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Togliete quella scimmia

Toglietevi dalla schiena la scimmia della sconfitta. E’ questo che vogliamo dire, in questo scorcio di fine anno, alle tante e ai tanti che ormai si accontentano del troppo poco.

E lo diciamo sulla base delle tante conversazioni avute in piazza San Giovanni, sabato scorso, con tanti soggetti di quel popolo della sinistra, sui quali sembra aver funzionato in profondità quel senso di sconfitta che ci ha portato a parlare di generazione perduta.

A tanti in piazza abbiamo chiesto. Ma sei mai stato ministro o sottosegretario? “No”.

Sei mai stata deputata o senatore? “No”.

Sindaco o consigliera comunale? “No”.

Hai mai approvato o fatto approvare quelle misure antipopolari e ipocrite che hanno spezzato in mille punti la connessione tra partiti della sinistra e settori popolari? “No”.

Sei stato un dirigente sindacale che ha sottoscritto accordi-bidone che hanno danneggiato i lavoratori? “No”.

E allora perché caricarsi sulle spalle, quasi a voler espiare una pena, delle responsabilità non proprie e adagiarsi in questa demoralizzazione che porta ad accettare il niente o il “meno peggio” come la migliore soluzione possibile?

Certo la nostra gente ha visto peggiorare la propria condizione, i propri diritti, viviamo una regressione complessiva sul piano sociale e civile, ma separiamo le responsabilità e guardiamo con autonomia di giudizio a quello che ci aspetta e ci si para davanti.

Cacciare via dalla schiena la scimmia della sconfitta è il primo passo che va fatto, individualmente e collettivamente, per ritrovare oggi le ragioni del riscatto sociale, del conflitto e della rimessa in campo dell’ipotesi del cambiamento di fronte alla miseria che il sistema dominante mette a disposizione oggi.

In secondo luogo occorre cominciare a sbaraccare lo scetticismo che l’avversario di classe e i suoi agenti di influenza tra le nostre file hanno disseminato a piene mani in questi anni, ostacolando, ridicolizzando, ignorando, sbeffeggiando ogni ipotesi di ricomposizione sul piano politico e del conflitto di classe.

In terzo luogo occorre cominciare ad lavorare sul recupero di’autostima della nostra gente, dei settori popolari disgregati e incattiviti da crisi e impoverimento. Un popolo che non ha stima delle proprie capacità di riscatto o viene strumentalizzato dalla destra, oppure marginalizzato – e disprezzato – dai ceti medi “riflessivi, progressisti, perbenisti e liberali” fino ad esserne totalmente depotenziato sul piano politico, elettorale, ideologico, di classe.

Infine, ma non per importanza, occorre bastonare ogni tentativo di trasferire la scimmia della sconfitta sulle spalle delle nuove generazioni politiche. Su chi oggi ha meno di trent’anni, che questa scimmia non la conosce e, giustamente, non ne vuole sentir parlare.

Le nuove generazioni politiche sono nate e stanno crescendo dentro la crisi. Non hanno mai visto periodi di “crescita”, vedono il loro futuro peggiore del passato dei propri padri. Le illusioni ancora oggi diffuse a piene mani dal capitalismo non reggono al confronto con la realtà messa a disposizione dal sistema dominante. Hanno obiettivamente una spinta al conflitto più forte di chi pensa di averne già viste troppe.

I diffusori del senso di sconfitta, anziché spingerle in avanti, cercano di socializzare i propri fallimenti rendendo immutabile l’orizzonte. Anzi, adattandolo alla logica del meno peggio e del “niente come se fosse qualcosa”. In questo modo si rimuove e si affossa ogni spinta alla rottura e al cambiamento.

Le nuove generazioni politiche hanno il diritto e il dovere di tenere a distanza i portatori di scimmia, di separare con rigore la messa a disposizione di esperienze di lotta contro i tentativi di cooptazione nel “senso comune” dell’immutabilità del presente.

Se e quando ci fosse la necessità di sbarrare la strada ai fascisti, è ovvio che serviranno energie diverse da quelle più “logorate”. Ma se queste saranno fianco a fianco se ne ricaverà un senso di sicurezza comune assai più esteso ed efficace del populismo “buonista” diffuso a piene mani negli ultimi venti anni.

Se e quando proveranno di nuovo a metterci davanti il meno peggio o il nulla come male minore a causa delle “sconfitte” precedenti, sarà bene respingere questo ricatto che ha portato al posto di comando i Prodi, i Monti, i Renzi, i Conte, i tecnocrati e la grande borghesia italiana ed europea, e sempre e solo per la paura di Berlusconi prima e dei Salvini poi (che comunque al governo ci sono stati, e a lungo). Per far questo hanno inventato le Sardine.

Un ricatto eterno e ripetuto come un inganno.

Quell’aria di sconfitta che porta ad accontentarsi del poco e del pochissimo (tanta gente insieme, ma senza un vero scopo comune, come ad un “evento”) respirata tra la “generazione perduta” vista in piazza San Giovanni sabato, o nelle piazze di varie altre città, occorre cominciare a scrollarsela di dosso. A meno di non volerla usare come giustificazione per un prossimo passaggio ad altro campo ed altre idee.

Ce ne sono molti già disponibili a “liberarsi” di questo fardello e passare di campo. E non rinunceremo né a un giorno né a una riga del giornale per dar loro una mano a togliersi di torno, ma tra costoro e le nuove generazioni politiche occorre erigere una “barriera di sicurezza”. Prima si getta via la scimmia, si torna a guardare questo paese e il mondo con occhi diversi ed a respirare con la dignità di chi ha lottato e continua a farlo, meglio è per tutti, per i giovani e meno giovani che nelle piazze sono di casa, da sempre.

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