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Salvini? Nu guappo ‘e cartone…

Che questo governo possa durare altri quattro anni non ci crede nessuno. E stamattina, con la revoca della carica di sottosegretario al leghista Armando Siri, si pone la prima pietra ufficiale della crisi. Non romperanno ora, si attenderà il risultato delle europee per trarre auspici sul futuro a breve, ma sarà difficile tornare indietro.

La cosa era in aria da sempre, diciamolo pure. Questo ircocervo, fatto di absolute beginners del potere e vecchi marpioni del sottobosco più maneggione, non ha mai dato l’impressione della compattezza. E l’affidarsi a un “contratto” – più che apparire una prova di serietà – è sempre sembrato un gesto quasi scaramantico.

Ma questa rottura avviene in condizioni ben diverse da quelle immaginate ai piani alti della Lega. Sembra infatti finita la fase di piena nella raccolta dei consensi, non solo stando ai sempre ondivaghi sondaggi. Lo stesso Salvini, da qualche settimana, appare privo del “tocco magico” esibito con protervia per mesi.

La difesa fino all’ultimo di Siri appare incomprensibile, per un politico navigato. Al di là delle considerazioni sulla consistenza delle “prove” raccolte dai magistrati – su cui possono dire qualcosa di sensato solo loro e, forse, gli avvocati difensori – di fatto Salvini ha messo la sua faccia su una vicenda decisamente turpe. Il suo uomo, infatti, è accusato – e lo ha anche ammesso, ovviamente minimizzando – di aver presentato un emendamento di legge chiesto da un ex parlamentare per conto di un “imprenditore” in affari con il più ricercato dei boss mafiosi, Matteo Messina Denaro.

Quanto basta, se non altro per prudenza, per imporre al suddetto Siri di sgombrare velocemente la poltrona prima di travolgere tutta la Lega, lo stesso Salvini e il governo intero. Tanto più nei giorni in cui mezza classe dirigente della Lombardia – soprattutto di area Forza Italia, ma difficilmente distinguibile in loco dai leghisti più ortodossi – finisce agli arresti per altre vicende di corruzione con appendici ‘ndranghetiste.

Per essere delle “forze di cambiamento”, il tanfo di deja vu è davvero parecchio forte… Non che i rivali del Pd stiano meglio – lo stesso sta accadendo in Calabria, a carico degli uomini di ZingaRenzi – ma in questo tipo di vicende il mal comune non è mai mezzo gaudio.

Gli stessi Cinque Stelle, che pure puntano su questo “incidente” per differenziarsi dall’ingombrante “alleato”, non possono davvero sperare di superare indenni il fallimento completo della loro prima prova di governo, oltretutto dotati di una parco voti straordinario e irripetibile.

Quindi un Salvini un po’ imbolsito sta rischiando di finire negli annali – da ministro degli Interni! – come il capo politico di una forza che ha raccattato gran parte del peggio della Prima e Seconda Repubblica, ovvero quell’insieme di malaffare e corruzione che vive da sempre all’ombra dell’amministrazione pubblica.

Prima di lui, nello stesso ruolo, era toccato ad un solo altro ministro di polizia: Antonio Gava. Non proprio il massimo, per un “innovatore”…

Vero è che aveva anche lanciato un’offensiva congiunta con il suo ex servizio d’ordine romano – i picchiatori di Casapound – per provare a metter radici serie in alcuni quartieri popolari, sulla base della “pulizia etnica” anti-rom e anti-migranti. Ma anche qui, se la magistratura dovesse finalmente cominciare a da aprire qualche fascicolo nei confronti di chi si muove palesemente sicuro di non essere inquisito – a meno di non ricorrere allo stupro come “attività privata”, come a Viterbo – la montagna propagandistico-razzista potrebbe facilmente rovesciarsi in un disastro.

E’ però inutile azzardare ipotesi di fantasia sul perché Salvini si sia infilato in un tunnel da cui, andando avanti così, sarebbe difficile uscire. Specie in una congiuntura in cui l’Unione Europea – con le sue “stime ingenerose” su crescita e conti pubblici – aumenta la pressione esterna su un governo squinternato.

Evidentemente la trama degli interessi – spesso indicibili – che lo ha sollevato fino a quell’altezza pretende di esser tutelata a qualsiasi costo. E se ne infischia delle conseguenze sulla carriera politica delle “teste di turco” che usa.

Da questo punto di vista, l’Italia sembra esser rimasta ferma a trenta anni fa. Anzi, peggio. Perché l’inconsistenza della “nuova” classe politica è l’immagine speculare della miseria progettuale della “classe imprenditoriale”, con poche eccezioni.

Del resto, se ci sono “politici corrotti” significa che esistono torme di imprenditori disposti a corrompere o comunque a pagare il “pizzo”. E fin quando questa genìa di malfattori in giacca e cravatta non sarà estromessa per sempre dalla possibilità di “fare impresa” (altro che la “sospensione per 12 mesi da contatti con la pubblica amministrazione” prevista dalla ridicola legge “spazzacorrotti”), nessun reale cambiamento – pur restando in ambito assolutamente capitalistico – sarà possibile.

Su questa china, insomma, anche il “brutalone” che prometteva di mettere a ferro e fuoco ciò che restava del patto costituzionale italico, quello che si atteggia ancora a boss supersicuro di sé, in realtà comincia ad apparire un più banale guappo ’e cartone…

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1 Commento


  • titiro profeta

    analisi ed ipotesi interessanti

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