Suscita un misto di aspettative e delusione l’evocazione del referendum sull’euro. Lo ha fatto Beppe Grillo nello studio televisivo di Porta a Porta. Lo accenna molto di sfuggita la Lega resuscitata dalle televisioni alla vigilia delle elezioni europee. Non ne parla Tsipras. Lo esorcizzano come il diavolo Renzi, il Pd, la Confindustria e le banche. Berlusconi ha ormai ben poco da dire e promette dentiere agli anziani.
Eppure la questione del referendum in materia di trattati europei merita molta più attenzione e serietà di quanto le battute pre-elettorali lascino intravedere.
La materia è spinosa ma può aprire una fase interessante. Sul suo percorso ci sono diversi ostacoli che vanno superati.
Il primo sta nella Costituzione italiana. E’ una Costituzione più avanzata di quella europea che volevano imporci ma che, fortunatamente, è stata battuta dai referendum in Francia e Olanda. Ma la Costituzione italiana vieta i referendum in materia di trattati internazionali e leggi di bilancio. E’ la cambiale che la Repubblica ha dovuto pagare alla Nato e agli equilibri del dopoguerra.
Dunque per fare un referendum sui Trattati Europei che hanno portato all’introduzione dell’euro come moneta unica occorre una modifica della Costituzione. Questo fattore viene posto come ostacolo insormontabile da coloro che si oppongono al referendum o che sono riluttanti a misurarsi su questo terreno.
In realtà, come gli attivisti di Ross@ hanno svelato, una possibilità esiste sulla base di un precedente. Nel 1989, insieme alle elezioni europee si tenne un referendum di indirizzo costituzionale che chiese di affidare o meno al Parlamento Europeo la possibilità di discutere il progetto di Costituzione Europea. Venticinque anni fa, dunque, si fece un referendum sulla materia e oggi, se la maggioranza dei deputati o dei senatori lo chiedesse, si potrebbe replicare. Alla Camera, Ross@ ha già consegnato un dispositivo su questo punto. Sarebbe sufficiente che un gruppo di deputati o senatori chiedesse che venga discusso e votato in una delle due Camere. Un “sarebbe” grande come una casa, in questo parlamento di nominati e miracolati…
Gli attivisti di Ross@ non intendono però mollare la presa sull’obiettivo di un referendum contro i Trattati Europei e, appena passata la buriana elettorale, torneranno alla carica su questo in modo propositivo e aperto, ma senza fare sconti a nessuno.
Il secondo problema, è che parlare di referendum solo sull’euro è tutto sommato una boutade. L’introduzione dell’euro infatti è parte dei Trattati Europei approvati nel 1992 (ovviamente senza discussione nel paese, né referendum democratici) e che introducevano l’Unione Monetaria Europea. Quindi per mettere in discussione l’adesione e l’adozione dell’euro occorre rimettere in discussione i trattati che lo hanno introdotto. Il che, a nostro avviso, sarebbe ancora più completo e importante sul piano politico per gettare sabbia negli ingranaggi e far saltare l’apparato “statuale” imperialista dell’Unione Europea.
Il terzo problema è il rapporto neocoloniale e subalterno dei paesi euro mediterranei verso il nucleo centrale dell’Unione Europea; che non è solo questione di moneta, ma questione politica, strategica, democratica, sociale. Ridurre tutto il dibattito a “fuori o dentro l’euro” – come fa persino qualche esponente della “sinistra antagonista” – è una banalizzazione che regala (o condivide) argomenti alle classi dominanti, che naturalmente l’euro vogliono tenerselo ben stretto insieme all’intero apparato di dominio messo in piedi con l’Unione Europea.
In conclusione, il vento che spira su queste elezioni europee – anche se non tutto salutare – sta creando le condizioni minime per mettere in crisi il processo messo in campo fino ad oggi dalle classi dominanti europee. E qui veniamo al quarto problema: la “sinistra europea” – tutta, quasi senza esclusioni – ha lasciato tutto il campo possibile ad una visione distorta e reazionaria di una battaglia politica, democratica e di classe che avrebbe potuto e dovuto gestire alla grande tra i settori popolari nel nostro e negli altri paesi europei.
Comunque vadano le cose, ne pagherà il prezzo.
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