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Non c’è un “piano B”

Buttar giù il governo di Berlusconi è stato in fondo facile, rapido, asettico. Costruire una struttura di governo in grado di portare avanti la governancedecisa dalla troika si sta rivelando invece più complicato. E “i mercati” non mollano la loro presa, esercitando “pressione” affinché la manovra si concluda varando un esecutivo a loro gradito. Pardon, che “conquisti la loro fiducia”.

Il problema è che in Italia esiste una classe dominante, ma non una classe dirigente. C’è chi è pronto a comandare, ma senza un progetto. La “borghesia” in senso europeo non si è mai formata veramente. Così come non c’è mai stato un partito liberale con basi di massa. E in qualche misura ha ragione Mario Monti a lamentare, in un suo vecchio intervento, l’inesistenza persino di un “cultura liberale” in questo paese. Quindi non c’è una “classe” di imprenditori capace di concepirsi come tale, ma solo imprenditori singoli. Al massimo associati per interessi o contiguità di breve orizzonte.

Sul piano politico, una volta finita la “guerra fredda” – e dunque l’obbligo di “fare massa” contro “il comunismo” – hanno frammentato la propria rappresentanza in modo corrispondente. Tra nordisti territorializzati e meridionali altrettanto, tra quelli in grado di delocalizzare e gli incapaci ad uscire dal municipio, tra chi ha una produzione vera e chi campa di subappalti. O peggio.

Su questa melma si è arenata la “transizione” dalla “prima alla seconda repubblica”, consegnando il paese nudo e indifeso a una “competitività” internazionale al di là delle proprie possibilità.

“L’invasione” dei poteri europei, sostenuta dai mercati finanziari, non ha trovato in effetti resistenze. L’edificio politico berlusconiano è crollato in un attimo. Ma costruire una governance con quelle macerie è estremamente difficile. Sono stati sconfitti da un potere “irresistibile”, ma ancora non se ne sono resi conto e covano improbabili rivincite. E più provano a ricattare più peggiorano la propria situazione. Ma non sanno fare altro.

Ma nemmeno Monti ­ e chi per lui – può fare molto, se non aumentando la pressione del ricatto dei mercati per ridurre all’impotenza certe frange di potere inselvatichito. Occorrerebbe una “terapia shock” anche più dura di quella che li ha costretti a mollare l’osso, uscendo dalle stanze dei bottoni. Ossia un crollo deciso dei mercati nazionali, con lo spread oltre i limiti dell’immaginabile. Una mossa rischiosa, perché “il rientro nella normalità” – una volta che si siano passati i “punti di non ritorno” – non è affatto certo.

La situazione è dunque pericolosissima perché non esiste alcun “piano B”. Gli unici scenari in campo sono o il successo dell’operazione “governo tecnico”, con una maggioranza al tempo stesso bulgara e silenziosa, oppure la balcanizzazione politica in attesa delle elezioni e il tracollo economico del paese. Anche solo l’ipotesi di un ritorno di Berlusconi produrrebbe più danni di una bomba atomica.

Tra questi Scilla e Cariddi si muovono i tentativi di organizzare la resistenza di classe. Occorre attenzione, vigilanza, audacia e iniziativa. Non “esplosioni di rabbia”, ma movimenti che ragionano camminando.

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