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Elogio del comunismo del Novecento. Un forum per discuterne … e rivendicarselo

Per i prossimi 4-5-6 ottobre, la Rete dei Comunisti ha promosso un Forum su “Elogio del comunismo del Novecento”. Qui di seguito il documento di presentazione dell’iniziativa.

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Quello del socialismo e del movimento comunista internazionale del Novecento è stato un fallimento o solo una sconfitta? Alla luce della regressione complessiva e della guerra che il modo di produzione capitalista sta rovesciando nuovamente sull’umanità, le istanze di emancipazione e civilizzazione rappresentate dalle esperienze socialiste dello scorso secolo possono tornare a rappresentare un antidoto e un’alternativa?

Di questo e su questo intendiamo discutere in un Forum a cui come Rete dei Comunisti stiamo lavorando per il prossimo autunno e al quale vi chiediamo di contribuire.

Abbiamo convissuto in questi tre decenni con l’incompiutezza di una riflessione – spesso più rimossa che iniziata – sul comunismo del Novecento, ma come RdC non l’abbiamo mai persa di vista. In particolare oggi, quando le condizioni e le contraddizioni del Modo di Produzione Capitalistico permettono e in qualche modo impongono di riprendere quel percorso e tentarne una interpretazione, avanzando alcune ipotesi e un minimo di sintesi da rimettere in campo nella contraddizione tra socialismo e barbarie.

Ci corre l’obbligo di precisare che non ci hanno mai affascinato i tentativi di far sopravvivere il mero identitarismo comunista ma, a nostro avviso, una riflessione sulle potenzialità e i risultati del movimento comunista nel e del Novecento, oggi ritrova una funzione politica ed ideologica, indispensabile per ridefinire una prospettiva per i comunisti nelle trasformazione epocali che stanno scombussolando il mondo in cui viviamo.

Una sconfitta, non un fallimento

La tesi sulla quale intendiamo confrontarci è quella secondo cui il movimento operaio e comunista nel Novecento è stata una forza potente che, come mai prima nella Storia, ha cambiato il mondo con l’emancipazione di miliardi di persone, popoli e nazioni sfruttate minando un assetto sociale costituitosi in centinaia d’anni.

Quella del Novecento per i comunisti è stata una sconfitta ma non un fallimento. C’è una differenza profonda che va colta, approfondita, rivendicata e rilanciata.

Le prime esperienze di costruzione materiale di una società socialista alternativa al capitalismo – quello che abbiamo definito il “socialismo possibile” nelle condizione date – hanno dovuto fare i conti con difficoltà e problemi inediti, che le hanno portate a subire alla fine del XX secolo una sconfitta proprio nel cuore dell’Occidente capitalistico ed in Europa, cioè là dove il movimento operaio è nato e con esso il pensiero rivoluzionario marxista ed i primi Partiti Socialisti e Comunisti.

Ma già in paesi e realtà diverse da quelle europee – dall’Asia all’America Latina – le cose, come abbiamo visto, sono andate diversamente.

La sconfitta del socialismo è avvenuta dunque lì dove il capitalismo era più avanzato e pervasivo e il socialismo più strutturato, ma non è stato un fallimento come si vuole far credere, in quanto l’arretramento che si è determinato non ha affatto impedito una ripresa delle contraddizioni del sistema capitalista e di uno scontro internazionale palese che concretamente ripropone, pur in forme storiche e politiche diverse, il superamento del capitalismo e dell’imperialismo.

Nel ricostruire il percorso che inizia con il ’17 non possiamo non ricordare che quella rivoluzione, come ebbe a dire Gramsci, è stata fatta contro “Il Capitale”, da intendersi come il testo di Marx, in quanto la rivoluzione nell’ Europa del capitalismo e del movimento operaio più avanzati è fallita, mentre l’Unione Sovietica ha dovuto costruire il proprio socialismo partendo dall’accumulazione primitiva per sviluppare forze produttive adeguate alla crescita interna e al clima di guerra esistente nella prima metà del XX secolo.

Questo è stato vero per l’URSS ma anche per la Cina, Cuba, il Vietnam e tutti i paesi che si sono misurati con un cambiamento strutturale e non solo con una prospettiva socialista. In altre parole il movimento Comunista ha dovuto realizzare in una manciata di decenni – tra l’altro riuscendoci – quello che la società capitalista ha prodotto in secoli, cioè uno sviluppo generale della società, della conoscenza, delle forze produttive.

E’da questa condizione, prodotta dallo sviluppo ineguale proprio del capitalismo, cioè dalle contraddizioni insite in questa formazione sociale, che è potuta nascere una rottura rivoluzionaria così potente che non ha precedenti nella storia umana.

Una rottura non certo avvenuta in condizioni di pace ma dentro un lungo periodo di guerre che ha sottratto risorse alla costruzione del socialismo ed ha deviato anche dalle potenzialità originarie insite nelle rivoluzioni sociali prodotte.

Il socialismo e i comunisti del Novecento. Non solo Europa

La lotta di classe internazionale nel Novecento ha costretto il capitalismo ad una mutazione che gli ha poi permesso di far decollare all’inizio degli anni ’80 una reazione che, in poco più di dieci anni, ha portato al collasso dell’URSS, alla scomparsa/ridimensionamento delle organizzazioni comuniste in Europa, ma non ha cancellato dal mondo e dalla storia la realtà di forze e paesi rivoluzionari e antimperialisti al di fuori dell’Europa, forze e paesi che oggi hanno ritrovato una propria rilevante funzione nel crescente scontro internazionale in atto.

Non sono stati affatto indifferenti per gli esiti dello scontro tra socialismo e capitalismo nel Novecento- anzi si sono rivelati decisivi sia il processo di impoverimento teorico e politico dell’URSS e dei partiti comunisti in tutta Europa, sia le contraddizioni apertesi nello scontro tra Cina e URSS nel campo comunista, e dunque la fine di una relazione internazionale tra partiti, che lo hanno indebolito ideologicamente, teoricamente e politicamente.

Per quasi un trentennio la supremazia del capitalismo non ha incontrato l’ombra di un nemico reale, se non quello inventato degli islamisti. Certo c’è stata la tenuta di alcuni punti di resistenza come Cuba e Corea del Nord ad esempio, mentre altri si sono adeguati al sistema economico, come la Cina, il Vietnam ed i paesi dell’ex terzo mondo, ma nella narrazione dominante sostanzialmente è stata esaltata la vittoria definitiva del capitale e la fine della storia.

Ad un certo punto però il giocattolo si è rotto e quelli che erano considerati i vincitori hanno cominciato a vacillare.

Si ripresentano le contraddizioni per un’alternativa di sistema?

Proprio la vittoria dell’imperialismo ha fatto riemergere tutti i mostri già generati in passato. Nelle stesse forme ma con possibilità di recupero per il capitalismo molto più limitate e con manifesti limiti oggettivi di sviluppo, uno scenario che abbiamo già cercato di spiegare con i Forum sul Piano Inclinato del Capitale nel 2003 e con quello più recente su Il Giardino e la Jungla (2023) sulla frammentazione del mercato mondiale oggi da molti ammessa e riconosciuta.

In questo quadro si rompe la narrazione di un capitalismo produttore di crescita e progresso infiniti e si manifestano, al contrario, i suoi caratteri regressivi per il futuro dell’umanità.

Sotto i nostri occhi sta avvenendo un fenomeno inaspettato anche per molti di noi: la rottura mondiale in atto da una parte vede gli imperialismi storici ricompattarsi nel blocco euroatlantico a difesa della propria condizione egemonica in crisi, all’altra altri soggetti statuali, politici, sociali – praticamente gli stessi nati dalle rivoluzioni del ‘900 al di fuori dell’Europa – che stanno acquisendo una funzione antagonista per quanto spuria da diversi punti di vista.

Ben scavato vecchia talpa”, possiamo affermare oggi, tanto più che questo fattore acquista forme più intellegibili nel conflitto mondiale in atto e conferma l’attualità della spinta progressiva della rivoluzione d’Ottobre e di quelle successive, aprendo una nuova era.

Per questa ragione intendiamo organizzare entro l’autunno un Forum su “L’elogio del comunismo del Novecento”, proprio perché quella storia non è affatto finita, è stata sconfitta ma non fallita. Al contrario si è trasformata, e in parte ha deviato, ma quel movimento di classe, rivoluzionario, comunista riemerge oggi in forme diverse e rimette in crisi l’assetto imperialista attuale.

Non crediamo certo che siano riproponibili le forme politiche del secolo passato, né possiamo sapere con precisione come si potrà sviluppare la situazione in futuro. Nell’ analisi come nell’indagine non possiamo che procedere per ipotesi e verifiche.

Occorre però ammettere che, per chi ha attraversato “il grande freddo” dei decenni a cavallo del XX secolo, oggi si intravvede la possibilità di una ripresa della lotta di classe internazionale, anche con forme politiche spurie, a partire dal ruolo degli Stati nati dal conflitto novecentesco o da movimenti politici e sociali diversi da quelli del Novecento.

Questo significa fare i conti con noi stessi e capire quale ruolo possiamo svolgere come comunisti e movimento di classe in una società che mostra nel cuore del capitalismo avanzato caratteri sempre più reazionari, regressivi e guerrafondai, negli USA come nell’UE.

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Nell’organizzare la discussione del Forum del prossimo 4/5/6 ottobre abbiamo schematizzato alcuni punti su cui articolare le quattro sessioni dei lavori. Ovviamente non riteniamo che siano esaustivi, al contrario sono integrabili dai e nei contributi che arriveranno nella discussione. 

E’ una schematizzazione dalla quale ogni contributo potrà sviluppare il punto o i punti che preferisce portare nella discussione del Forum.

Ci siamo solo assunti la responsabilità  di evidenziare quelli che riteniamo e rivendichiamo come snodi del carattere emancipatorio del movimento comunista nel Novecento e delle sue contraddizioni.

Il Forum che stiamo proponendo sarà articolato su quattro sessioni ognuna di mezza giornata in cui, oltre alle nostre introduzioni per sessioni come RdC, verranno inseriti gli interventi ed i contributi di altri relatori da definire ed organizzare al massimo per i primi di Settembre.

Le sessioni propongono una serie di questioni che hanno fatto parte del dibattito e dello scontro nel movimento comunista del ‘900, ed altre ne possono essere proposte, ma che devono esser oggetto della discussione alla luce dell’attuale fase di crisi del Modo di Produzione Capitalista.

  1. Prima della Seconda Guerra Mondiale: l’assalto al cielo

  2. Dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nuove rivoluzioni, conquiste operaie e movimenti di liberazione dei paesi in via di sviluppo

  3. La regressione del movimento comunista e la controffensiva capitalista

  4. Riemergono le contraddizioni accumulate dalla supremazia del capitalismo

 

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1 Commento


  • avv.alessandro ballicu

    oggi più che mai è necessaria e indispensabile la presenza di forti partiti comunisti nel mondo c.d. occidentale ove la cupola mafiosa plutocratica che in sedi segrete come bilderberg wef etc pianifica una dittatura dell’alta borghesia finanziaria per ridurre diritti e stipendi dei lavoratori, spazzare via la media e piccola borghesia, privatizzare tutto il mondo e far morire di fame o di malattie create da loro come il covid19 milioni di esseri umani.
    necessaria una rivoluzione mondiale giustamente auspicata dal compagno Trotskj ma che forse sta prendendo le mosse dall’alleanza fra la russia, la cina, la corea del nord e i Brics
    bisogna fare opera di proselitismo e informazione contro le fake news diffuse da tutta la stampa e da tutte le tv prezzolate dai regimi occidentali.
    come diceva il compagno Stalin ” non esistono fortezze che i bolscevichi non possano espugnare”
    el pueblo unido jamas serà vencido
    asta la victoria siempre

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