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Il caos sui vaccini indica il tavolo da rovesciare

Si torna in piazza. Appena in tempo, pare, prima di un nuovo periodo di chiusure selettive. E lo si farà in tutta Italia per affermare che i vaccini e la salute sono una priorità collettiva da sottrarre agli interessi delle multinazionali e dei gruppi privati.

L’ipotesi più accreditata – tre settimane in cui si potrà/dovrà andare a lavorare “liberamente” dal lunedì al venerdì, e poi chiusi in casa nel weekend – è perfettamente in linea con la filosofia di gestione della pandemia in tutto l’Occidente capitalistico: il lavoro è “sicuro”, il tempo libero è “pericoloso”.

Il virus, ovviamente, se ne fotte di queste distinzioni e lavora sempre, in qualsiasi occasione sociale. Ma qui, nell’Occidente capitalistico, ci si è rifiutati di fare come in Cina e altri paesi orientali – lockdown totali ma brevi, giusto il tempo di “tamponare” l’intera popolazione interessata (per aree di contagio) – e si è cercato di “convivere con il virus”.

Giusto un anno fa, l’entente cordiale tra ConfCommercio e il sindaco di Milano Sala

Un virus che dopo un anno ringrazia sentitamente, aggiornando il record delle vittime e degli invalidati.

Anche la scoperta e la produzione di vaccini non è riuscita a cambiare la tendenza, se non lì dove gli Stati – Usa e Gran Bretagna – hanno deciso di ridurre drasticamente le esportazioni verso altri paesi per privilegiare la propria popolazione.

E dire che i vaccini sono stati scoperti grazie a massicci investimenti pubblici (in Usa e in Europa). Ma le multinazionali del farmaco hanno incassato quei finanziamenti e poi si stanno comportando come un classico “soggetto privato” che sceglie i suoi clienti in base al prezzo che sono disposti a pagare. Senza rischiare nulla, perché già nei contratti era escluso qualsiasi obbligo di rispettare le dimensioni delle forniture promesse, né sono previste sanzioni per le eventuali inadempienze.

Il servilismo dei governi nei confronti del capitale privato è lo stile dell’Occidente. Neanche presentandosi con le dimensioni dell’Unione Europea – 27 Stati, mezzo miliardo di abitanti, un Pil al livello degli Usa e della Cina – si è ottenuto il rispetto degli impegni. Vanificando così uno degli argomenti “forti” a favore dell’integrazione europea (“uniti possiamo competere meglio”).

La mobilitazione in piazza dell’11 marzo contro questa gestione della pandemia e della salute, dunque, è solo un primo momento nel percorso di costruzione di un movimento popolare che mette le priorità collettive al posto di comando. Contro la prevaricazione assassina degli interessi privati, siano quelli delle grandi multinazionali oppure quelli della finanza incontrollata, e similari.

E’ un primo passo importante, perché qui si legano gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione – “il nostro blocco sociale di riferimento” – con la necessità impellente di un diverso sistema sociale, sia nella produzione che nella distribuzione della ricchezza, sia nella protezione della salute che dell’ambiente.

E’ un bene che sia un momento di mobilitazione largamente unitario, ma probabilmente è proprio quel “legame” oggettivo a facilitare un percorso comune. Il metodo opposto (prima “costruire il contenitore unitario, poi decidere che fare”) ha prodotto oltre 30 anni di fallimenti. E va abbandonato senza rimpianti.

L’antagonista immediato è il governo Draghi, anzi, i “due governi in uno”.

Appare sempre più evidente che il “governo vero” (lo stesso Draghi e i “tecnici” di fiducia) si disinteressa della gestione della pandemia. Sono state cambiate alcune figure apicali – un generale al posto di un civile, ecc – si sono moltiplicati i comunicati per “accelerare le vaccinazioni”. Ma nulla è stato fatto per assicurarsi la quantità di dosi che servirebbero, in tempi relativamente brevi. Si resta in attesa che le multinazionali occidentali ci facciano la grazia. E nel frattempo si esclude di ricorrere a vaccini prodotti “dal nemico” (Cina, Russia, Cuba), con argomentazioni a metà strada tra la guerra fredda e il ridicolo.

La gestione della pandemia è insomma rimasto lo spazio – residuale – in cui può esercitarsi il governo scrauso, quello dove si affollano e straparlano i partiti. Sul tema delle chiusure, dei ritardi, delle decisioni sconclusionate, ecc, si può e si deve dire di tutto. Tornerà utile quando, dopo il governo di “salvezza nazionale”, si dovrà tornare a un simulacro di alternativa politica.

Soprattutto, però, lo strepitìo inconsulto dei politicanti da strapazzo è utilissimo ora per coprire l’azione ben più determinante del “governo vero”.

Se pensiamo soltanto per un attimo che le “riforme strutturali del Paese”, sfruttando in parte i prestiti del Recovery Fund, saranno disegnate in base alle indicazioni della Commissione Europea e con la “consulenza” di una decina di società multinazionali del settore, ovviamente tutte feroci esecutrici dell’ortodossia neoliberista, si capisce perché nessuno – nel merito – voglia parlarne. Tantomeno nei talk show…

Eppure il primo atto sta avvenendo sotto i nostri occhi con la cosiddetta “riforma della pubblica amministrazione”, ingoiata in un attimo da CgilCislUil senza neppure un accenno di rigurgito. Molte belle parole (smart working, digitalizzazione, merito, formazione, welfare aziendale, assunzioni – di tecnici, ovvio) per coprire l’individualizzazione e “privatizzazione” del rapporto di lavoro. Ossia la fine della logica del “pubblico”.

Non sarà un pranzo di gala, specie quando finirà quel tanto di “copertura” reddituale dovuta alla pandemia e il blocco dei licenziamenti. Meno se parla e meglio stanno. Loro.

E’ tempo di alzare la voce, con ogni mezzo necessario.

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1 Commento


  • antonio

    a proposito della squallida competizione economica scatenata da vari esponenti governativi – al soldo e a “busta paga” delle multinazionali –
    e dei funzionari del capitale per la “rincorsa” al vaccino antiCovid19, il suo “prezzo” e per il profitto esorbitante che esso comporterebbe . Su questo aspetto pratico mutuerei lo slogan degli afroamericani “black lives matter” (le vite nere contano) con “human lives matter” (le vite umane contano), da raccogliere come “slogan” per le prossime manifestazioni contro le multinazionali farmaceutiche (Big Pharma&C.).
    Il disprezzo per la vita umana (oltre quella animale) di qualsiasi “colore” esso sia, è la normale e pratica funzione politica ed economica che le imprese multinazionali e farmaceutiche – capaci di modificarne sensi etici e valori morali – stanno mettono in campo. Strategia e tattica che poggia il suo dominio sfruttando cinicamente un comportamento “globale” (molto simile a l’immagine dello “struzzo” che nasconde la testa nella sabbia per non vedere e non avere paura) il quale – ahimè – riguarda l’intera comunità umana. Svegliamoci prima che diventi tutto troppo tardi per cambiarne senso e orizzonte sociale o politico. Adelante

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