poter cambiare le quote per i propri figli). Ed è alquanto improbabile che “i traditori” tornino all’ovile soltanto per quella votazione.

 

Dunque, cosa vuole fare con questa mossa?

Impedire il “governo tecnico” o di “emergenza nazionale”? Non sarà facile neppure per lui tenersi stretti i parlamentari che vogliono arrivare fino al termine della legislatura prima di tornare nell’anonimato. Questi voteranno qualsiasi governo garantisca quella scadenza. La stessa pressione (mondiale, ormai) a “fare presto” spinge in direzione di un governo qualsiasi che obbedisca alla Ue; e che faccia una nuova legge elettorale tale da impedire il ricrearsi di una situazione simile. E Napolitano, comunque, ha già in tasca una “maggioranza tecnica”.

Salvare le proprie aziende? Anche qui è un gioco difficile, visto che le principali – come Mediaset – vivono della sua immagine riflessa. Senza di lui come elemento centrale del quadro politico rischiano il tracollo esattamente come i giornali antiberlusconiani.
Non resta che l’ipotesi più tragica: non intende affatto uscire di scena. Certo, il suo appeal è quasi azzerato, la sua capacità manipolatoria delle fasce meno acculturate si è affievolito di molto (pure il “Grande fratello” perde colpi nell’audience…). Certo deve passare la mano a qualcun altro del suo entourage, a quell’Alfano di cui parla tanto bene. Ma per far restare a galla il suo blocco di potere – quello indicato anche da Ue, Fmi e Bce come “parte del problema economico Italia” – diventa necessario distruggere tutto ciò che può venire di alternativo. Foss’anche un governo targato Bce.

 

Ogni giorno che passa la situazione peggiora? E allora lui fa passare più giorni possibile, nel tentativo di azzoppare preventivamente i successori e poter dare poi loro la colpa di tutto ciò che di negativo da questo marcire deriva.

Il suo rischio maggiore? Che ai piani alti della governance globale decidano di evitare le lungaggini procedurali della democrazia e facciano alzare in volo un drone…

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