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Il pericoloso avventurismo dei “progressisti” dell’Unione Europea

Sarà bene che nessuno sottovaluti l’atteggiamento con cui l’establishment dell’Unione Europea – ed in particolare il milieu progressista – sta affrontando la crisi in Ucraina.

Nel leggere le prese di posizione e le indicazioni che vengono da Bruxelles e dalle capitali europee, si ha la netta impressione che la ruota della storia stia girando all’indietro per riportare gli scenari nelle zone temporali più inquietanti della storia recente dell’Europa.

Quando il presidente del Parlamento Europeo Schultz afferma senza problemi che intende dialogare con i fascisti ucraini del movimento Svoboda, indica che si è rotto il meccanismo – anche formale- dei “paletti democratici” sui quali è stato edificato quello che ormai si va configurando come un polo imperialista. I presupposti democratici che l’UE ha opposto per anni all’ingresso della Turchia nell’Unione sembrano materia di un’altra epoca. L’abbassamento si era già verificato sulla situazione interna dell’Ungheria oggi governata da movimenti reazionari. Ma è sull’Ucraina che il mito della funzione progressiva dell’Unione Europea si sta rapidamente sgretolando. E con esso si sbriciola ogni residuo di credibilità

Qualche indizio era già leggibile nell’intervista rilasciata dal pacifista, ecologista ed ex ministro degli esteri tedesco Josckha Fischer sul Corriere della Sera, quando affermava che l’Unione Europea deve capire che “difendere i propri interessi non è a costo zero”. L’oltranzismo di Fischer, che avevamo già visto all’opera nell’aggressione alla Jugoslavia nel 1999, è ancora più esplicito in relazione alla crisi ucraina e ai rapporti con la Russia. “La relazione con Mosca sarebbe molto più semplice se l’Unione Europea fosse più forte e assertiva. Al Cremlino si capiscono sempre meglio i rapporti di forza”. Un linguaggio decisamente esplicito.che invita l’Unione Europea a cambiare atteggiamento nei confronti dell’Est europeo.

Poche settimane fa erano stati i ministri della Difesa e degli Esteri tedeschi, alla vigilia della Conferenza per la Sicurezza di Monaco, a far intendere che non basta più essere una potenza economica per diventare una “potenza globale” e che – ad esempio – l’Africa torna ad essere una area di interesse strategico. Sarà un caso ma i soldati francesi ed ora anche “europei” (tra cui 250 soldati tedeschi) sono ormai presenti in tutti i paesi dell’Africa occidentale e centrale.

Ma se l’establishment della maggiore potenza dell’Unione Europea – la Germania – torna a parlare il linguaggio dei rapporti di forza con la Russia e sull’Europa dell’Est, anche i “progressisti” (vedi il circuito de La Repubblica e dei media di area Pd in Italia) si allineano e arruolano nelle ambizioni da potenza globale dell’Unione Europea.

La crisi in ucraina sembra avere un effetto quasi costituente per tali ambizioni. Una tendenza che, a nostro avviso, era già in incubazione nella volenterosa partecipazione delle potenze europee (Germania, Italia, Francia tutte guidate da governi di centro-sinistra) all’aggressione contro la Serbia nel 1999.

Di fronte ai rischi quasi obiettivi di una secessione dell’Ucraina tra le regioni filo-occidentali e quelle filo-russe, il presidente francese Hollande ha affermato che “In Ucraina e’ indispensabile garantire una transizione pacifica, oltre all’unita’ ed integrita’ territoriale del paese” e che Unione Europea e Russia devono collaborare su questo obiettivo.

Bernard Guetta, ad esempio, scrive sulla rivista di area “progressista” Internazionale, che in Ucraina “La questione va risolta alla svelta, e per farlo l’Unione europea deve mettere la Russia con le spalle al muro proponendole una trattativa, anche segreta se necessario, per stabilizzare l’Ucraina ed evitare un’inutile crisi continentale”.

L’Unione Europea dunque sembra attraversata da un demone a doppia faccia. Da un lato la consapevolezza che una rottura con la Russia sarebbe un boomerang sul piano delle forniture energetiche e della destabilizzazione economia dell’Ucraina, dall’altro le crescenti ambizioni ad agire come potenza globale – soprattutto nella propria area di influenza – fa crescere le posizioni interventiste che spingono ad un confronto duro e diretto con Mosca per farle capire che “in Europa l’aria è cambiata”. Il dramma è che questa seconda posizione – come fu per il Mussolini “socialista” e interventista nella prima guerra mondiale – vede impegnato proprio il milieu progressista europeo più che le forze conservatrici, come accade in Jugoslavia quindici anni fa e come accadde in Europa un secolo fa. E’ molto più di uno scenario inquietante.

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